Ozzie Smith, probabilmente uno dei più grandi difensori della storia del baseball.
Siamo abituati a sentir pronunciare queste parole dagli allenatori dell'NBA, a sottolineare come solo dall'applicazione difensiva possano scaturire le vittorie più importanti.
Anche nel football NFL il discorso è simile, perché come si suol dire “l'attacco vende i biglietti ma la difesa vince le partite”.
Inutile poi sottolineare come nell'hockey NHL uno dei ruoli, se non “il” ruolo fondamentale sia quello del portiere, in armonia con la trapattoniana legge del “primo non prenderle”.
Nel baseball MLB i gesti più celebrati sono sicuramente battute valide, home-run e strikeout, ma per un team che volesse veramente fare strada nei playoff il positivo rendimento della difesa è decisivo.
Quanti ottimi pitcher hanno visto un errore della propria difesa vanificare il duro lavoro di un'intera gara, e quante volte un'indecisione di squadra ha riaperto sfide che sembravano già chiuse.
Per saper difendere con efficacia nella MLB, e nel baseball in generale, servono diverse caratteristiche, fisiche, atletiche ma soprattutto mentali.
Cominciando dal ruolo del catcher bisogna innanzitutto sottolineare come questo giocatore sia a tutti gli effetti un assistente del manager in campo, una sorta di “longa manu” del coach che “accompagna” il pitcher sul monte (con il quale forma la cosiddetta “batteria”) e lo consiglia nella scelta dei lanci.
Dal punto di vista tecnico un buon catcher difensivo dovrà avere ovviamente ottime mani, per evitare le rischiose “passed ball” e cercare di limitare i danni dei “wild pitch” del lanciatore; poi dovrà essere sempre molto attento nel bloccare le palline fuori controllo “in the dirt” quando ci sono corridori sulle basi che potrebbero avanzare su una sua indecisone.
Dovrà , a questo proposito, essere dotato di un grande braccio e di un lancio sicuro e preciso per cercare di cogliere i corridori che tentano la rubata, ed infine avrà l'arduo compito di difendere il piatto nei lanci a casa base, gestendo con timing le assistenze degli esterni e trovando il guizzo giusto per il tag.
Attualmente il catcher più spettacolare in fase difensiva è probabilmente Ivan Rodriguez, gran braccio e strepitosa visione globale del gioco, ma non bisogna dimenticare gli specialisti come Mike Matheny, un'impresa rubare contro di lui, Brad Ausmus, un solo errore in stagione, e Bengie Molina, grande esecutore insieme ai due fratelli José e Yadier dell'astuzia di avvicinare alla zona di strike il guanto sui lanci appena larghi.
Passando agli interni il ruolo sicuramente più delicato è quello di short-stop, e non a caso molti dei più grandi difensori della storia ricoprivano tale ruolo (Ozzie Smith su tutti).
Vero e proprio “regista” tra gli interni, l'interbase deve essere dotato di un grande braccio per tirare in prima base e soprattutto di un'agilità notevole per poter tentare out anche in precarie condizoni di equilibrio.
Importante anche che abbia un ampio “range” (il raggio d'azione) per dare sicurezza ai compagni, e che sappia sempre con una frazione d'anticipo cosa fare: uomo in prima e rimbalzante = doppio gioco, basi piene e grounder = force out a casa base, situazione di possibile bunt = posizione interna e così via.
Al momento sono diversi i grandi difensori in questo ruolo, chi più dedito allo spettacolo, Jack Wilson e Cesar Izturis, chi più attento alla concretezza, Derek Jeter e David Eckstein.
Ma probabilmente ancora oggi, dopo quasi due decadi di MLB, il miglior shortstop in fase difensiva è Omar Vizquel, titolare ad agosto 2005 della miglior percentuale dell'intera MLB.
Tutti noi lo ricordiamo nella sua lunga esperienza con i Cleveland Indians, in cui diede vita ad una delle accoppiate più sensazionali degli ultimi 30 anni con Roberto Alomar, seconda base con doti di copertura altrettanto uniche.
Proprio legato alle imprese dei due veterani è il discorso sull'intesa che deve esistere tra short-stop e seconda base, altro ruolo fondamentale sul diamante.
Molti double-play passanno proprio per le mani di queste due posizioni, obbligando i giocatori ad una perfetta sincronizzazione e ad un automatismo nei movimenti pressoché infallibile.
Un ottimo seconda base deve poi essere molto attento al corridore in prima base, perché spetta a lui ricevere il tiro del catcher sulla rubata; richiesta anche molta rapidità nel tag e grande esplosività nel particolare tiro in salto, necessario per “girare” un doppio gioco con il corridore che scivola aggressivo per romperlo.
Come del resto per l'interbase, è gradita la presenza di spirito sui cut-off (Jeter docet); migliori esponenti nel ruolo al momento Luis Castillo, Adam Kennedy, Mark Grudzialanek ed Orlando Hudson.
Ruolo spesso poco celebrato ma di grande difficoltà è quello del terza base, “padrone” del lato sinistro del diamante e vitale soprattutto per i pitcher mancini.
