Al suo 2° anno NBA, Richard Jefferson è ormai una certezza per i Nets
Nomi e destini si intrecciano in quel di New Jersey,e le coincidenze ora sembrano piuttosto favorevoli. Cinque anni fa i Nets erano un team decisamente diverso e più atipico, capace persino di agguantare una post-season,prima di fare i conti con la “stellina” di Stephon Marbury e quando ancora la catastrofe doveva abbattersi su di loro.
Di quei Nets ricordiamo Sam “I am” Cassell, allora in grande spolvero,Kendall Gill con i suoi alti e bassi, Keith Van Horn senza ancora pesanti etichette e il redivivo Kerry Kittles, di cui torneremo a parlare. E al centro dell’area, un signor pivot, stroncato dall’atroce sfortuna di un paio di allenamento andati storti, quando ancora Shaq non aveva vinto nulla ed era considerato meno invincibile.
Quel Jayson Williams, che non è il giovincello dei Bulls recentemente andato in tripla doppia, né il quasi omonimo Jason (anch’egli numero 55) dei Grizzlies, era all’epoca la più grande attrazione delle “Retine”, ma non nel senso in cui potemmo vederla oggi. Non proprio come Jason Kidd.
Se l’argonauta ora si occupa di pratiche alquanto spettacolari con grande successo, Williams era un uomo così divertente da essersi guadagnato un posto ad un talk-show, per la simpatia generale che riscuoteva ad ogni dopo-partita. Dopo di che, drastica discesa nei bassifondi della Eastern, ad occupare posizioni sgradevoli, in concomitanza con la notizia del ritiro definitivo di Jayson.
Anche per tutti questi fattori, oltre agli evidenti risultati conquistati sul campo,sono da riconoscere i meriti di Byron Scott, che ha riportato la squadra a livelli altissimi non solo rispetto alle precedenti stagioni, ma addirittura rispetto all’era di Doctor J, prima che questi entrasse prepotentemente nella NBA,destinazione Sixers.
Ora più che mai, la corrispondenza New Jersey – Philadelphia appare più consolidata, e lungo quella strada si sono alternate le vicende di altri giocatori,vedi MacCulloch o VanHorn, nel tentativo di costituire un’ amalgama degna di sfidare le corazzate dell’Ovest.
Non che lo stesso Scott non ci abbia provato, ma lo sweep in finale è stato emblematico per constatare lo strapotere della Western,che da quattro anni a questa parte domina la scena.
E allora come non rinforzarsi? Via il “nuovo Larry Bird” Van Horn, cui è stata auspicata una grossa iniezione di self-confidence, via MacCulloch, rispedito ai Sixers senza troppi rimpianti,s ostituiti da un grande pivot di esperienza e carisma che all’Est è ormai una costante, quale Dikembe Mutombo, una power forward di livello proveniente da Boston, vale a dire Rodney Rogers, e l’aggiunta di Chris Childs apparso leggermente “fuori fase” nelle prima sedute, dopo una preparazione in puro stile Oliver “Big O” Miller.
A dire il vero,l’innesto più importante per coach Byron non può che essere il rookie sensation Richard Jefferson, promosso a titolare in pianta stabile dopo un brillante esordio nella stagione passata.
Jefferson sta avendo un buon rendimento con 13 punti e quasi 5 rimbalzi a gara,numeri migliori di quelli dell’anno passato, nonostante i quali le prestazioni del ragazzo rimangono palesemente discontinue, che lo vedono passare da uno 0/7 al tiro e 1 solo punto in 25 minuti, ad uscite da 22 o 28 punti: essendo Jefferson un elemento cardine del sistema dei Nets,con i suoi 30 minuti ad incontro,i miglioramenti da portare a termine riguardano specialmente la costanza e la continuità ,posto che l’atletismo sia la sua dote principale, oltre alla freschezza del suo gioco e della sua mentalità .
I reduci di quella formazione sono soltanto un paio: trattasi del sempre utile Lucious Harris, uomo da 12,2 di media partendo dalla panchina, oltre al già citato Kerry Kittles, guardia titolare da 12,8 punti a sera, ”sopravvissuto” nel vero senso del termine a mille disavventure che ne avevano compromesso la carriera.
La resurrezione di Kittles nel suo ruolo abituale è stata però iniziata da un suo illustre compagno di reparto, il quasi MVP e Mangiafuoco del Circo Volante Jason Kidd, sul quale è stato detto tantissimo in termini encomiastici negli ultimi mesi, anche dopo la sventurata finale del 2002.
E’ infatti questa la sostanziale differenza tra i New Jersey Nets del 97-98 con quelli del 2002: il numero 5 in maglia bianca,il quale ha assunto davvero le vesti di intrattenitore, e non perché stava simpatico ai giornalisti. E’ ormai fisso da qualche tempo nel primo quintetto della Lega, è forse il miglior passatore in assoluto, con tutto il rispetto per Mister “Quindicimila” John Stockton e per gli altri uomini-assist di una certa levatura, leggasi Nash, Payton, Andre Miller, Tinsley e compagnia bella… e in questo inizio di regular season Giasone (così amano chiamarlo Buffa e Tranquillo) ha iniziato a tirare di più, sfruttando a pieno il proprio potenziale in attacco, parzialmente limitato nella scorsa stagione, tanto che ora sta viaggiando in prossimità della tripla doppia di media, con 21 punti, più di 9 assist,e 7,5 rimbalzi a incontro.
