La domanda dell'anno: Duncan sarà ancora uno Spurs o andrà a far compagnia a Tracy McGRady ?
Durante il mio primo viaggio negli States mi accingo a vedere per la prima volta dal vivo un match NBA, ovviamente al Fleet Center: arrivato all'ingresso mi trovo davanti un bellissimo Babbo Natale verde e bianco che dopo avermi salutato mi promette di aspettarmi all'uscita con una sorpresa.
Lì per lì non ci faccio caso, elettrizzato come pochi mi vedo i miei Celtics, e quando esco eccolo di nuovo, mi avvicina e mi regala un fagotto che mi prega di aprire solo in Hotel. La curiosità mi mangia ma resisto: appena arrivato in camera apro il fagotto e mi trovo per le mani un oggetto antico… cerco di capire cos'è e dopo averlo maneggiato un po' mi appare in mezzo ad una nuvola di fumo un genio in calzoncini e cannottiera, che riconoscendomi un grande amante dell'NBA mi concede cinque desideri per migliorare la lega più uno strettamente personale, ci penso un po, poi inizio ad elencarglieli:
1) Basta con Pat Riley: questa è dura, per me Pat Riley è stato un grandissimo allenatore, appunto lo è stato ma non lo è più, come dimostrano gli Heat che sotto le sue grinfie sono diventati una specie di Minnesota dell'ovest, con il tabù del primo turno superato in una sola occasione.
Come dirigente da quando è a Miami ne ha azzeccate veramente poche, impiccandosi con le sue mani con i contratti di Eddie Jones e Brian Grant, lasciando andar via gente come Mason e Mashburn che altrove è rinata.
Come allenatore è uno dei pochi convinti che la difesa e basta sia sufficiente per vincere, cosa peraltro smentita quasi quotidianamente con anemia offensive che portano a partite spesso sotto i 70 punti e di conseguenza ad un record da lotteria, un tempo era un mago nello scoprire giocatori dal nulla come fece ai Knicks con Starks e Xavier McDaniel, ma l'ultima sua scoperta nel sottobosco di valore è stato Ike Austin roba però di un lustro fa. Abbondantemente bollito, si consiglia vivamente il ritiro tanto ormai la Hall of Fame l'ha acquisita comunque.
2) Un paio di scambi come dico io: Tim Duncan ad Orlando e Jason Williams a Dallas: io credo che l'NBA abbia bisogno come il pane di una rivalità forte tra una squadra dell'est e una dell'ovest, e Shaq e Kobe contro Duncan e McGrady sarebbe il massimo soprattutto se come ora il nel resto delle due squadre c'è poco o nulla, il che comunque lascerebbe la porta aperta ad altre battaglie nei playoff, non limitando tutto ad una finale scontata. Visto che la possibilà che Duncan ad Orlando c'è anche se remota a mio almeno immaginarselo non costa nulla.
Passiamo a Jason Williams, ok io sono di parte, stravedo per White Choccolate come pochi arrivando a sperare che lo prendessero i miei Celtics, di sicuro non sarà mai Stockton, ma ha un tocco di palla che nell'NBA non c'e l'ha nessuno, e se a Dallas è diventato un mezzo fenomeno Nash, che dopo il suo primo anno a Phoenix rischiò clamorosamente di venire in Europa, perchè non potrebbe diventarlo Jason, tanto se non difende non è certo un problema per nessuno visto che la cosa alla corte di Cuban non è contemplata.
3) Regole chiare su NCAA: devo ammetterlo è un mio cruccio, ma ultimamente sembra che qualcuno mi ascolti. Il problema dei giocatori che non finiscono il college, o addirittura non ci vanno proprio ormai dura da oltre venti anni, la faccenda sta diventando sempre più importante, tanto che una realtà emozionante come il basket universitario sta abbassando non poco il suo tasso tecnico, senza fortunatamente perderne in fascino, ma la cosa ormai deve essere chiaramente affrontata per il bene di tutti, immaginatevi voi cosa sono adesso gente come Kwane Brown, Tyson Chandler o Eddy Curry e cosa sarebbero dopo aver passato un quadienno a Georgetown per esempio.
