Tony Kukoc sbuffa, ma gioca ancora!
La stagione NBA 2002/03 ha percorso un decimo del suo cammino, ma dopo un mese di attività ufficiale sembra già essere tempo di bilanci per quegli amministratori che hanno rischiato e si sono lanciati in trade estive per cambiare volto alla propria franchigia.
I Bucks del “perdente” George Karl, hanno compiuto una vera operazione chirurgica al proprio arsenale: hanno scelto di disfarsi di "Big Dog" Glenn Robinson e di dichiarare così sciolta la premiata ditta Cassell-Allen-Robinson, un terno di giocatori che qualche fortuna nel recente passato aveva portato ad una delle piazze peggio pubblicizzate nella storia della lega.
In cambio della rissosa ma comunque sempre scintillante ala, ex rookie più pagato di sempre, è arrivato a Milwaukee Leon Smith ed una certo Tony Kukoc. Sì, il trentaquattrenne funambolo croato, dato per finito nella NBA almeno già tre volte, avrebbe dovuto rimpiazzare nel cuore dei tifosi verde viola le triple e i rimbalzi di uno degli artefici della finale di conference 2001.
La critica estiva non ha stroncato più di tanto l'operazione, almeno non quanto avrebbe fatto 12 mesi prima. Lo scambio poteva essere semplicemente il segno di un ridimensionamento delle prospettive dei Bucks, guidati dal coach della vergogna di Indianapolis e da un Ray Allen che molti vedono partente a fine 2003.
Tutto come da copione quindi? Non proprio, perché a cambiare gli equilibri del ragionamento ci ha pensato proprio l'ex enfant prodige del basket europeo, tre volte miglior giocatore europeo e soprattutto uomo e cestista di classe purissima, Tony Kukoc.
Inserito come sesto uomo di rendimento nella rotazione di coach Karl, il croato sembra avere già trovato una sua collocazione nel roster dei Bucks, giocando più minuti rispetto alla peraltro rispettabile stagione 2002 e cifre alla mano, portando un contributo di esperienza e intelligenza cestistica forse sconosciuta persino al complessivamente superiore Robinson.
I motivi della rinascita dei giocatori sembrano essere, come spesso accade, semplici. Se di rinascita si deve parlare, li si possono trovare in una squadra che parla molto probabilmente lo stesso linguaggio di basket che il buon Tony predilige. Gente come Allen, come Cassell sono talenti che amano l'improvvisazione e il tocco di genio, due campi nei quali Kukoc non ha mai difettato.
In più si trova in una posizione psicologica e tattica invidiabile. L'ala di Spalato, non ha nulla da perdere, gioca finalmente e stabilmente nel ruolo che lo ha reso grandissimo, in una squadra che sa esprimersi in campo aperto e non deve nemmeno dannarsi per conquistare minuti.
Se è vero, infatti, che quest'anno non è mai partito in quintetto a favore dei vari Redd, Thomas o Mason, Kukoc è il terzo assoluto nel minutaggio dei Bucks e una delle massime più vecchie del basket recita una frase che Kukoc deve conoscere bene: non conta chi parte in quintetto, conta chi finisce.
Se il paragone non fosse censurabile, la situazione di Kukoc nella NBA di oggi, ricorderebbe assai da vicino quella nostrana di un vecchio amico dell'ala croata: Riccardo Pittis. L'esperienza nei rispettivi campionati li accomuna, così come la duttilità e la capacità di fare le cose importanti per la squadra nel momento più importante.
I pronostici lasciano il tempo che trovano, ma oggi i Milwaukee Bucks si possono fregiare del record di 6 vinte e 6 perse (alle ore 14 del 25.11.2002). Forse le cose potrebbero peggiorare nel corso dell'anno e l'ottimo inizio di questo giocatore essere ricordato solo come un fuoco di paglia, ma se il trend rimarrà questo, allora i Bucks saranno i primi candidati per il ruolo di mina vagante ad est.
E Iverson, Kidd e Pierce si dovranno curare anche di una vecchia e spompata ala di Spalato, Croazia. Michael Jordan, che è leggenda e uomo di basket unico, nonché suo ex compagno di squadra, probabilmente lo fa già .