L’ ottovolante targato Blazers

Momenti di gioia che vorreste non finissero mai…eseguono Damon e Derek

Quello che colpisce di più, vedendo giocare i Trail Blazers, è la mancanza di continuità  nella manovra, un'incostanza perenne che vede alternarsi grandissime partite a gare interlocutorie, ed anche negli stessi incontri si passa da momenti di assoluto dominio a situazioni di gioco a dir poco imbarazzanti.

Questi sono i ragazzi di coach Mo Cheeks, una squadra capace di esaltarti con numeri eccezionali, ma subito dopo di deprimerti con errori degni di "ragazzini alle prime armi". Anche la stessa definizione di "squadra", quando si parla di Portland, sembra assumere diverse sfumature.

Più che un gruppo di atleti che giocano assieme, eseguono gli stessi schemi ed hanno lo stesso obiettivo, i Blazers a volte appaiono un'accozzaglia di prime donne, un insieme di talenti degni di un Dream Team, ma incapaci sovente di esprimere una manovra corale o più semplicemente di remare per lo stesso obiettivo.

A leggere i nomi dei singoli si rimane colpiti dalla quantità  di talento a disposizione, la formazione è coperta in ogni ruolo ed ha tantissime soluzioni, solo che al momento di scendere in campo e tirare le somme, il risultato non è quello che si prevederebbe.

Questa è oggi Portland, un team particolare in cui convivono tante anime differenti, uno spogliatoio che definire turbolento sa tanto di eufemismo, una squadra che però punta, volente o nolente, ad una stagione vincente visto i valori a disposizione.

La squadra dell'Oregon è una realtà  particolare, espressione di una città  tra le più piccole ad ospitare una formazione NBA, nonché unica franchigia professionista dello Stato, è da sempre circondata dal grande affetto dei tifosi locali.

In quella che negli States è considerata una delle patrie dell'atletica leggera, in particolare fondo e mezzo fondo, dove negli anni '70 è nata la più grande multinazionale di articoli sportivi del pianeta, la pallacanestro da sempre rappresenta motivo di vanto ed orgoglio, ed i Blazers sono amatissimi, forse più delle locali Università .

Per anni si è cercato di costruire una squadra capace di puntare al titolo, di rinverdire i fasti degli anni '70 solo sfiorati ai tempi di Drexler e soci, e nel far ciò sia il management che proprietario Paul Allen (multimiliardario un po' eccentrico che nei primi anni '80 fondò a Seattle con un suo amico, tale Bill Gates, una ditta di nome Microsoft) non hanno lesinato sforzi e risorse.

In particolare la dirigenza, e nello specifico il GM Bob Whitshit, per tutti Trader Bob, hanno sovente cercato di operare scelte finalizzate al presente cercando di allestire una squadra per dare l'assalto immediato al titolo. Una politica questa che ha portato sulla West Coast tanti grandi giocatori, che però non sono ai riusciti a portare il sospirato anello.

Oggi Portland ha il monte salari più alto della Lega, siamo sugli ottanta milioni di dollari, la proprietà  pagherà  una spaventosa cifra di Luxury Tax, ma questo non basta ancora e la dirigenza è sempre pronta a buttarsi su qualche buon elemento per migliorare la formazione.

A disposizione di coach Cheeks, fortemente voluto per le sue capacità  umane, per il sapersi relazionare coi giocatori di oggi oltre che per il grande passato che ne fa un esempio per molti suoi atleti, c'è un roster versatile, apparentemente senza carenze che fornisce però tanti punti interrogativi.

Al reparto play abbiamo un Damon Stoudamire oramai in caduta verticale. Doveva essere la stella di questa formazione, ma tornato a casa, l'ex regista di Toronto si è smarrito non riuscendo a trovare la bussola, troppo amante della palla e del tiro, poco propenso a creare gioco; dietro di lui scalpita Jeff McInnis autore di buone stagioni ai Clips e capace di gestire meglio la palla anche se caratterino niente male da tenere d'occhio; con loro Antonio Daniels sempre meno utilizzato ed ormai ad un bivio nella propria carriera.

Tra le guardie abbiamo una sfida fratricida: da un lato Derek Anderson, dall'altro Bonzi Wells. Entrambi ottimi giocatori, atletici, capaci di segnare, si dividono i minuti nello spot di 2 anche se non si sa fino a quando reggerà  questa convivenza.

Ad ala piccola troviamo l'eterno Scottie Pippen oramai in declino fisiologico, ma sempre utlilissimo ed atleta di saggezza ed equilibrio nello scacchiere tattico; a coprirgli le spalle un altro caratterino niente male. Ruben Patterson è difensore di livello, atleta capace di annullare l'avversario, ma anche di perdersi nei suoi stessi errori.

Tra i lunghi Rasheed Wallace sembra essersi dato una calmata e rappresenta forse l'anima della squadra, con lui due veterani: il duro Dale Davis pronto a menar le mani sotto le plance e l'eterno Arvydas Sabonis talento finissimo malgrado gli acciacchi.

In squadra ci sono anche un paio di giovani interessanti come l'ala-pivot Zach Randolph che purtroppo trova poco spazio malgrado le ottime prove (e da escludere che venga ceduto dopo la figuraccia rimediata con Jermaine O'Neal) e la prima scelta Qyntel Woods che semplicemente è finito nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Coach Cheeks sta cercando di trovare la giusta alchimia, non è un grande amante delle X e delle O, così in attacco fa giocare la propria squadra liberamente <…con tutti questi veterani non c'è bisogno che io li comandi passo passo, loro sanno bene cosa fare…>, mentre in difesa predica ritmi alti, aiuti e raddoppi e tanta concentrazione per non lasciare agli avversari un vantaggio vistoso.

Per ora la stagione non è male, Portland è 15-9 anche se i problemi non mancano, dalla crisi di Stoudamire che ha costretto l'allenatore a mettere Pippen come point-forward alla mancanza di un "go to guy" a cui affidarsi nei momenti che contano, senza tralasciare i piccoli, ma sempre latenti, dissidi interni tra compagni.

Ma la squadra continua nella sua altalena di risultati e gioco, alterna grandi prove a gare mediocri, da sempre la sensazione è di essere lì per esplodere, nel bene e nel male, senza però riuscire ad imboccare una via diritta.

La sensazione è che i Blazers saranno sempre cliente scomodo per tutti ed alla fine potranno dire la loro anche per il titolo…a meno che non si verifichi qualcosa che incrini i meccanismi o danneggi il giocattolo, cosa già  ampiamente accaduta in passato.

A Portland oggi nessuno fa proclami, il gruppo cerca di vivere alla giornata, ma sotto sotto sono pronti a riprendere il discorso per il titolo, a superare lo shock di gara 7 della finale di conference del 2000 buttata al vento contro i Lakers, cercando finalmente di riportare l'anello nell'Oregon.

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