Prime partite, primi patemi

É raro vedere coach O'Brien arrabbiato, ma questa settimana ne ha di motivi per esserlo…

Chicago Bulls @ Boston Celtics 99-96
Boston Celtics @ Washington Wizards 69-114

Prima settimana di campionato: due partite, due sconfitte.

Non poteva partire in modo peggiore la stagione per i Celtics, con due brucianti sconfitte, anche se per motivi diversi: nella prima gara Boston è stata in vantaggio per buona parte della partita, poi non ha saputo controbattere al ritorno dei Bulls verso la fine del terzo quarto. Nella seconda gara i Celtics non hanno mai dato la sensazione di poter portare a casa il match. Storie diverse col medesimo risultato finale.

Se si vuole ricercare un filo conduttore, ritengo probabile che la bruciante sconfitta contro i Bulls, proprio perché inaspettata, possa aver avuto un’ ”onda lunga” nella partita successiva, ma cercare di trovare una motivazione per la peggiore sconfitta dei Boston Celtics della sua storia, ogni sforzo può risultare vano.

4.349 partite, e mai nella sua storia ha subito un passivo di ben 45 punti. Il precedente record resisteva dal 4 gennaio 1977, e contro Portland il passivo è stato di “soli” 44 punti. È ovvio che il problema non sta tutto in questo unico punto di differenza, perché già  dall’inizio dell’ultimo quarto i Celtics hanno tirato i remi in barca, e quindi perdere di 35 o di 45 punti è ininfluente.

Se proprio si vuole cercare qualcosa che può essere di conforto, anche i Lakers hanno subito due sconfitte consecutive, tenendo però conto che gli avversari erano di ben altro spessore, e come non notare la sconfitta di San Antonio per mano dei Golden State Warriors.

Il detto dice: “mal comune, mezzo gaudio”, ma se il male non c’è, sarebbe meglio, quindi cancelliamo dalla mente idee strane, come “non si faranno i play-off”, “tutta colpa dello scambio dell’estate”, “l’anno scorso è stato un fuoco di paglia”, perché, al momento, sono del tutto fuori luogo.

Al momento attuale motivazioni per buttarsi la croce addosso non ce ne sono, le partite di stagione regolare sono 82 e c’è tutto il tempo per recuperare. Chi è solito salire sul carro del vincitore, e difatti i Celtics, nonostante la sconfitta alla finale di Conference, l’anno scorso sono stati dei “vincitori”, farebbe bene a scendere dal carro dei Celtics, perché i tifosi Celtici non si esaltano in modo spropositato in caso di vittoria e non si straziano di dolore in caso di sconfitta, ma in quest’ultimo caso analizzano con calma le motivazioni e ne traggono utili spunti per il futuro, cosa che andremo ad analizzare adesso.

Ci sono molti elementi comuni nelle sconfitte, ma uno di questi è più importante rispetto agli altri: la differenza nei rimbalzi. –10 contro i Bulls e –28 contro i Wizards sono differenze inaccettabili, ma scavando ancora di più si nota che, mentre le squadre avversarie hanno avuto 7 ed 8 giocatori che hanno preso almeno 1 rimbalzo offensivo, nei Celtics solo quattro giocatori hanno avuto almeno 1 rimbalzo offensivo contro i Bulls e solo tre giocatori contro i Wizards.

È ovvio quindi capire che manca l’aggressività  necessaria per attaccare il canestro avversario anche in caso di errore del compagno. È relativamente facile prendere rimbalzi nella propria metà  campo, le cose invece diventano difficili quando bisogna lottare per prendere il rimbalzo del tiro sbagliato del compagno di squadra, bisogna avere tempismo, voglia di arrivare e di fare, cosa che temo manchi ai Celtics in questo brevissimo scorcio di stagione.

In questo contesto è piacevole vedere che l’unico giocatore che ha avuto almeno un rimbalzo offensivo in tutte e due le gare è stato il già  contestatissimo ed odiatissimo Vin Baker, con 2 rimbalzi nella prima gara e ben 5 nella seconda.