Un paio di anni fa Stern aveva cercato di risolvere il problema mettendo il limite di 20 anni per l'ingresso nella lega, che di fatto imponeva agli atleti almeno un biennio di college, ma la cosa non fu presa per niente bene sia dalle franchigie NBA, che dall'associazione giocatori.
Adesso la situazione sta cambiando perchè le squadre si stanno rendendo sempre più conto che ricostruire attarverso i draft, non è più possibile, perchè tra gli ex collegiali super pubblicizzati, europei tecnicamente pronti, ma con enormi problemi in difesa, e giocatori che hanno frequentato parzialmente e totalmente il college, per capire quale è il meglio e il peggio ci vogliono almeno cinque anni, tempo nel quale i giocatori hanno tutto il tempo di decidere da se dove giocare, vedi TMac cresciuto a Toronto che quando era pronta per goderselo lo ha visto fuggire ad Orlando.
E' ritornata dunque in auge la teoria del 22, ovvero gli anni che deve avere un rookie per giocare tra i Pro, che di fatto permetterebbe ai ragazzi di finire i quattro canonici anni al college e poi lanciarsi tra le stelle. Tutti daccordo sembra, ma l'associazione giocatori per cambiare idea pretende alcune modifiche del contratto collettivo, tra cui ovviamente il contratto minimo che passerà da cifre da mezzo milione di dollari all'anno a cifre come minimo doppie, il ritocco ai contratti dei rookie, un anno in più di durata (da quattro a cinque) per le prime scelte, e due anni di contratto garantiti per le seconde, e un aumento di due anni e di un milione di dollari l'anno per i contratti al massimo salariale. Trattativa complicata, ma la strada è obbligata e prima o poi ci si arriverà .
4) Il futuro di LeBron James: prendiamo per buono tutto quello che viene detto su LeBron da un anno e mezzo a questa parte infatti secondo molti cambierà l'NBA, secondo molti sarà il prototipo del giocatore moderno, secondo molti sarà il primo giocatore dopo anni a viaggiare in tripla doppia di media, e quindi che sarà il futuro dominatore dell'NBA diciamo tra 6-8 anni, per essere un dominatore dunque deve finire in una realtà che gli costruisca intorno qualcosa di forte e soprattutto che non se lo lasci scappare alla fine del contratto che firmerà da rookie, ovvero alla fine del suo quarto anno di carriera.
In linea di massima se lo contenderanno Denver, Cleveland, Chicago, Golden State, Memphis, Miami e New York. Scartiamo subito Denver e Cleveland che da due anni ad ora sono stati capaci solo di disfare, nonostante a Cleveland qualcosa di buono ci sarebbe, anche perchè secondo me non lo meritano perchè tirare a perdere il più possibile per avere solo più chanche è deleterio e soprattutto non paga sempre (vedi casi come Duncan agli Spurs o Ming ai Rockets).
Chicago e Golden State sono due realtà molto particolari che scelgono in alto da molti anni, hanno messo insieme una enorme mole di talento che però non riesce a crescere, quindi inserirci un'altro giovanissimo potrebbe solo aiutarlo a far peggio, anche se la maglia dei Bulls ha ancora un sapore vincente nonostante MJ sia altrove, Memphis sta attraversando un momento di cambiamento sotto la gestione di West, e ancora non è chiara la direzione in cui si vuole andare, ma l'impressione è che i molti talenti a disposizione sono più o meno tutti giocatori simili che finiscono per pestarsi i piedi a vicenda nei due ruoli di ala; rimangono i Knicks e Miami, il sole di Miami sarebbe l'ideale, ci sono un coach vincente almeno (nel passato) alemno tre buoni giocatori (Jones, Grant e Butler), ma il coach però sarebbe il peggio che potrebbe trovare in quanto Riley è notoriamente molto esigente soprattutto con i Rookie, quindi affidargli un 18 sostanzialmente da crescere non sarebbe il massimo, in più a Miami gia si troverebbe a litigarsi minuti con Jones e Butler, rimane dunque New York che alla fine sarebbe quello che spera l'NBA, ovvero che nella grande mela arrivi prima o poi qualcuno che riporti l'anello dopo trenta anni; l'attuale squadra sembra fatta apposta per lui, con Houston positivo come mai negli ultimi anni come guardia e lui come ala piccola (Sprewell verrà ceduto probabilmente prima del draft), il duo Thomas e McDyess che sottocanestro ci può stare, ma soprattutto una serie di contratti in scadenza che sembrano fatti apposta per rifirmarlo insieme magari a qualche altro pezzo da 90 tra un lustro. Bella teoria no!, poi magari i Lakers toppano la stagione in pieno e con una pallina sola lo prendono e la dinastia diventa eterna ….
