Jermaine O'Neal e Isiah Thomas, il braccio e la mente degli Indiana Pacers.
Per parlare dello splendido inizio di stagione degli Indiana Pacers non si può che partire da Isiah Thomas, criticatissimo in questi anni da stampa e tifosi, dopo due stagioni che non hanno soddisfatto le loro aspettative: un primo anno al 50% esatto di vittorie (41-41), un secondo appena migliore statisticamente (42-40), segnato dalla piccola rivoluzione che ha visto partire Rose e Best e arrivare Miller, Artest e Mercer; due stagioni poi culminate con l'eliminazione al primo turno dalla squadra che avrebbe poi vinto la Eastern (Sixers e poi Nets).
Niente di disastroso in fin dei conti, ma tant'è a Thomas non sono mai state lesinate critiche durissime dai numerosi detrattori, che lo bollavano senza mezzi termini come uno dei peggiori allenatori dell'intera lega, per non aver dato un gioco coerente alla squadra accusata (spesso a ragione, a dir la verità ) di essere discontinua, immatura, poco intensa, e in generale nettamente inferiore alle proprie potenzialità tecniche; le aspettative dell'ambiente nei confronti di Isiah per la stagione in corso erano dunque chiare: far volare finalmente i Pacers oppure rassegnarsi a cedere il posto ad altri più meritevoli.
Non si può certo dire che coach Thomas non abbia dato una risposta chiarissima sul campo, anzi i Pacers stanno andando oltre alle più rosee previsioni.
Al momento il record dice 12-2 (secondo migliore dell'intera lega) pur senza il giocatore più rappresentativo ovvero Reggie “Hollywood” Miller, ma quel che impressiona è la qualità del gioco mostrato: i Pacers giocano davvero bene, un basket solido e piacevole sia in attacco che in difesa, il più corale e completo che si veda al momento nella NBA.
Il merito è soprattutto di Thomas che, spronato dalle critiche ricevute per un gioco poco ragionato in attacco e non sempre intenso in difesa, ha rivoluzionato il sistema tattico dei Pacers, ha lavorato sodo durante l'estate e ha fatto lavorare sodo i suoi giocatori, e adesso i Pacers sono una compatta, versatile, fluida macchina da guerra.
In attacco Thomas ha varato la c.d. “Quick Offense”: un sistema “misto”, composto da elementi della motion offense, del Triangolo di Tex Winters, del gioco “read and react” di cui Thomas stesso fu interprete magistrale in campo, prima agli Hoosiers e poi alla guida dei Bad Boys.
La situazione di partenza vede quasi sempre una disposizione simile a quella del Triangolo, il cui pregio principale è quello di posizionare i giocatori in campo con una spaziatura quasi ottimale; a differenza di quanto avviene però nelle formazioni per cui il Triangolo è un dogma seguito rigidamente (Bulls e Lakers anzitutto), nella Quick Offense i movimenti successivi sono molto meno standardizzati, molto è lasciato all'inventiva e alla capacità di leggere la difesa del giocatore in possesso di palla: secondo i dettami del triangolo non c'è un portatore di palla privilegiato, tutti i giocatori devono mettersi modo tale da fare il passaggio decisivo o di concretizzare, ma non c'è molto spazio per improvvisazione e inventiva (e di conseguenza i giocatori più estrosi ed istintivi sono parecchio insofferenti a tale sistema).
Al contrario nel sistema di Thomas l'inventiva e la creatività dei singoli e il ruolo del playmaker hanno molta più rilevanza (d'altronde come poteva essere altrimenti per uno dei più grandi interpreti di sempre nel ruolo?), e dopo il posizionamento iniziale i movimenti richiesti dal triangolo non vengono quasi mai osservati scrupolosamente; il gioco si sviluppa invece con una sequenza di tagli e blocchi sul lato debole per sbilanciare la difesa e colpirla all'improvviso dopo una lunga serie di ribaltamenti.