Eclatante la percentuale dal campo nella seconda gara, con un imbarazzante 29,6%, ma anche per questo motivo mi sento di dire che sarebbe opportuno cancellare questa gara dalla mente, far finta che non sia mai stata giocata, perché una partita così molto difficilmente sarà  rigiocata quest’anno.

Peccato, perché nella gara contro i Bulls le percentuali sono state soddisfacenti, con un discreto 46,8%, con prestazioni buone di Paul Pierce, 11 su 22, Tony Battie, 4 su 5, ma soprattutto Tony Delk, 8 su 9 dal campo, 4 su 4 da tre e 5 rimbalzi, conditi con 3 assist e 23 punti. Che poi sia stato Antoine Walker a tentare l’ultimo tiro da tre per cercare di portare la gara ai supplementari e non Tony Delk, ci sarebbe qualcosa su cui riflettere, ma il buon ‘Toine ha la scorza del duro, purtroppo per lui questo inizio di stagione non è stato brillante, per usare un eufemismo. Il 5 su 23 e 5 su 16 non sono cifre che si vorrebbero vedere, e sono solo una parziale consolazione la doppia doppia della prima gara ed è mancato solo un rimbalzo per ottenerne un’altra nella seconda gara.

Di Pierce tanto si può dire di bene nella prima gara, anche se è mancato un po’ d’incisività  nel finale, ed altrettanto si può dire di male nella seconda gara, con uno scadente 3 su 16, anche se i rimbalzi e gli assist sono ben presenti in tutte e due le serate.

Mano caldissima di Tony Battie, con un 7 su 8 complessivo, e bene anche Eric Williams.

I due ex di Seattle non hanno esaltato, persi nelle brutte prestazioni complessive della squadra, anche se i già  citati 5 rimbalzi offensivi a Washington di Baker non passano inosservati.

Ora parola a Paul Pierce: “non c’è bisogno di generare panico proprio adesso, la strada è ancora lunga. Non è una gara di velocità , è più una maratona, sfortunatamente siamo usciti dal cancello dello stadio un po’ lentamente, ma contiamo di migliorarci e recuperare il tempo perso”. Concordo perfettamente con le sue parole, la squadra ha il diritto di ritrovare la propria identità  con la tranquillità  che è necessaria. Poi ha dichiarato ad un giornalista: “se inizi a farti prendere dal panico così presto nella stagione, non andrai da nessuna parte”.

Antoine Walker, Jim O’Brien e Red Auerbach hanno discusso sulla strategia da prendere per uscire da quest’inizio stentato. Subito dopo Auerbach ha dichiarato: “sono cose che capitano, poteva accadere qui o da qualunque altra parte. Che differenza fa perdere di 5 o di 40 punti?”.

Nel frattempo Kedrick Brown prosegue nella sua riabilitazione e dovrebbe tornare nella gara contro Chicago del 6 novembre. Non è stato messo nella lista infortunati perché non ce n’è bisogno, visto che il roster attuale è di dodici giocatori e la lista infortunati è utile solo per roster con più di dodici giocatori. Per questo motivo, nonostante l’infortunio, Kedrick può tornare a giocare quando è pronto, senza aspettare le canoniche 5 partite di stop.

Circola insistente la voce che Kenny Anderson, scambiato a Seattle, è già  stanco di fare il secondo a Gary Payton e vorrebbe uscire dal contratto con i Sonics, indicando come sua prima destinazione proprio Boston. I Celtics hanno già  precisato che non sono interessati, vedremo se ci saranno sviluppi.

Per la prossima settimana gli appuntamenti sono:
sabato notte a New York;
mercoledì a Chicago;
giovedì a Boston contro i Lakers.

Molto importante, a mio avviso, la partita contro New York: una squadra debole a causa dei problemi d’infortuni e di spogliatoio è l’ideale per ritrovare fiducia nei propri mezzi. Quindi c’è subito la possibilità  di vendicare la sconfitta nella gara d’apertura a Chicago e poi la classicissima Celtics-Lakers, trasmessa alla TV nazionale, dove ci si potrà  divertire molto, specialmente se le precedenti partite saranno state vinte.

Sarebbe auspicabile ottenere un bilancio positivo questa settimana, ed i Celtics hanno tutte le carte in regola per riuscirci.

A risentirci fra 8 giorni.

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