Coach Carlisle ha dato una identità ai Pistons
La premiata ditta Carlisle-Dumars è poco pubblicizzata quanto efficace;
Detroit forte della incredibile stagione 2001-2 ha preso coraggio e durante la off-season il roster è stato leggermente modificato, ritoccando in positivo il potenziale, gli uomini “faro” sono rimasti (Robinson,Curry,Barry,Wallace) e al posto del rispettato (ma poco amato tutto sommato) Stackhouse è arrivato “Rip” Hamilton.
Dumars è riuscito a mettere sotto contratto Billups, un giocatore per cui la gente non perde la testa, uno che non farà mai la gioia dei puristi come play ma ragazzo tenace, capace di eseguire scrupolosamente i dettami del coach, difendere forte ed esplodere occasionalmente come top scorer.
L'ex Wolves è arrivato nella città dei motori per cercare la definitiva consacrazione, lusingato dalle attenzioni che gli hanno riservato i Pistons e ben consapevole di poter ottimamente figurare nel “sistema” ingegnato da coach Carlisle.
Il backcourt composto da Hamilton e Billups è di sicuro molto versatile, capace di garantire punti,difesa e un rendimento solido ed affidabile. Curry è uno delle guide della squadra, in spogliatoio è una vera istituzione e la sua difesa è vitale per i meccanismi di squadra, Michael è molto importante per i giovani, cui dedica intere sessioni di allenamento “personalizzate” per insegnare loro l'arte di “passare” sopra i blocchi avversari e della vera difesa nel pianeta NBA.
Il titolare in ala piccola è lui senza discussioni, tuttavia la sua scarsa pericolosità offensiva (Bowen al confronto sembra un tiratore) e qualche piccolo acciacco spesso ne limitano il minutaggio, ma nel suo caso, basta la parola anzi la presenza.
In ala forte opera Ben Wallace uomo di una grinta e di una esplosività atletica con pochi uguali e con una delle peggiori mani di tutti i tempi ai tiri liberi; cosa che spesso lo emargina dall'attacco, ma grazie a difesa, gioco duro e rimbalzi nessuno è in grado di sostiuirlo nel cuore della zona pitturata.
Ben è amato dai tifosi più di tutti i suoi colleghi ed in effetti rappresenta nel modo migliore lo spirito battagliero e generoso della squadra che non sarà la più profonda della lega ma che quanto a cuore ed orgoglio è senza dubbio la prima della pista.
Con l'infortunio di Reid (fuori per la intera stagione?) il titolare in centro è diventato d'ufficio Rebraca che si sposa bene con le caratteristiche del team, magari spreca qualche goccia di sudore in meno dei compagni ma la sua mano educata lo rende un arma tattica notevole aldilà delle cifre che il pivot ex-Benetton riesce ad accumulare.
La panchina è composta dai giocatori più in sintonia con coach e tifosi, li guida il vulcanico Barry, rimpianto a Sacramento ed ora nuovo idolo per la Motown; il fratello di Brent infatti spesso sbaglia qualche tiro ma si getta senza paura sul parquet per cercare di recuperare ogni pallone come se fosse l'ultimo della carriera ed inoltre spesso ha il “vizietto” di infilare la bomba decisiva all'interno di un parziale, in una parola: indomabile!
Barry è talmente calato nel suo ruolo di specialista da aver disegnato personalmente il logo di una t-shirt che lui e i suoi compagni del “pino” indossano per scaramanzia durante il riscaldamento prepartita, non c'è che dire, davvero l'uomo giusto al posto giusto.
Il primo cambio dei lunghi ed uno dei segreti di pulcinella del coach è il redivivo Cliff Robinson, veterano di lungo corso che insieme a Barry e Curry forma il “gran consiglio” della squadra, il suo gioco dentro-fuori è micidiale per ogni difesa e consente di creare spazio per la batteria dei tiratori, uno con le sue caratteristiche non lo si trova tutti i giorni (vero Phoenix?), Carslile sembra essere stato l'unico a ricordarsene.
