Jordan, alla sua ultima stagione, non vorrà sicuramente lasciare senza un approdo ai Playoffs
Quello che vi si chiede è soltanto un po' di comprensione, perché questo non è un pezzo su Michael Jordan, pur essendo sempre difficile parlare della sua squadra senza soffermarsi su di lui, anche solo per un attimo.
Anche per questo motivo è meglio risolvere in apertura le pratiche che lo riguardano, e prendere coscienza della recentissima notizia del suo ritiro definitivo a fine stagione. Ed ecco che, per magia, tutto è più semplice"
Si può liberamente parlare di Stackhouse, essere scettici su Larry "Smooth" Hughes, guardare con interesse alla maturazione di Kwami Brown" c'è scritto che tutto questo avverrà "per magia"? Beh, allora è stato un lapsus ben riuscito, visto che stiamo parlando dei "Maghi" per antonomasia.
La situazione di Washington ad inizio stagione sembrava abbastanza promettente: durante la pre-season in molti hanno avuto modo di ammirare diversi bagliori di un astro nascente, conosciuto all'anagrafe come Kwame Brown, che stoppava e andava a rimbalzo con la grinta di un veterano, facendo presagire una stagione stellare.
E la stagione, d'altro canto, l'aveva iniziata pure bene e nelle prime dieci partite, fino al 16 di Novembre, Washington aveva un bilancio di 6 vittorie e 4 sconfitte, da segnalare l'umiliazione inflitta a Boston alla prima ufficiale in casa con un clamoroso 114 a 69.
Ma se dalle caterve di rimbalzi della prima fase di stagione siamo passati ad una media di 6,3 a gara, e se dalle 11 stoppate totali dei primi due incontri ora si fa fatica a raggiungere le 2 con regolarità , evidentemente qualche meccanismo deve essersi inceppato.
Nulla di grave, ci mancherebbe, ma con il calo di tensione di Kwame c'è stato anche quello dell'intera squadra, capace di perdere le sei gare successive e portare il bilancio ad un pericolante 8-11.
La flessione di Brown non è una crisi, e sarebbe sciocco parlarne per un giocatore di vent'anni e due mesi che ha sulle spalle appena un'ottantina di partite nella Lega, tuttavia sarà di estrema importanza per l'allenatore Doug Collins, designato, se ricordate, da Jordan in persona, stabilire dei punti fissi per evitare, nel prosieguo della regular, sbalzi del genere.
O magari per produrre effetti inversi e concludere nel migliore dei modi qualche striscia vincente, linfa vitale per una qualunque squadra dell'Est in corsa per un posto nei play-off, e al momento possiamo anche tollerare i numerosi sbandamenti di Washington a questo punto del campionato.
Perché i play-off sono più che alla portata per la compagine di Stackhouse, eletto all'unanimità perno della squadra. E Stack è una garanzia,lo conosciamo bene in qualità di attaccante sopraffino e di rendimento costante, rafforzatosi non poco nelle ultime annate in maglia Pistons, e finora a 22,2 punti e quasi 5 assist di media, contornati da 4,7 tabelloni a sera.
Stackhouse ha effettivamente preso il posto di Rip Hamilton, approdato a Detroit nella piccola rivoluzione della scorsa estate,dopo aver disputato un eccellente campionato al fianco dell'attuale sesto uomo di Washington e comproprietario Michael Jordan, nonostante l'obiettivo non fosse stato centrato.
Ma con tutto il rispetto per Richard Hamilton, Doctor Jerry è ben altra cosa,e forma con Jordan una delle accoppiate più micidiali della NBA. E anche se non è trascorso neppure un quarto di stagione, già qualcosa si comincia ad intravedere, lasciando come punto fermo che non sarà un anno tutto rose e fiori, anche se di rose, nella capitale, ce ne sono parecchie.
Primo fra tutti Larry Hughes, ex Philadelphia e Golden State, il cui ruolo in campo è tuttora non ben definito, sempre in bilico tra la posizione di play e quella di guardia, anche per colpa di un certo Allen Iverson.
Sul ragazzo sono piovute innumerevoli critiche, per il suo tiro da fuori, per la sua "morbidezza" in determinati frangenti del gioco e sostanzialmente per la sua inaffidabilità dovuta a questa perenne incertezza tra un ruolo e l'altro, rafforzatasi, suo malgrado, dopo l'iniziale esplosione a Golden State.
Ma quanto è vero che Larry si stava spegnendo progressivamente è altrettanto vero che con l'aiuto di MJ, da sempre gran faticatore ed integerrimo dal punto di vista dell'etica lavorativa, si sta trasformando, un po' in ritardo, nel giocatore che sarebbe dovuto essere un paio di annetti fa, quando gli erano state consegnate in blocco tutte le responsabilità dei Warriors,che avrebbero poi preferito affidarsi a Jamison e Jason Richardson.