5) Riduzione del numero delle franchigie: ancora una volta l'NBA è alle prese con una futura espansione, arrivanto all'assurdo, ovvero ridare una franchigia a Charlotte dopo che una è appena andata via. L'unico lato positivo della cosa è che il numero delle franchigie diventerebbe pari.
E' evidente però d'altro canto che ci sono alcune realtà che a prescindere dal livello tecnico della squadra, hanno poco a vedere con l'NBA, Cleveland è di per se una città atipica, dove a parte un trienno all'inizio degli anni '90 la mediocrità l'ha sempre fatta da padrona e adeso le cose non stanno diversamente, da Denver non arrivano buone notizie da secoli, adesso siamo allo sfascio totale nella speranza vana che un diciottenne risollevi tutto, i Clippers vivono da quando sono a Los Angeles nell'ombra dei Lakers, e servono da asilo per tanti ragazzi che una volta svezzati salutano e vanno altrove, i Nets fino all'arrivo di Kidd erano in una situazione simile, adesso sono in alto, ma i buchi nel palazzetto ci sono ancora e quando torneranno nella mediocrità risollevarli sarà un'impresa, ad Atlanta nonostante una squadra sicuramente divertente da vedere di spettatori ne vedono pochi, e il pienone non c'è nemmeno quando arriva Jordan o i Lakers, anche Toronto alla fine si è dimostrato un mezzo fallimento e se non fosse stato per la presenza di un giocatore eccitante come Carter probabilmente, sarebbero già in procinto di rientrare in patria.
Oltre a tutto ciò è evidente che il talento si disperde troppo finendo per vedere squadre zeppe di giocatori che in altri tempi avrebbero avuto poco o nulla a che fare con l'elite della pallacanestro. La situazione ideale a mio parere sarebbe con 24 squadre divise in quattro conference da sei, con i playoff garantiti a 2/3 delle squadre e soprattutto senza vedere qugli antipaticissimi seggiolini vuoti super colorati in TV nelle prime file.
EXTRA DESIDERIO: Gara 7 di finale allo Staples Center tra Lakers e Celtics, il punteggio è 120 a120 a 32 secondi dalla fine del primo supplementare, i Lakers sono in campo con Shaw, Kobe, Fox, Horry e Shaq, i Celtics rispondono con Delk, Pierce, Walker, Baker e Battie, rimessa dal fondo dei Lakers, Shaw porta palla oltre la metà campo dove la lascia a Kobe che prende tempo fino a 12 secondi dalla fine, quando va in angolo in palleggio e serve Shaq spalle a canestro, arriva il raddoppio dall'uomo di Horry, e puntuale arriva il ribaltamento del campo, con la palla nelle mani di Big Shot Rob, solo dall'arco dei tre punti, è il suo tiro, quello che lo ha reso celebre, quello che ha fatto la storia, ma questa volta non entra, ma la palla finisce nelle mani enormi di Shaq che si alza prepotentemente per schiacciare, ma inaspettatamente viene stoppato da Baker (questa è grossa), 6 secondi alla fine, parte il contropiede dei Celtics, palla in mano a Tony Delk, arrivato all'arco dei tre punti serve Battie che ribalta il campo servendo Walker completamente smarcato dall'arco dei tre punti, che rinuncia al tiro (questa poi..) servendo l'accorrente Pierce che in penetrazione si trova davanti l'imponente mole di Shaq, giro sul piede perno con un sottomano da fantascienza, che elude il tentativo di stoppata di Shaq e regala il titolo a Boston…
Era bello, ma era solo un sogno.