Derrick Coleman, una delle tante “teste calde” in quel di Philadelphia…
Certo che guardandosi indietro l'allenatore Larry Brown ed il General Manager Billy King non potranno mai accusarsi di non averci provato.
Infatti appena terminata la trionfale stagione 2000/01, coincisa con lo storico ritorno alla finale NBA, i due si sono rimboccati le maniche per cercare di migliorare un organico già competitivo, ma evidentemente non abbastanza per arrivare in cima alla vetta.
Allora i Sixers erano una squadra prettamente difensiva, metodica, precisa nell'eseguire gli schemi col solo Iverson capace di inventare e di essere costante terminale offensivo, attorno a lui il duttile Snow, il sesto uomo McKie, i guerrieri Linch e Hill ed il totem Mutombo giravano come perfetti ingranaggi di un meccanismo rodato, ma evidentemente incapace di compiere il passo decisivo.
Nella sua carriera coach Brown aveva spesso dato prova di non temere di "buttarsi" in scambi e rivoluzioni all'interno dell'organico, ma il presidente Croce aveva sempre mitigato i suoi istinti riportandolo a più miti propositi e ricucendo eventuali strappi tra lui e la squadra; però, una volta partito il buon Pat, Larry ha potuto dare largo sfogo ai suoi propositi.
La pecca più evidente sembrava essere la scarsa pericolosità offensiva e la mancanza di terminali che potessero alleggerire i compiti di Allen I, ecco dunque partire Hill, Linch, McCulloch, Jumaine Jones, McLeod, Traylor e
Moiso (questi ultimi due di passaggio) mentre Geiger era costretto al ritiro da persistenti guai fisici, ed arrivare al loro posto Coleman (cavallo di ritorno mai rimpianto), Harpring, Vontegoo Cummings, Cedric Henderson (poi ceduto), Alvin Jones e Dalambert (entrambi dal draft) oltre al recupero definitivo dell'infortunato Claxton.
Nei piani del management i nuovi Sixers sarebbero stati più imprevedibili ed equilibrati in attacco rinunciando magari ad un pizzico di cattiveria difensiva con dietro Mutombo (e Coleman) a fare da deterrente nell'area colorata e Harpring sguinzagliato sugli esterni.
Purtroppo però la stagione appena conclusa non è stata molto proficua a causa dei tanti problemi che hanno attanagliato Phila: dagli infortuni di Iverson, McKie e Mutombo, alla scarsa amalgama del gruppo, dai dissapori tra l'allenatore ed Iverson, passando dalla brutta stagione di alcuni elementi fino alla rocambolesca eliminazione dai play-off per mano di Boston in cinque infuocate sfide.
Certo, la stagione è stata infelice, ma considerate le varie attenuanti pareva logico a tutti congelare ogni giudizio e fornire una nuova chance al gruppo per dimostrare il proprio valore. I segnali positivi non erano mancati: l'ottimo reinserimento di un Coleman che sembrava finalmente maturato, la grinta e la forza di Harpring che fornivano pericolosità perimetrale al gioco e la capacità del team di mantenere alta l'intensità malgrado la defezione di alcuni "guerrieri".
Ma così non l'ha pensata il duo Brown-King e si è dato quindi nuovamente fuoco alle polveri in una nuova girandola di scambi che ha mutato di nuovo assetto e prospettive dei 76ers.
Via Mutombo colpevole di non essere più quella presenza determinante in area a cui appigliarsi, via Harpring non rifirmato poiché ritenuto poco funzionale al gioco della squadra (e forse carattere troppo forte in uno spogliatoio dove regna Re Iverson), via Raja Bell che ha preferito gli Euro del Tau Vitoria ai dollari NBA, via Cummings non rifirmato e via Claxton scambiato nella convinzione di riavere l'altro figliol prodigo Larry Hughes poi accasatosi ai Wizards condannando il GM King al pubblico ludibrio.