Il tutto viene eseguito senza traccie rigidamente prestabilite, al contrario molto è lasciato al'istinto dei giocatori, e questo lo rende da un lato poco prevedibile e difficile da ingabbiare, dall'altro molto gradito ai giocatori che si divertono e, non essendo vincolati a posizioni rigide, possono sfruttare al meglio le loro situazioni tecniche preferite.
Che il sistema funzioni lo dicono anche le cifre: i Pacers hanno cinque giocatori in doppia cifra di media, sei diversi top-scorer nelle 14 gare disputate, segnano mediamente 8 punti in più degli avversari (terzi nell'NBA), prendono 6 rimbalzi in più (quarti assoluti), tirano col 46% dal campo concedendo solo il 40.4% (un differenziale che è in assoluto il migliore della lega) e difendono sul perimetro come nessuno, costringendo gli avversari al 38.6% dalla distanza.
In concreto non potrebbe esserci un sistema più adatto al particolarissimo roster dei Pacers: mentre nelle squadre NBA di solito le gerarchie sono ben definite, con una o due stelle o presunte tali, alcuni gregari di alto livello e poi giocatori di complemento, i Pacers non hanno un giocatore determinante, una star che si elevi nettamente al di sopra degli altri, ma d'altra parte il roster è molto profondo e di alto livello medio. Fra gli uomini della rotazione nessuno è indispensabile, ma tutti portano alla causa qualcosa che agli altri manca.
Per ammissione dello stesso Thomas il fulcro tattico della squadra è rappresentato dai due lunghi, Jermaine O'Neal e Brad Miller, giocatori diametralmente opposti in campo e fuori, ma forse proprio per questo perfettamente complementari, che da soli probabilmente non sono fra i primi 15 lunghi della lega, ma insieme formano la frontline di gran lunga meglio assortita e affiatata dell'NBA.
Il primo è talentuosissimo e fisicamente dirompente, fornisce alla squadra intensità , difesa, rimbalzi ed esplosivi movimenti dal post basso. Il secondo non ha talenti particolari, sa fare bene un po' tutto senza eccellere in niente (e per questo motivo non fu nemmeno scelto, gli scout lo valutavano complessivamente mediocre e senza grossi margini di miglioramento), ma ha grande intelligenza tattica e riesce a sfruttare benissimo la sua versatilità mettendo in difficoltà gli avversari in attacco e in difesa grazie alla sua applicazione e freddezza: è utilissimo per Thomas (che ne loda in continuazione l'approcio alla gara, paragonandolo per importanza a quella di Laimbeer nei Bad Boys per la capacità di fare tante piccole cose di importanza decisiva) soprattutto per la sua capacità diabolica di conquistarsi numerosissimi viaggi in lunetta, grazie a movimenti offensivi apparentemente molto lenti e per nulla esplosivi, ma talmente puliti da indurre quasi sempre al fallo l'avversario. Una dote rara e preziosa, che gli permette (grazie ad un'altissima efficacia dalla linea della carità ) di essere molto spesso il top scorer della squadra (4 volte su 14 gare).
I due hanno ormai raggiunto un eccellente livello di affiatamento, e i loro giochi a due sono particolarmente indigesti alle difese NBA tendenzialmente povere di lunghi seri e già in difficoltà a doverne marcare uno, figurarsi due che giocano all'unisono; dalle loro interpretazioni in post nasce gran parte della pericolosità offensiva dei Pacers, e l'alley oop di Brad per la bimane selvaggia di Jermaine sta diventando un vero e proprio marchio di fabbrica delle gare dei Pacers.
La pericolosità sotto canestro è resa ancor più letale dall'ottimo bilanciamento con gli esterni: titolare inamovibile è Ron Artest, durissimo figlio della Grande Mela che non cede un millimentro al suo avversario dal primo minuto della prima gara di stagione regolare, anzi, pure in allenamento e in preseason non è che sia un cliente facile: chiedete a Michael Jordan che l'anno scorso, quando si allenava per il rientro, venne brutalizzato dal nostro eroe rimettendoci un paio di costole, e tutto perchè si era permesso di lasciar andare un po' troppo la lingua (ma dai, Ron, in fondo è Michael Jordan!): Sam Smith chiama queste sfuriate improvvise “Artest moments”, e in tali momenti anche i compagni più smaliziati sanno che è meglio non contrariarlo. Difensivamente è sempre stato uno “stopper” clamoroso, e in questa stagione ha già tarpato le ali a più di un talentuoso avversario, ma è anche notevolmente migliorato come attaccante, riuscendo ad essere per ben tre volte miglior marcatore dei suoi, nonchè seconda bocca di fuoco in assoluto della squadra per media punti.
