La potenza di Amare Stoudemire, uno dei tanti gioielli del draft 2002.
VOTO 10: I rookies, Amare Stoudamire
Yao “Dinasty” Ming sta ammaliando tutti gli appassionati di basket NBA, e di conseguenza oscurando tutti gli altri prodotti della “classe 2002”.
Se però cerchiamo di distogliere un attimo lo sguardo dall'abbacinante talento di Yao e diamo un'occhiata agli altri giovani virgulti al primo anno, non possiamo che sorprenderci della altissima qualità media del raccolto: alcuni autorevoli commentatori si sono già sbilanciati a definire il Draft 2002 come il più ricco di talento della storia del basket NBA; un giudizio molto impegnativo e forse affrettato, valutazioni del genere di solito si prendono dopo almeno 3-4 anni, sta di fatto che è un'opinione parecchio condivisibile.
Fra cotanto ben di Dio soffermiamoci su Amare Stoudamire: è vero che ha un carattere difficilino, è vero che ha un “bagaglio” extra-cestistico piuttosto ingombrante, è vero che è ancora tutto da sgrezzare, però…
Però le cifre dicono 10.5ppg, 8.6ppg, 1.6bpg, e non ci parlano dell'impatto fisico ed “emotivo” clamoroso che ha sulle partite con la sua energia. Sono fatti francamente disarmanti se ad esempio facciamo un confronto con i ben più talentuosi Curry&Chandler (i due sommati assieme fanno 12+9 al primo anno e 14+10 in questo secondo!), ma sono ancor più sorprendenti se ci permettiamo un'eresìa e andiamo a confrontarlo con il primo Kevin Garnett (che è stato il liceale con il maggior impatto immediato nella lega): beh, le cifre al primo anno dell'uomo chiamato “Revolution” risultano leggermente inferiori, 10.4 ppg, 6.9rpg, 1.6bpg, pur giocando quasi 5 minuti in più a partita.
Sono cifre che non possono non far riflettere, anche se molti suggeriscono di non lasciarsi prendere troppo dall'entusiasmo, ricordando che NightAmare è effettivamente molto indietro dal punto di vista della comprensione del gioco e della tecnica individuale; ma se provassimo a fare il ragionamento inverso? Posto che nonostante sia così rozzo e accompagnato da così tanti “minus” nelle cartelle degli scout che lo esaminavano prima del draft, riesce comunque a metter su un bel 10+9 senza battere ciglio, cosa può diventare quando si sarà “raffinato” e avrà limato i suoi difetti?
VOTO 9: Eddie Jones
Le cifre di quest'ultima settimana parlano per lui: 32 punti, 7 rimbalzi, 5 assist, 3 palle rubate di media…
C'è da dire anche che queste statistiche non stanno aiutando gli Heat più di tanto: i ragazzi di Riley semplicemente non riescono a segnare abbastanza punti per poter vincere una gara NBA, il coach con la brillantina è sempre più cupo e scavato in volto. Nessuno chiama più Jones “the next MJ” (e ci mancherebbe altro), ma in un contesto così deprimente le prestazioni sue e di Carone rappresentano l'unico, minimo barlume di ottimismo.
VOTO 8: Sacramento Kings
Sono letteralmente tartassati dagli infortuni: nelle ultime 10 gare sono riusciti a mettere a referto solo 8 giocatori sani per ben 5 volte, e solo 9 in altre due occasioni. All'assenza ormai prolungata di Bibby si sono aggiunte a rotazione quelle di Stojakovic, Pollard, Turkoglu, Funderburke, Cleaves, e ultimamente pure quella di Bobby Jackson che stava tenendo cifre eccezionali.
Ma i Re, nonostante lo shock di Gara-7 contro i Lakers dell'anno scorso, hanno troppa fiducia nei propri mezzi per farsi influenzare da questo, e attualmente vantano il secondo miglior record della lega, con 8 vittorie nelle ultime 9 gare (e l'unica sconfitta è arrivata per un soffio, dopo un'imperiosa rimonta contro i Rockets vanificata solo da un super-Yao).
I due maggiori indiziati per spiegare un tale rendimento sono Chris Webber, meritatamente MVP della Western Conference la scorsa settimana, e Bobby Jackson, che non stava facendo rimpiangere Bibby fino all'infortunio; un contributo decisivo è venuto inoltre dal solito Doug Christie, tremendamente continuo, e persino dal veterano Jim Jackson, recentmente pescato dal mercato dei FA, che si è addirittura tolto lo sfizio di mettere il trentello contro i Nuggets alla faccia di coach Riley e dei suoi problemi offensivi.
