Kei Kamara e Ryan Giggs nel match vinto dai Wizards sul MUFC per 2-1
I due Manchester, lo United di Sir Alex Ferguson ed il City di Roberto Mancini, hanno assaporato nella giornata domenicale due pesanti sconfitte sul suolo americano ad opera di due team della Major League Soccer.
Ok, sbaragliamo il campo da convenevoli stupidi nessuno venga a dire che ora i Kansas City Wizards, ora i NY Red Bulls, in una teorica “borsa” valgono più dei sopracitati club della Premier League. Le ragioni sono molteplici intanto la condizione atletica differente, due formazioni a metà della loro stagione contro altre da pochi giorni al lavoro per una nuova. E poi le tante assenze fra giocatori ancora indisponibili perchè reduci da fatiche mondiali, o perchè ancora oggetto di trattative di mercato ancora da definirsi.
Highlights – Kansas City Wizards vs. Manchester United 2-1
Highlights – NY Red Bulls vs. Manchester City 2-1
Eppure vedere il team di Peter Vermes, uno dei più controversi della lega per un rendimento discontinuo ed una fragilità emotiva oltre che tecnica, battere i Red Devils seppur in formazione di seconde linee qualcosa potrebbe significare. Un successo maturato con oltre una frazione di gioco disputata in inferiorità numerica per l'espulsione di Conrad che ha generato il rigore del provvisorio pari di Berbatov.
E principalmente che ben oltre una voglia di ben figurare al cospetto delle più blasonate compagini, il “soccer” americano sta imparando ad interpretare queste partite non come esibizioni di sparring partners ed occasioni per registrare attendence eguali a quelli del locale football o del baseball.
Via quindi le emozioni, pur sempre presenti, ed al fischio d'inizio si gioca ad armi pari o quasi. E se poi l'illustre avversario – come già successo – in numerose gare di questa estate sottovaluta gli american boys tanto meglio.
Quel che però più personalmente mi ha sorpreso, e penso soprattutto alla gara dei Red Bulls contro i Citizens, è la personalità della squadra. Insomma, non vi era l'ansia di figurare o peggio di sfigurare, ne tanto meno il dilemma di giocare contro un quotato avversario, ma sotto ritmo.
Ed invece, seppur tra qualche sconfitta – e tenendo ben presente anche i risultati nell'Interliga – viene da pensare che i team americani abbiano acquisito una maggiore voglia di confrontarsi ad armi pari con le formazioni europee, messicane o sudamericane.
Insomma un nuovo segnale che il soccer cresce, e può ulteriormente progredire attraverso il confronto sul campo con avversari di ogni latitudine, anche al dispetto di diverse risorse economiche e di esperienza internazionale. Sarà questa l'alba di una “nuova frontiera”?