Prima dote per un buon terza base sicuramente quella del braccio, forte e preciso nei lanci che sono tra i più lunghi ai quali un interno sia chiamato.
Altro requisiti fondamentale è quello dell'agilità e del riflesso, indispensabile sui “laser” che sfilano paralleli alla linea di foul e che, se lasciati passare, aprono le porte ad un extra-base.
Utile al perfetto svolgimento del ruolo anche una sicura presa “barehand”, a mano nuda, in tutti i casi di chopper o di bunt che restano corti sul diamante.
Inutile dire che al momento il “re” del ruolo è Scott Rolen, pluri Gold Golve Winner ed autore di alcune gemme quali i famosi “vintage double-play” (gioco forzato in terza e tiro in prima ad eliminare il battitore praticamente in un unico movimento).
Ottimi in fase difensiva anche Alex Rodriguez (un ex-interbase) ed Hank Blalock.
Ruolo molto differente dagli altri interni è quello di prima base, che solo nella difesa delle linee si avvicina a quello di terza.
Per il resto il ruolo è probabilmente quello che vede i propri esponenti maggiormente sollecitati durante una partita, perché circa la metà degli out passano dal suo guanto.
Grande presa sulla pallina, elasticità di muscoli e freschezza atletica sono doti necessarie per raccogliere i tiri dei compagni (anche quelli più inguardabili) senza staccare il piede dal cuscino.
Coinvolto nei pick-off ed in alcuni double-play, il prima base deve saper gestire anche le palle “sporche” che spesso creano scompiglio tra i difensori, come pop molto alti e drag bunt.
Darin Erstad, Todd Helton, Derrek Lee ma anche il fenomeno Albert Pujols sono alcuni dei prima base più affidabili.
Per completare il reparto interni un discorso particolare merita il ruolo del pitcher, che pur non potendosi propriamente definire tale è molto spesso chiamato i causa come i compagni.
Prima di tutto per la sua incolumità il lanciatore deve possedere un veloce tempo di uscita dal movimento del lancio, simile a quello dei tennisti all'uscita dal servizio, per essere pronto su eventuali linee rapide o lente rimbalzanti che attraversano il monte.
Un pitcher affidabile in questo senso condiziona anche il gioco degli interni, che possono in tal caso giocare aperti coprendo più campo senza dover difendere in maniera esasperata il “buco” in corrispondenza della seconda base.
Altro compito del pitcher è quello di coprire il cuscino di casa base sulle assistenze in situazione punto, per impedire che un tiro sbagliato possa produrre conseguenze irreparabili (pallina nel dogout per esempio).
Tra i vincitori di Gold Gove ricordiamo il grande Greg Maddux, l'irrequieto Kenny Rogers ed il jolly Mike Hampton, uno dei pitcher più completi delle Majors anche in fase offensiva.
Caratteristiche molto diverse invece sono quelle che devono possedere gli esterni, tra cui spicca sicuramente il ruolo di “center field”.
Ultimo anello della spina dorsale di una difesa, insieme a catcher ed interbase, l'esterno centro può definirsi il “responsabile” del reparto, colui che deve dirigere i movimenti dei compagni ed amministrare le questioni più intricate.
Velocità , scatto, visione globale di campo e pallina, senso della posizione ed agilità sono solo alcune delle caratteristiche che fanno di questo ruolo il più spettacolare sul diamante.
Non bisogna dimenticare che il raggio d'azione dell'esterno centro è in assoluto il più ampio, ed è delimitato da recinzioni che solo da qualche anno non sono più pericolose per la sua incolumità .
Questo ha permesso ai più temerari tra gli esponenti del ruolo di esibirsi in prese sensazionali, che spesso hanno letteralmente “derubato” di un fuoricampo i battitori.
Torii Hunter, non a caso soprannominato “Spider Man”, e Jim Edmonds sono tra i migliori al momento, ma anche il leader di HR stagionale Andruw Jones è al loro livello.
Dote non proprio comune a tutti gli esterni è quella del braccio, che però può risultare decisiva in caso di volata di sacrificio o di extra-base.
Solitamente, ma non è una regola, gli esterni dal tiro “cannone” non sono i più agili e quindi vengono dirottati in campo destro o sinistro; si pensi a Brian Jordan, Carlos Lee, Vladimir Guerrero.
Non c'è però una formula sempre valida, perché troviamo giocatori anche poco possenti fisicamente autori comunque di grandi assitenze (Ichiro, Mark Kotsay, Corey Patterson).
Ultima categoria di esterni quella dei giocatori poco appariscenti ma che svolgono con applicazione e precisione il proprio compito, senza cercare di strafare e commettendo dunque pochi errori.
Non li vedrete tuffarsi in voli plastici per effettuare un out, ma di giocatori come Shawn Green, Trot Nixon e Larry Walker potete fidarvi.
C'è chi invece, a dispetto di capacità e doti offensive da MVP, non brilla certo per attidudine difensiva, anche se ovviamente stiamo parlando di eccellenza.
Citiamo un giocatore per reparto: Mike Piazza, Alfonso Soriano e Manny Ramirez.
Ma forse anche loro sanno che “defense is the only way”.