Quest'anno si prevede ricco di soddisfazioni per Cuban e i suoi Dallas Mavericks
La tecnica di segnare un canestro in più non basta? Ok, vorra dire che vi faremo segnare un canestro in meno di noi. Questo gioco di parole e la filosofia dei ‘nuovi’ Dallas Mavericks.
Finora avevamo visto una squadra spettacolare, dalla straripante forza offensiva, ma che nella propria meta campo andava in ferie. Ora dimenticatela.
I Mavericks hanno provato ad entrare nella storia come la prima squadra a vincere un anello senza tenere in considerazione la difesa, non ce l’hanno fatta e hanno cambiato registro.
L’anno scorso di questi tempi alla voce punti subiti c’era un bel 101, roba da far impallidire, quest’anno leggerete 87 (5° nella lega), tutta un’altra musica. Dopo l’esordio col solito stile Mavs (119-108 sui Grizzles) solo una squadra ha raggiunto quota 100, i Warriors.
E non si può dire che abbiano incontrato delle squadrette nel loro cammino: Detroit, Portland, Lakers (pur privi di Shaq), Boston e New Jersey (le ultime 2 in trasferta) tanto per citarne alcune.
E il reparto offensivo ha pagato dazio, vi chiederete voi. No! I Mavs sono la secondi con 103 dietro agli Orlando Magic della ritrovata coppia Tmac-Hill.
“ È vero, siamo più attenti in difesa, ma non vi sbagliate – dice Del Harris, l’assistente di Nelson – Guardate squadre come Miami o Denver, costruite con grandi difensori. Sono ancora le peggiori della lega e questo perché per vincere nell’NBA bisogna essere capaci di segnare. Punto. Il nostro piano principale era di concentrarci sul reparto offensivo e poi lavorare su quello difensivo. E il motivo è che giocatori che sono grandi attaccanti possono diventare anche grandi difensori, il contrario non accade mai. E, credetemi, noi abbiamo più potenziale offensivo di quanto voi crediate” (c’è qualcuno che aveva dubbi? n.d.r).
Risultato? Un bell’11-0 in partenza, mai registrato da Dallas nella sua storia. E’ ovvio che siamo solo all’inizio della stagione e bisogna tenere i piedi per terra, ma spiegarlo ai tifosi dei Mavs è impresa ardua.
Ma chi è l’artefice principale della svolta? Nelson? Non proprio. È stato Cuban, il vulcanico (non troppo a dire il vero quest’anno…ma non andatelo a dire!) presidente di Dallas a volere questo cambio di rotta, dopo aver visto la sua squadra affondare per mano di Sacramento negli ultimi PO per aver concesso tanto, troppo in difesa.
115 layup su 207 tiri segnati sono sembrati un’esagerazione anche a lui evidentemente. Così lui e Nellie si sono seduti ad una scrivania ed hanno deciso di intraprendere questa nuova strada, dandole la massima priorità in preseason.
E questa nuova dimensione ha dato alla squadra una solidità mai registrata prima, capace di far superare senza affanni la lunga serie di infortuni che si sono avvicendati finora: Lafrenz, Van Exel, Popeye Jones (che dovrebbe tornare a giorni), Abdul Wahad ed Eschmeyer.
Certo la difesa ha aiutato, ma come al solito ci sono anche i 3 ‘moschettieri’ (Nash, Finley e Nowitzki) che stanno giocando da All-stars. 3 moschettieri al quale sembra esserne aggiunto un altro: Shawn Bradley!
Non fate quelle facce, sto parlando proprio dell’elemento maggiormente contestato a Dallas e vero oggetto misterioso la passata stagione. Quest’anno il lungagnone dei Mavs sembra avere una spinta in più e non sta facendo rimpiangere affatto Lafrenz. 9.5p, 8.3r e 3 stop per gara sono cifre che fanno strabuzzare gli occhi a tutti nell’NBA.
Tutti tranne chi lo ha visto quest’estate recarsi 5 volte alla settimana in sala pesi, lavorare come un ossesso al camp e… dedicarsi allo yoga! Si, le ha proprio provate tutte per dimostrare che alla soglia dei 30 anni non era ancora da buttar via.
“È il giocatore più migliorato dell’NBA finora. Se continua così il premio non può sfuggirgli. Siamo tutti molto orgogliosi di lui” dice Dirk Nowitzki, la star delle star dei Mavs.
“Sto solo cercando di dare il mio contributo, di dimostrare di essere una parte importante del team” spiega il diretto interessato.