Al suo fianco Thomas sta attingendo a piene mani dalla grandissima varietà a sua disposizione: Al Harrington ha iniziato un po' in sordina, ma poi ha trovato fiducia, è stato in un'occasione miglior marcatore ed è in doppia cifra di media-punti; Thomas lo sceglie se c'è bisogno di intensità , difesa (sa marcare qualunque ala senza problemi, ma Thomas lo ha più volte messo anche sui piccoli, con ottimi risultati) e rimbalzi. La sua energìa spesso cambia le partite.
Jonathan Bender sta trovando poco spazio per la grande concorrenza interna, sembra ancora prigioniero dell'equivoco di essere una guardia di 2.10, è inguaribilmente discontinuo ma quando azzecca le sue serate è semplicemente impossibile contenerlo, è un'arma tattica preziosissima.
Un ruolo fondamentale nella squadra, un po' a sorpresa, lo sta avendo anche Ron Mercer: dopo una straordinaria carriera collegiale, nel basket pro ha sempre deluso, fondamentalmente perchè non ha il carattere necessario a diventare il go-to-guy che il suo contratto e il suo talento pretenderebbero.
Thomas è riuscito a convincerlo ad un ruolo da sesto uomo, lui ha accettato di buon grado e, partendo dalla panchina, ha rivoltato più di una partita perchè per lui entrare a freddo e mettere 15-20 punti in un amen non è assolutamente un problema. Già due volte miglior marcatore della squadra, 11 punti abbondanti di media e un'importanza fondamentale per dare respiro all'attacco dei Pacers nelle partite più ostiche.
Questo reparto esterni già completo e versatile è completato da Jamaal Tinsley, play newyorchese d.o.c., che sta cercando di limitare la sua esuberanza per far girare meglio la squadra, le statistiche ne potranno risentire ma Thomas vuole questo da lui; poi non ci si può certo dimenticare di Reggie Miller: “Boom, Baby” ha saltato la prima parte di stagione per i postumi di un infortunio patito ai mondiali ed è rientrato da poco; ormai è ben più vicino ai quaranta che ai trenta, ma se c'è bisogno di uccidere una gara con un singolo tiro il miglior cecchino su piazza è ancora lui.
In fondo alla panchina languono poi giocatori che avrebbero ben altro posto in rotazione in molte altre squadre: Strickland è stato limitato da guai fisici dopo un'inizio di stagione alla grande partendo dal quintetto, Croshere sembra che si stia risvegliando dopo due stagioni di inspiegabile letargo (due volte in doppia-doppia), il rookie Fred Jones entusiasma coaching staff e compagni in allenamento per il suo talento e la sua versatilità , ma per la troppa abbondanza di talento fra gli esterni il campo non lo vede quasi mai.
Scegliete voi, in quest'ampia rosa di pretendenti, qual'è il giocatore-chiave dei Pacers: Brad Miller, figlio dell'Indiana, col suo alto Q.I. cestistico? Jermaine O'Neal e il suo esplosivo, purissimo talento? Il rabbioso Artest che affronta ogni partita come una questione di vita o di morte? Mercer, Harrington o Bender e il loro contributo dalla panchina? O ancora il talento puro di Jamal Tinsley o il killer-instinct del buon vecchio Reggie?
Insomma, da qualunque parte la si guardi è impossibile trovare qualcosa che manchi a questi Pacers per togliersi immense soddisfazioni: la squadra è giovanissima (tutti i top-scorer nelle singole gare disputate hanno 26 anni o meno), in attacco gioca in modo vario, piacevole e imprevedibile, in difesa strangola gli avversari coi suoi tremendi mastini sul perimetro e poi gli da' il colpo di grazia spingendoli verso le stoppate dei suoi lunghi, e soprattutto c'è tanta abbondanza e varietà di scelta per controbilanciare eventuali contrattempi o cali di forma dei singoli.