Tutti sappiamo che non arriverà mai alla tripla doppia di media, nonostante ciò è un quesito che sarebbe addirittura sciocco porsi, visto che questo giocatore, ora come non mai, gioca per la squadra, non curandosi troppo delle statistiche. E il feeling con il pubblico pare eccezionale,mai dai tempi di Erving ci si era divertiti così tanto.
Per riprendere ancora una volta Tranquillo e Buffa “a New Jersey hanno incominciato a sognare quando Joumana ha alzato il telefono…”
Sarebbe tuttavia ingiusto esaltare esclusivamente i meriti della stella ex Dallas e Phoenix; sono diversi i giocatori ad aver contribuito attivamente alla metamorfosi dei “cugini” dei derelitti Knicks.
Le Retine sono di nuovo infuocate, a testimonianza del fatto che l’ultima, trionfale, stagione non è stata frutto di semplici casualità , ma è anzi ripetibile se non addirittura migliorabile.
Certo, i Nets si trovano ad Est e la concorrenza non appare eccessivamente proibitiva, ma il clima è sempre positivo, l’ambiente è chiaramente condizionato da una mentalità vincente, frutto anche del recente bilancio che parla di un convincente 8-3, frutto di 3 sole sconfitte contro gli inarrestabili Mavericks, i sorprendenti Bulls e i rispettabili Bucks, due dirette rivali.
Per quanto riguarda invece le vittorie, qualche signore di nostra conoscenza è stato costretto, suo malgrado, a ridimensionare le proprie ambizioni di inizio stagione andando a cozzare con fragore contro i ragazzi del Flying Cyrcus. E’ toccato a Garnett con i suoi Wolves, agli Spurs di Duncan, e ancora a Pacers, Wizards, Heat… dunque non solo Giasone per Byron Scott.
Kenyon Martin ha ancora un conto in sospeso con il proprio passato,passato nei playground a balbettare subendo angherie,per essere uno yellow-boy un po’ imbranato. Legittimo dunque lo sfogo di “Gran Kenyon”,che pare non essersi ancora concluso.
Il nostro sta viaggiando a cifre inferiori rispetto all’anno scorso, ma il suo ruolo è comunque fondamentale: può contare su grande aggressività e forza fisica, che lo portano ad essere buon rimbalzista ed atleta superbo, l’ideale per chiudere con una schiacciata i contropiedi nati ed orchestrati dal suo play preferito, che, nel caso non si fosse capito, è sempre quel tale con il numero 5.
E tra i beneficiari di Giasone figura anche Kittles,che nelle azioni in velocità ha imparato ad adattarsi perfettamente al gioco del suo leader,sfruttando al massimo il proprio potenziale offensivo. Kerry è momentaneamente il terzo marcatore della squadra, dopo Kidd e Jefferson, elemento importante ma non troppo indicativo delle infinite opzioni d’attacco dei nets.
Non scordiamoci di Aaron Williams, classico giocatore atipico che può alternarsi in posizione di 4 o di 5, non trascuriamo neppure Rodney Rogers, un giocatore di grande impatto che sa rendersi molto utile alla squadra. In sostanza colui che sta deludendo maggiormente le aspettative è Mutombo, anche se l’importanza del suo impiego è volta senza discussioni ad un’eventuale finale contro i Lakers, ragion per cui può permettersi di convivere con statistiche insolitamente basse per lui.
Certo,la sua difesa rappresenta un tassello essenziale per i nuovi Nets, anche se gli 8 punti e appena 7 rimbalzi a sera sembrano numeri fin troppo bassi per il colosso africano,abituato alla doppia cifra quanto meno nei rimbalzi,una sua prerogativa da più di un decennio. Ma sulla carta New Jersey si è, se possibile, rinforzata.
Altri nomi interessanti sono quelli del ventiquattrenne pivot Jason Collins,al suo secondo anno, che nei suoi 14 minuti a incontro ha il compito di far rifiatare Mutombo, per altro senza sfigurare; inoltre il roster comprende anche il rookie Tamar Slay, i primo anno Brandon Armstrong e Brian Scalabrine (quello che assomiglia al cantante dei Simply Red), senza contare l’incognita Feick.
Il vecchio Jamie non ha purtroppo avuto modo di farsi conoscere e apprezzare nei suoi 5 anni di NBA,la sua grande efficacia a rimbalzo si è limitata a 6 sole partite nel 2001, e anche la sua stessa carriera è stata costellata di infortuni, tuttavia è notoria la sua cattiveria sotto i tabelloni, altra aggiunta che non potrebbe che fare comodo a Kidd e compagni nell’ottica di una nuova finale, ma Feick è ancora in injured list.
E le dirette antagoniste nella Eastern sono tutte alla portata dei Nets, l’esperienza degli ultimi play off li pone su un piano decisamente superiore rispetto alle varie Philadelphia, Indiana, Boston, Detroit, Toronto, New Orleans: a prescindere dalle giocate dei singoli che possono cambiare delle serie, New Jersey può disporre di un nucleo affiatato e di un solido spirito di squadra,molto utile per confrontarsi con teams dalle più svariate caratteristiche, anche se il discorso cambierà notevolmente sulla distanza di 5 o 7 partite.
Ad ogni modo, anche se nei play off la compagine di Scott non dovesse fare una brutta strada sarebbe comunque un traguardo prestigioso: basti pensare che 5 anni fa, assieme a Cassell e Jayson Williams, c’erano ancora David Benoit, Michael Cage e Yinka Dare…