E bisogna dire che finora sta facendo la sua parte alla grande. 10p,18r e 3 stop contro la robusta front line dei Blazers, 8p, 11r e 8 stop (!!) contro i Bulls, 6 soli punti e rimbalzi ma autore di una giocata difensiva fondamentale nel finale contro i Cavs (stoppata a Tyrone Hill che ha permesso poi un facile contropiede a Nash per il sorpasso definitivo).
Ecco come il mormone si è guadagnato l’attenzione degli addetti ai lavori e non.
“La mia sola preocupazione è non fare troppi falli perché dalla panchina non può uscire nessuno in questo momento” aggiunge Bradley, che poi dice la sua anche sui rapporti col pubblico, che in più di un’occasione lo aveva fischiato sonoramente “Devo dire la verità , sentire degli applausi e non dei fischi è molto meglio. Io gioco molto meglio se sono convinto dei miei mezzi e riuscire a farti applaudire è la miglior medicina per l’autostima”.
Ma stavamo parlando dei 3 moschettieri… partiamo con Steve Nash, considerato uno dei 3 play più forti della lega. Il candese quest’estate per la prima volta dopo 10 anni ha dato il 2 di picche alla sua nazionale per prepararsi al meglio a questa stagione (e anche perché Cuban quando ha sputo che l’assicurazione era assai bassa ha mosso il suo dito indice da destra a sinistra davanti al naso di Steve) con la sua nuova personal trainer, la paraguaiana Alejandra (un’altra delle tante conquiste che lo hanno incoronato a latin lover della squadra), incontrata l’anno scorso a NY.
Più robusto fisicamente e, se possibile, ancora di più mentalmente. Si, perché se c’è una cosa che a Nash non manca è proprio la carica agonistica, il killer instinct. E la rapidità , cosa che Van Exel diceva di non sapere: “Non credevo corresse così forte, sono molto contento che d’ora in avanti non me lo ritroverò contro!”.
Steve Francise, stella dei Rockets, aggiunge: “Io lo chiamo Nasty Nash, perché con lui non ti puoi mai rilassare. Come abbassi la guardia un secondo lui ti punisce tirando da ogni parte e con qualsiasi equilibrio”.
“È il migliore nel prendere le decisioni in un attimo di tempo. Sa sempre quando è il caso di buttarsi dentro e quando no” dice Frank Johnson di Phoenix.
Insomma, attestati di stima da parte di tutti per questo piccolo grande uomo, dalle cui mani dipendono gran parte dei sogni dei Mavs. Lui ovviamente non si tira indietro e spezza una lancia a favore della nuova mentalità difensiva: “Io voglio vincere un titolo, è l’unica cosa che conta. Sappiamo che per farlo dobbiamo crescere in difesa e ci impegneremo per farlo. È solo un problema di mentalità . Dobbiamo convincerci che ce la possiamo fare. Non è facile, ma non vedo perché non dovremmo farcela Le parole servono a poco in questi casi”.
Come dimenticarci poi di Nowitzky e Finley? Il primo sta rendendo come al solito in avanti e acquisendo una mentalità difensiva in difesa, dove troppo spesso lo si vedeva molle sulle gambe e con poca voglia (anche se di rimbalzi ne prendeva e ne prende a iosa, grazie ad un eccellente senso della posizione), il secondo è il solito crazy man dell’attacco, di quelli che spezzano la difesa in due con un’azione di potenza e agilità o che punisce raddoppi bersagliando dall’arco.
Uno dei primi nella lega per crearsi un tiro da solo e il solo che la mentalità difensiva l’ha sempre avuta (non a caso le guardie più forti erano sempre pane per i suoi denti), motivo per cui è stato considerato incedibile (Chicago aveva fatto più di un’appetitosa avance).
Quasi 22p e 12r per il tedesco, 19p e 7r per Finley: non c’è che dire, 2 buoni motivi per guardare al futuro con ottimismo. Se poi Nowitzki riuscirà davvero a fare il salto di qualità (che lo candiderebbe subito al premio di MVP) e diventare un fattore anche in difesa allora per le altre squadre si mette davvero male. E nulla lascia presagire che non ce la possa fare (ricordate le parole di Del Harris?).
Se poi anche le seconde linee come Najera (grande guerriero), Walt Williams (pochi minuti ma di qualità ), Griffin (altro specialista difensivo) non faranno mai mancare il proprio contributo, con i rientri degli infortunati Van Exel e Lafrenz Dallas potrà cancellare la voce ‘impossibile’ dal suo vocabolario.
Sempre che in quello di Cuban ci sia mai stata una parola simile… voi che ne dite?