Una prima controprova concreta della bontà del gioco dei Pacers è poi arrivata nell'occasione più importante dell'anno fino a questo momento, la sfida contro i fantastici Mavericks, ancora imbattuti, che arrivavano ad Indianapolis per fare la storia ed eguagliare il miglior record di inizio stagione di sempre (15-0, detenuto da Washington e Houston).
La gara non ha tradito le attese, una Conseco FieldHouse stracolma ha potuto assistere ad una delle poche partite di stagione regolare giocate con una voglia di vincere quasi pari a quella dei playoffs, e non sono stati delusi: i Pacers hanno dominato la gara giocando “alla Pacers”.
I Mavs sono stati strangolati sul perimetro (38% dal campo e 28% da tre), che in genere è il punto di forza della squadra di Nelson, mentre dall'altro lato la frontline dei texani è stata devastata dalla letale combinazione Miller-O'Neal (complessivamente 44 punti e 23 rimbalzi contro 27 e 14 del duo Bradley-Nowitzki); i Pacers non sono mai stati sotto nel punteggio per più di due punti e hanno invece quasi sempre guidato la gara con vantaggi in doppia cifra, hanno dominato a rimbalzo (54 a 36) e hanno sfruttato al meglio la loro versatilità :
Sei giocatori sono andati in doppia cifra di cui tre sopra ai 20 punti, tutti hanno contribuito in momenti diversi della gara (Artest ha messo i primi 10 della partita, Harrington 15 nel secondo quarto, O'Neal 13 nei minuti finali), Tinsley ha messo 13 punti con ben 15 assist, solo tre palle perse e 7 rimbalzi.
Un raggiante Isiah Thomas a fine gara ha sottolineato che la chiave tattica contro la efficacissima zona dei Mavs di questo inizio di stagione è stata giocare con estrema pazienza e lucidità cercando di andare in post basso con continuità e ribaltando spesso il lato oppure cercando reposts continui quando non si riusciva a trovare uno sbocco ottimale per l'azione; questo ha permesso di trovare tantissimi tiri ad alta percentuale (Harrington ha segnato i suoi primi 7 tiri, Brad Miller i primi 6) e di sfiancare la difesa dei Mavs.
Il coach ha anche avuto parole d'elogio soprattutto per Tinsley, che ha giocato con grande intelligenza pur avendo le c.d. “mani piene” in difesa (Nash lo ha fatto soffrire parecchio, 29 punti): niente di grave, visto che nella metà campo difensiva la partita l'hanno risolta altri; soprattutto il solito, mostruoso Ron Artest (20pts, 11rebs, 7 assists e 3 steals, tanto per gradire), che ha cancellato dalla gara Finley (reduce dal suo career-high contro i Pistons), tenendolo a 16 punti con 7-20 dal campo, e commentando laconico: “Non accettiamo che si faccia la storia contro di noi” .
Nonostante gli elogi che i Pacers si sono meritati finora, e quelli ancor più numerosi che verranno, è importante che la squadra di Thomas mantenga i piedi per terra per non sprecare quanto di buono mostrato finora: il calendario è stato obiettivamente amico in questo inizio di stagione (ad esempio i Mavs erano alla seconda gara di un back-to-back) e verosimilmente arriveranno anche momenti molto più difficili: mano a mano che la posta in gioco si fa più alta il loro gioco spumeggiante potrebbe non durare, e allora sapremo qualcosa di più sulle doti nascoste della squadra, quelle che fanno la differenza.
Per il momento però non possiamo che toglierci il cappello di fronte a Donnie Walsh che ha costruito questa squadra (e secondo molti è il miglior GM a non aver mai ottenuto il titolo di Executive of the Year, questo potrebbe essere l'anno buono) e ad Isiah che sta riuscendo a sfruttarne il potenziale, e potrebbe passare dall'essere il bersaglio di pesanti critiche a qualche prestigioso riconoscimento personale.