Atkins con l'arrivo di Billups è diventato il play di riserva ma grazie al suo tiro ed alla buona capacità di spingere il contropiede è già stato schierato anche come numero 2 tattico per qualche minuto, non a caso è uno dei preferiti da Dumars, considerato anche il rapporto spesa-rendimento.
Ultimo, ma non ultimo il sesto uomo della stagione passata il buon Williamson che ha il grande merito di sfruttare al massimo le sue doti di realizzatore e di rimbalzista (grazie al suo oramai leggendario posteriore) consentendo ai colleghi di reparto di spendere meno energie e di favorire Wallace che spesso con lui in campo gode di maggiore spazio ed incide di più su ogni partita.
Williamson in molti casi è sul campo nei momenti caldi della partita se c'è da recuperare qualche punto o se la partita è particolarmente combattuta; tuttavia se c'è da difendere un vantaggio il coach non esita a chiedere il contributo di Curry che appena in campo gira l'intensità difensiva non di una ma di due giri di vite.
Del roster fanno parte anche il turco Okur che ha mostrato sin dall'inizio mano rotonda e buona capacità di corsa per un ala-pivot ma che deve ancora pagare il naturale processo di ambientamento dei giovani europei.
Dal Draft è arrivato a Detroit anche Prince, magro quanto tecnico deve riuscire a sfatare le voci che vogliono il suo coach come un “anti rookie” dopo l'inopinata figuraccia di White l'anno scorso; doveva essere l'erede di Big Dog Robinson ma in pratica non ha visto palla per tutta la stagione.
La punta di diamante del team è naturalmente Hamilton, esterno con mano educata ed un piccolo unicum della lega ; è l'unico infatti che preferisce concludere un contropiede con un tiro in sospensione invece che con una tonante schiacciata (che pure ha in faretra), ed inoltre è uno dei pochi nel suo ruolo in grado di mettere in mostra un invidiabile gioco dalla media, quasi del tutto dimenticato dai suoi colleghi, purtroppo.
L'uomo che fa girare come un orologio svizzero la squadra è il buon Carslile, uomo di poche parole ma molto cortese, disponibile a discutere gli schemi con i giocatori e sopratutto un allenatore moderno, attento alle esigenze di marketing del team (con Dumars ha raddoppiato le vendite del merchandising)e in primis un maestro nel far rendere al meglio il potenziale tecnico ed umano che gli viene messo a disposizione (e scusate se è poco).
Osservare una partita dei Pistons è veramente particolare; a differenza delle altre franchigie il gioco si sviluppa in modo armonico senza che un giocatore prevalga sull'altro, gli aiuti difensivi sono quasi allo stato dell'arte per rapidità ed efficacia, ogni canestro incassato e generalmente davvero “sudato” da ogni avversario.
Detroit è team operaio senza dubbio, nei finali “tirati” spesso si esalta ed è una delle squadre più allenabili (o meglio allenata?) di tutta la NBA, una piccola isola felice dove i giocatori hanno tutti la possibilità di conquistare minuti se ci mettono cuore,la voglia di vincere.
Gli isolamenti per i migliori attaccanti sono davvero rari, Billups e “Rip” tirano appena più degli altri ma con percentuali nettamente migliori che nelle loro vecchie squadre, Carslile plasma la sua difesa in base ad ogni avversario e quintetti “insoliti” per mettere in crisi gli avversari con lui sono una cosa abituale.
Pur partendo bene il team possiede ampi margine di miglioramento come dimostra la sconfitta con Dallas dove per la prima volta da diversi mesi c'è stato un piccolo black-out, ma in fondo è cosa normale in una stagione da 82 partite.
La finale è l'obbiettivo di tutto l'ambiente perchè di sicuro questo sarà l'ultimo anno in cui tutti i senatori giocheranno insieme, questo per poter aspirare a mettere sotto contratto gente più giovane l'anno prossimo, un ritornello comune a molte squadre, ma quante possono contare sullo spirito di corpo e la grinta di questi qui?