VOTO 7: New Orleans Hornets
Sei vittorie nelle ultime otto gare, ma soprattutto un notevole 11-1 in casa (quarta migliore prestazione della lega), il tutto con un calendario non certo amico: cinque delle ultime sei partite erano contro squadre dell'Ovest, ed è notevole soprattutto la doppia vittoria in un durissimo back-to-back a casa di Jazz e Lakers, squadre in ascesa e tendenzialmente parecchio ostiche in casa propria. Non si parla moltissimo di loro, ma se non hanno problemi di infortuni (e infatti la preoccupazione maggiore resta la schiena del Barone) fare i conti con loro non sarà facile. Le prossime cinque gare (contro Blazers, Warriors, Spurs, Sonics tutte in trasferta, più i Mavericks in casa!) ci daranno qualche ulteriore risposta sulle risorse nascoste di questi Hornets rivitalizzati dal cambio di città .
VOTO 6: Tony Parker
Non è certo un realizzatore, il suo compito principale è quello di fare contenti i compagni; ma gli Spurs sono in un momento obiettivamente difficile, infastiditi da vari infortuni e condizionati da un inizio di stagione sottotono di quasi tutti i titolari ma soprattutto di Timoteo (perchè 21+12+3+3 per il migliore di tutti effettivamente è un rendimento sottotono), e allora il francesino pensa bene di metterne 54 complessivi in due partite, regalando ai suoi due vittorie importanti contro Clippers e Mavs dopo un periodo difficile con 5 sconfitte (alcune molto nette) su 8 incontri.
VOTO 5: New Jersey Nets
Dopo l'infortunio di Dikembe il record dice 6-2 e hanno ormai il fiato sul collo dei Celtics, a mezza gara di distacco.
Se sia una notizia buona o cattiva, beh, decidetelo voi…
VOTO 4: Jay Williams
Voto “di incoraggiamento”, come talvolta usano dire i professori. Le cifre non sono poi così disastrose, ma da lui ci si aspettava obiettivamente di più, soprattutto dal punto di vista dell'energìa, dell'impatto emotivo sulle partite; il problema più grosso sembra l'atteggiamento, poco aggressivo ed intenso.
E' un po' il problema comune a quasi tutti i Bulls (e in primis al loro leader, Rose), talentuosi e potenzialmente devastanti ma abulici, “molli”, apparentemente già rassegnati ad una stagione di basso profilo, quando invece doveva essere quella della svolta. Il problema a questo punto è semplice: o questi giocatori sono tutti bravi sulla carta ma non hanno quel “di più” che distingue i talenti dai campioni, oppure c'è un problema tattico, ed il triangolo (o forse l'approcio di Cartwright) non è adatto al materiale umano a disposizione.
VOTO 3: Milwaukee Bucks
Non hanno mai vinto più di due gare consecutive, hanno messo assieme solo due vittorie nelle ultime sette partite, pur affrontando squadre non trascendentali tra cui Atlanta, Chicago, Cleveland (battuta solo con enorme sforzo dopo due OT), Washington.
L'unico che sta giocando ai suoi livelli (anzi, anche meglio di quanto non ci si aspettasse) è il buon vecchio Tony Kukoc, la godibilità e l'efficacia del gioco dei Bucks risente in modo notevole del fatto che il croato sia in campo o meno. Da sottolineare soprattutto le prestazioni di Tim Thomas: 13ppg e 4.9rpg tirando col 35% dalla lunga distanza, cifre del tutto anonime per un giocatore che doveva trarre immensi benefici e fare il decisivo salto di qualità dopo la cessione di Big Dog (che nel frattempo si gode la vita nella città di Rhett e Rossella, facendo un il bello e cattivo tempo in campo, a suo piacimento: 21+8, ma anche quasi 5 palle perse a partita).
VOTO 2: Pat Riley
La situazione tecnica è disarmante: gli Heat non combinano nulla sotto canestro, e in compenso tirano malissimo da fuori; sono penultimi per punti segnati e percentuale di tiro e assist realizzati. Difendono di squadra in modo poco più che mediocre, non sono granchè a rimbalzo e sono ultimissimi per stoppate e palle rubate.
In questo contesto deprimente Riley che fa? Come il peggior Sensi anzichè fare “mea culpa” pensa bene di prendersela con gli arbitri, teorizzando misteriosi complotti nei suoi confronti orchestrati dal malefico Steve Javie. Brutto segno.
VOTO 1: Horace Grant
Nonostante il suo contributo nullo alla causa dei Magic, pensa bene di attaccare briga con McGrady (accusato di essere poco intenso difensivamente e fondamentalmente immaturo) e in rapida successione con coach Rivers. Di conseguenza è stato quasi immediatamente rilasciato dai Magic, che non sentiranno troppo la sua mancanza visto che dal suo ritorno in Florida dopo la parentesi ingioiellata in gialloviola ha contribuito più con lamentele, pretese ed esternazioni fuori luogo che con punti, rimbalzi ed esperienza.
Ora sembra che ci sia la possibilità che finisca per accasarsi di nuovo ai Lakers, se succederà saranno tutti da valutare gli esiti dell'inserimento di un quasi-ex giocatore con tale stato d'animo in uno spogliatoio già in difficoltà per una inusitata faida “Combo contro tutti”.