Al loro posto sono arrivati:
il pivot Todd McCulloch, tornato nella città dell'amore fraterno dopo che l'anno prima era stato lasciato partire perché furono ritenute troppo alte le sue richieste economiche,
l'ala Keith Van Horn, realizzatore bianco scelto da Phila cinque anni addietro, ma mandato subito ai Nets per Tim Thomas,
Greg Buckner, esterno difensivo molto duttile firmato tra i giocatori liberi, l'ala Monty Williams,
il veterano Mark Bryant,
il giovane Brian Skinner atteso ai livelli di qualche anno fa ai Clippers,
e gli ultimi arrivi di
William Avery play che a Minnesota ha fallito, ma ai tempi di Duke era ritenuto talento come Brand e Battier,
ed Art Long lungo tignoso lo scorso anno ai Kings.
Stante così le cose oggi il quintetto di coach Brown vedrebbe Snow, Iverson, Van Horn, Coleman e McCulloch con il sesto uomo McKie e Buckner a cambiare gli esterni, Avery a coprire Snow (occhio che hanno impressionato in molti i suoi provini in estate!), Williams, Skinner e Long (con Bryant se non verrà tagliato) a lottare sotto le plance ed il duo Jones-Dalambert a coprire le spalle del pivot.
Tutta da decifrare la posizione di uomini come Sam Clancy, ala di buon talento, ma da vedere se sarà capace di riciclarsi nel ruolo di 3, Randy Halcomb atleta da urlo, ma forse ancora tecnicamente limitato per il gioco Pro ed Efthimios Rentzias ala-pivot scelto sei anni fa da Denver, ma rimasto in Europa e solo ora decisosi al grande salto.
Sulle loro chance indagherà lo staff tecnico durante il Training Camp e solo allora sapremo se potranno coronare il legittimo sogno di NBA.
I nuovi Sixers hanno un quintetto molto interessante, magari non molto equilibrato, ma dotato di molte soluzioni offensive, dal tiro di Van Horn alla duttilità degli interni con Coleman e McCulloch dotati di mano educata, dall'intelligenza di Snow ai punti immediati di McKie, senza scordare un certo numero 3.
Le note dolenti potrebbero arrivare dalla tenuta difensiva di un gruppo che non annovera grossi difensori, dalla mancanza di un rimbalzista del calibro di Mutombo e dalla generale "apatia" di un roster che pare essere un po' "soft"; se al tutto aggiungiamo una panca senza molte risorse (anche se in piena costruzione, quindi potremo attenderci eventuali novità ) e la ormai storica "turbolenza" di uno spogliatoio in cui i litigi sono sempre dietro l'angolo (Van Horn già si sentiva deluso e "minacciato" dai rimproveri di Martin, figuriamoci come si sentirà sotto eventuali attacchi, molto più espliciti, di Iverson!!) ed i rapporti tra la stella e l'allenatore sempre in bilico (considerando poi le vicende estive di Allen con la legge che non hanno fatto molto piacere al management).
Certo le mie considerazioni lasciano forse il tempo che trovano, magari mentre leggerete queste righe molte mie parole saranno state vanificate da qualche mossa o scambio a sorpresa che rimescolerà le carte in tavola, ma ad oggi Philadelphia ha messo su un gruppo molto interessante che potrebbe ritornare ai vertici della Eastern Conference grazie ad un gioco offensivo molto vario e veloce che unito ad una serie di miss-match difficili da decifrare, potrebbe consentire ai 76ers di essere scomodo cliente per tutti, ma anche tracimare sotto i colpi dei dissidi interni o soccombere sistematicamente sotto plance o nella propria metà campo contro formazioni più toste e "quadrate".
Molto comunque dipenderà dal clima nello spogliatoio e dal gioco che il maestro Brown saprà cucire addosso alla propria squadra, ma ad oggi non scommetterei contro i Sixers nemmeno un dollaro.