Hughes sta trovando minuti (29 a partita), producendo punti (10,6) ed è sempre partito in quintetto nelle 18 gare cui ha preso parte fin qui. E pensare che c'era chi, quest'estate, prevedeva un suo impiego come sesto uomo"
A partire dalla panchina, e a dettare legge in campo ed in spogliatoio, troviamo dunque His Airness, con i suoi 17 punti, 4,4 rimbalzi e 2,7 assist, il quale per una volta in carriera sta davvero privilegiando i giovani e cercando di coesistere con loro nel migliore dei modi, forse per essersi reso conto che non ha senso, con quarant'anni e qualche acciacco ("e troppe guerre sulle spalle"") limitare e rallentare la crescita di giovani promettenti.
Come Juan Dixon, rookie e beniamino del pubblico, che al MCI center si sgola al grido di "We want Juan" durante l'ultimo quarto, e non necessariamente nel garbage time. Da notare anche l'altro rookie dei Wizards, Jared Jeffries, classe 1981, e poi tutti i primo anno inclusi nel roster, come lo stesso Kwame Brown, l'ottimo rimbalzista Brendan Haywood, il solido Ethan Thomas e l'infortunato Ratko Varda.
E se il roster può in definitiva essere considerato "ben assemblato", lo è non solo per le caratteristiche tecniche dei giocatori in ogni ruolo,ma anche per il significativo bilanciamento delle date di nascita.
Ad alzare la media, oltre a MJ, ecco il veterano Bryon Russell direttamente da Utah (al quale Air è debitore di qualche incubo notturno), ma anche Christian Laettner, ormai trentatreenne, che sta dando buoni segnali alla squadra e resiste agli infortuni da una vita.
Ma non è finita qui! La lingua più biforcuta e impertinente della NBA, Charles Oakley, ha deciso di trasferirsi a Washington per cercare di educare la turba di mocciosi che si è venuta a creare, portando i suoi rimbalzi e la sua grande esperienza, anche se le sue cifre sono ormai a terra.
E forse perché avrà sentito il richiamo dell'ex compagno Oakley, forse perché semplicemente attratto dall'ambiente, ha accettato l'incarico di assistant coach nientedimeno che Patrick Ewing, fresco di ritiro dalla scena.
A fronte di tutte queste componenti, nella capitale sembra tutto rivolto ad un bel lieto fine da commedia americana, ma l'unico modo per garantire qualcosa ai Wizards è semplicemente quello di vincere il più possibile nei prossimi cinque mesi, senza lasciare per strada troppe partite all'Est e cercando di ridurre i danni all'Ovest, visto che la squadra può molto in potenza, ma a volte si dimostra poco concreta nei fatti, risultando però inaspettatamente sguarnita di fronte a rivali delle più diverse carature.
Inoltre è stata la prima volta dal 1995 in cui non si è presentato ai blocchi di partenza Chris Whitney, trasferitosi ai Nuggets con qualche rimpianto,suo e dei tifosi,che si erano affezionate a questo simpatico play-guardia dal pregevole ball-handling e buon tiratore da tre.
Su di lui aveva puntato Jordan nella scorsa stagione nel suo progetto di rinascita in casa Wizards, e la risposta di Whitney era stata senza dubbio positiva, ma ora l'acquisto di Larry Hughes sembra finalizzato per certi versi a rimpiazzare Whitney, che non poteva evidentemente più contare sulla fiducia di Jordan dopo il mancato raggiungimento dei play-off.
Tutto è a posto, fisicamente non sembrano esserci grane per nessuno eccetto che per il pivot Jahidi White, per il momento sostituito egregiamente da Haywood, ma che potrebbe essere comunque utile sotto canestro e nell'ultima stagione aveva avuto un sensibile miglioramento in fatto di tecnica e percentuali.
E mentre Ratko Varda rappresenta soltanto un nome e ha giocato una sola partita in due anni, possiamo parlare anche di un altro ragazzo interessante: Tyronn Lue, ex-Lakers e ai Wizards da due anni, il cui contributo gravita sui 7,5 punti e 3,4 assist,in linea con il 2001-02.
In conclusione i Wizards sono un organico ben assortito di giovani e veterani d'impatto o semplicemente d'esperienza, che all'Est non dovrebbe avere grossi problemi ad arrivare tra le prime otto, ma che deve affrontare ogni volta diverse peripezie, dovute alla salute di Jordan, all'inesperienza dei giovani o a qualche sconfitta di troppo. Nonostante tutto c'è ottimismo. Che sia eccessivo?
Eppure è comprensibile: a Washington, un mago ce l' hanno davvero.