Grande inizio di stagione per Jamison, è il 6° marcatore NBA
Esiste un posto negli Stati Uniti dove i grandi giocatori non nascono" vengono coltivati. No, non si tratta dell'inizio di un romanzo di fantascienza o di fantabasket, se preferite. Questi posti esistono davvero.
Ve ne sono sparsi in tutto il territorio degli States, ma alcuni in particolare, devono essere 7 o 8 al massimo, sono proprio speciali. Generalmente si trovano immersi in piccole oasi di calma olimpica. Adornati da colline in fiore e da cittadine romantiche e un po' retrò. Chapel Hill è uno dei più magici di questi luoghi.
E' la sede, inutile tirarla tanto per le lunghe, di uno dei college più illustri d'America ma per molti è semplicemente la casa dei Tarheels, la casa dove abitano i giocatori dell'Università di North Carolina.
E proprio dal condominio nel quale hanno soggiornato in tempi recenti James Worthy, Rasheed Wallace, Jerry Stackhouse, Sam Perkins, George Lynch, Rick Fox ed è forse inutile ricordarlo ma anche Michael Jeffrey Jordan, dicevamo da questo condominio sono usciti due discreti prospetti della stagione 1999.
Uno destinato ai freddi ghiacci del Canada, l'altro agli altrettanto inospitali venerdì sera sul parquet di San Francisco. Sì proprio lei, la temibile baia aveva bisogno di un nuovo idolo da adorare, un nuovo mito da sgretolare.
Dopo i fasti della (Oddio adesso piango) triade Mullin, Hardaway, Richmond, dopo i lampi di Sarunas Marcioulonis, dopo l'era del sopraffino Sprewell, almeno prima che decidesse di diventare il vero e solo strangolatore della costa Nord della California; i Golden State Warriors avevano la possibilità di portare un scelta di spessore per rinforzare il proprio roster, ancora.
E l'idolo tanto atteso si chiamava Vince Carter. Come Vince Carter, ma quello non era Air Canada? Sì, era lui, ma per qualche ora il buon Vince è stato la scelta dei Golden State Warriors, almeno prima che questi ultimi non lo scambiassero nella sua culla cestistica con il gemello Antawn Jamison e lo spedissero a Toronto.
Credo non ci sia stato un solo sostenitore dei giallo blu californiani che da allora non si sia chiesto: “Ma ci abbiamo preso stavolta? Oppure è l'ennesimo bidone?”
Domanda difficile questa, perché se è vero che negli ultimi anni Carter sta spopolando nella NBA, non è che Jamison stia proprio sfigurando. Giocatore aereo se ve n'è uno, Jamison è un signore da 2,06 m per un quintale di classe offensiva vera. Di razza.
Eppure i fans stanno comprando i poster di Carter. Eppure nei Footlooker si vendono le scarpe di Vince Carter. Eppure, ed è questo l'eppure più importante, i Raptors sono andati ai play-off e ci hanno fatto anche una discreta figura.
Intanto i Golden State hanno solamente assistito alla che crescita costante di un figurino della palla canestro, uno che più della potenza di Carter ricorda le leve lunghissime di un Alex English. Un campione allora. Una stella?
Alt. Andiamoci piano. Le cifre sarebbero da primo quintetto NBA e se i criteri fossero quelli degli anni '80 probabilmente il viaggio all'All Star Game per Jamison sarebbe già prenotato di diritto ogni febbraio, ma non è così. La crescita di Jamison non ha coinciso con la crescita del resto della squadra.
Negli ultimi tre anni l'ala degli Warriors non ha saltato una sola partita, ha regalato prestazioni da oltre 50 punti, ha anche risolto qualche partita ma continua ad essere tremendamente discontinuo e soprattutto tremendamente egoista.
E' facile tirare la carretta da solo e portare a casa statistiche d'eccellenza se si è il solo terminale degno di questo nome in un roster, ma dopo qualche stagione i campioni cominciano a sviluppare la capacità di coinvolgere il resto dei compagni. Chiedere a Kobe se non è vero.
Allora tutto risolto? Altro bidone? Altrettanto sbagliato. Sì perché quest'anno la novità in casa Warriors è che il talento medio in squadra è alto. Che i risultati lo dimostrino o meno (e sono convinto che alla lunga lo potrebbero fare) la squadra ha tanto potenziale per fare bene. Intorno a Jamison sono stati messi giocatori che gli stanno togliendo un po' di responsabilità .
E allora possono arrivare sempre partite da più di 30 punti, proprio come due giorni fa, ma possono anche arrivare partite nelle quali il tiro decisivo lo prende Arenas o Richardson e magari non si vince ma si fa spettacolo e si guadagna fiducia per le prossime sfide.
Antawn Jamison è un giocatore rischioso per qualsiasi difesa, non a caso nei primissimi posti in tutte le statistiche che riguardano tiri liberi e falli conquistati. Quest'anno è tornato alla consueta media di oltre 24 punti a partita e dovendosi prendere qualche responsabilità in meno a rimbalzo forse troverà il modo, finalmente, di tentare di migliorare la sua difesa di piedi, che per le potenzialità espresse resta un punto di vero imbarazzo per un giocatore di tale portata.
In sintesi Golden State poteva essere forse già una squadra affermata con qualche scelta diversa e forse Jamison avrebbe potuto esplodere prima sull'altra sponda del lago Michigan, ma in Italia è arcinoto che con i se e con i ma non si vincono i campionati e forse stavolta la nebbia della baia potrebbe concedere un po' di tregua.
Certo se i Warriors avessero un altro allenatore" ma questa è un'altra storia.