Troy Hudson sta sfruttando ottimamente lo spazio che coach Saunders gli offre…
La confusione che ha regnato in questo primo mese abbondante di attività nella NBA, ha creato non poche difficoltà a scout e osservatori assortiti.
Soprattutto nella Western conference, i valori che si prevedeva dovessero immediatamente assestarsi hanno faticato a svilupparsi. Insomma il puzzle della lega sembra essere ancora ben lungi dall'avere trovato in molti suoi pezzi una collocazione razionale.
Fra le squadre che restano più enigmatiche, ci sono sicuramente i Minnesota Timberwolves. La franchigia dei boschi che lo scorso hanno ha rappresentato per i suoi tifosi un mistero quasi insolubile.
Ha alternato a prove di spessore atletico e tecnico, serate opache, durante le quali si sono fatte sempre più evidenti le prove di una scarsissima chimica presente nello spogliatoio di Flip Saunders. Quest'anno la strada che si presentava agli uomini sotto il comando di uno degli allenatori più rispettati della NBA poteva dividersi in due direzioni. La grandezza o lo sfaldamento.
Come è ovvio quando vi è un pronostico così deciso, i ragazzoni in blu e verde hanno deciso di prendere decisamente una terza strada, quella del mistero. Anche in questo 2002 non si riesce assolutamente a capire quali siano le reali intenzioni dei Timberwolves, ma se Guglielmo da Baskerville nel Nome della Rosa ci ha insegnato qualche cosa è che gli indizi per arrivare al cuore di un mistero sono tutti a portata di mano, basta solo saperli riconoscere e allora, riconosciamoli.
Primo: il modo di giocare. I Timberwolves hanno dalla loro uno dei giochi più tosti della lega, eseguono bene ed eseguono forte. Hanno una delle batterie di lunghi più atletici e strutturati presenti nell'ambiente tutt'altro che gracile della Midwest division.
Forse la squadra sotto le plance non brillerà per fantasia, ma l'esecuzione resta una carta forte dei T-wolves ed il lavoro di gomito che i centri avversari possono assaggiare al Target Center è di quelli che lasciano spazio a parecchie sedute di fisioterapia.
Per trovare un alter ego di Minnesota nella lega, si deve andare probabilmente verso Detroit, dove i Pistons praticano un gioco forse non identico, ma evidentemente altrettanto pratico.
Ciò che rende però diversa la franchigia del Michigan da Minnesota è però il fattore spogliatoi. Non che le docce a Detroit siano più calde, semplicemente coach Carlisle ha a sua disposizione un gruppo compatto, coach Saunders, tanto per essere chiari, no! L'aria che si respira sotto le tribune del Target, è quanto di più vicino ai frizzi di Los Angeles, con la differenza che le due stelle della squadra non si sono ancora accordate per una tregua.
Già le due stelle. E' veramente inutile parlare di Minnesota senza citare il suo capitano. Ad oggi Kevin Garnett, rappresenta l'anima e la mente di questa squadra. E' il giocatore che probabilmente fa la maggiore differenza in una squadra nell'intera lega. Il suo problema non è il giocare, è il dovere giocare.
I sottili equilibri che dominano una squadra NBA, a Minnesota passano tutti attraverso di lui. E non è una responsabilità da poco per un signore capace certo, di triple doppie in serie, di giocare in tre ruoli indifferentemente, di essere veloce quanto potente, ma anche un ragazzo ancora molto giovane per il ruolo che deve rappresentare e soprattutto con una testa ben lungi dall'aver raggiunto la completa maturazione.
The Revolution infatti, non si può più permettere di essere lo scanzonato lungagnone che appariva al suo, peraltro trionfale ingresso in lega. Oggi è un giocatore sfaccettato, molto complesso da analizzare. Dopo essere stato etichettato come infantile o peggio, oggi rappresenta sempre di più un uomo immagine per David Stern.
Eppure la squadra non ha ancora fatto completamente cerchio attorno a lui. Chiunque acceda per la prima volta al sito di Minnesota, si accorge subito di un dualismo forte. Da un lato KG, dall'altro Wally Szczerbiak, il tiratore, quello che sulla carta dovrebbe essere il perfetto alter ego e che invece è il più grande problema della dirigenza di Minnesota.
Nel corso degli ultimi mesi non sono state poche le riunioni per decidere da che parte schierarsi e ancora l'impressione è che non sia stata presa una decisione vera (che urgerebbe anche solo per creare dei piani futuri degni del nome). Con tutto questo, la squadra nelle ultime prestazioni ha cominciato a girare meglio. Pur legata a doppio filo alle serate di Garnett, sfruttando il forzato stop di Wally, si è trovata costretta a seguire il solo profeta in circolazione e le risposte sono arrivate.
Troy Hudson, è sinceramente una sorpresa. Francamente non pensavo potesse essere un fattore, pur venendo da un annata positiva a Orlando. Eppure, sfruttando lo spazio nella rotazione di Flip Saunders, il piccolo prodotto di Southern Illinois sta vivendo un 2002 da 31 minuti abbondanti per gara, nei quali sta mettendo insieme cifre che parlano di 14 punti abbondanti e 5 assist per sera.
Questa piccola esplosione ha scaricato le spalle di Peeler e Gill, che avendo sempre avuto problemi di personalità , sembrano poter giocare meglio con un'arma in più nella faretra offensiva della squadra.
L'altro piantagrane del gruppo, Joe Smith sta dando apporti degni di un buon giocatore qual è, per lui la parola campione è sempre stata usata più dagli avvocati che dai commentatori tecnici, mentre un elogio va senza dubbio a Rasho Nesterovic.
L'ex pupone di Piazzale Azzarita, è stato uno degli europei peggio trattati al loro arrivo nella lega. Accusato di essere morbido tecnicamente e fisicamente, di non accettare critiche, di scarso impegno financo delle bufere invernali dello stato, l'ex centro di coach Messina, che non a caso lo amava più di altri, si è imposto con tenacia e perseveranza tutta slovena.
Pur non possedendo il fascino di altri prodotti made in ex-Yugoslavia, Nesterovic ha cominciato a dialogare la stessa lingua di Garnett del quale oggi è spalla ideale: un centro con numeri non incredibili, 11.3 punti e 6 rimbalzi di media a partita, ma con costanza di prestazioni e presenza sotto canestro non certo indifferenti.
Grazie a questi fattori il record di Minnesota oggi è di un più che soddisfacente 13 vinte e 11 perse, ma le incognite restano dietro l'angolo. Come si comporterà il gruppo, al rientro di Szczerbiak?
E i giocatori che francamente oggi deludono, e fra questi soprattutto l'ex girovago Mark Jackson, l'eterno incompiuto Gary Trent e il pluridecorato Rod Strickland, sapranno dare un apporto vero?
Un fatto è certo. Ogni risposta riguardo ai Timberwolves dovrà essere rimandata quando la squadra giocherà a ranghi completi, compreso quel Terrel Brandon che tante volte aveva rappresentato in passato un fattore equilibratore, ma soprattutto ogni risposta dovrà passare per gli score di Kevin Garnett, la cui situazione ad oggi ricorda molto quella di Shaq in terra di Florida. Allora la soluzione fu quella che sappiamo tutti.
Spero francamente per i tifosi del Minnesota che cura questa volta non debba essere così drastica.