Il caso Palmeiro sta scuotendo la MLB
I Baltimore Orioles lo consideravano come uno dei veterani più affidabili e rispettati dell'intera MLB, perché Rafael Palmeiro, il cubano di Mississipi State, era considerato uno dei giocatori da sicura Hall of Fame uno volta appesa la mazza al fatidico chiodo.
Invece è bastato il devastante terremoto innescato dall'ultima composizione letteraria di Josè Canseco per scatenare intorno allo passatempo preferito dagli americani una quantomai salutare caccia alle streghe nei confronti di uno sport che per almeno un decennio ha scritto record su record con l'aiuto della Balco.
Sembrava non bastare la morte di Ken Caminiti per scuotere le coscienze dei giocatori e nemmeno i sospetti che molti paventavano su numeri e statistiche a dir poco sorprendenti che alcuni giocatori mettevano a referto alla fine di ogni stagione, vincente o perdente che fosse.
Ora sembra arrivato il momento della verità , perché sul diamante si vedono sempre meno bestioni e sempre più giocatori “normali”, soprattutto nel box di battuta, e non servono le lamentele di alcune stelle sull'accanimento che i media americani hanno scatenato dopo il caso Balco e la benzina gettata da Canseco su un mondo che nessuno osava almeno contestare.
Palmeiro è apparso due volte davanti alla commissione che sta giudicando i casi sospetti dopo che le analisi lo avevano beccato con le mani nel sacco. La prima volta ha detto di non aver mai fatto uso di sostanze dopanti, mentre nella seconda ha dichiarato di “non escludere” la possibilità di somministrazione.
Pensate, gli Orioles, in piena crisi tecnica e di risultati, avevano deciso di celebrare a metà agosto la grandezza del loro prima base (3000 valide e 500 fuoricampo) con un “celebration game” visto come una sorta di entrata ufficiale nella Hall of Fame del baseball. Ora nessuno lo dice ma dopo la sospensione per 10 gare inflitta dalla MLB al giocatore cubano nessuno a Baltimore sa cosa fare o come comportarsi con i tifosi.
Sarebbe onesto dire la verità , anche quella riguardante il passato: pensiamo a come la MLB riuscì a riprendersi dopo il famigerato “lock out”, quando Sammy Sosa e Mark McGuire misero in scena lo spettacolare ed appassionante “Home Run Derby” che appassionò il pubblico per l'intera stagione, riempiendo nuovamente i Ball Park dopo lo sgarbo di uno sciopero senza senso.
Vinse McGuire con 70 fuori campo in 155 partite, Sosa si fermò a 63, ma dopo quella stagione (ma anche prima.) il rendimento di McGuire cominciò a calare visibilmente fino al ritiro perché il fisico non reggeva più.
Fu lì forse che si sarebbe dovuto pensare meno allo spettacolo e più alla salute dei protagonisti, invece i giocatori erano sempre più grossi, le battute erano più potenti e gli ingaggi continuavano a salire soprattutto per gli specialisti della battuta. Berry Bonds, detentore del numero di fuoricampo in una singola stagione (73.), potrebbe essere il maggior imputato di questo spettacolo costoso per la salute: grande battitore in carriera, uomo franchigia di San Francisco, collezionista di Gold Glove (MVP divisionali) e di MVP stagionali dell'intera MLB, ma sempre perseguitato per alcuni atteggiamenti con la stampa che, appena il suo nome è stato accostato alla Balco, la società che ha avuto sotto la sua ala i più grandi atleti dell'atletica americana alla voce “integratori” (per non dire DOPING.), si è scatenata contro il numero 25 dei Giants mettendo in dubbio tutti i suoi successi delle ultime stagioni.
I prossimi mesi saranno forse decisivi per il mondo dello sport americano, chiamato a smascherare al più presto quegli atleti che per superare i migliori hanno fatto uso di sostanze che con il baseball e la passione dei tifosi hanno ben poco a che fare.