Focus: le statistiche MLB

La crisi dei Cincinnati Reds passa anche dalla pericolosa attrazione per i double play di Sean Casey

Si parla sempre molto dei migliori fuoricampisti della lega, oppure dei lanciatori che hanno ottenuto più vittorie mantenendo una bassa media ERA, ma nell'affascinante mondo delle Majors sono tante le piccole varianti che possono condizionare una stagione, come tante sono le statistiche meno “nobili” che però possono risultare determinanti in una regular season.

Se infatti il leader attuale di tutta la MLb per media battuta è l'esterno dei Marlins Miguel Cabrera, che con il suo .355 ha appena scavalcato l'incontrastato dominatore di inizio stagione Derrek Lee, il giocatore che arriva più spesso in base è un altro: stiamo parlando di Jason Giambi, prima base dei New York Yankees che sta attraversando un ottimo momento di forma e che nonostante una media battuta inferiore al .300 (.289) riesce ad ottenere un elevato numero di basi ball (64 in 91 partite) proprio in virtù di una dote molto importante, l'ottima visione dei lanci.

Da sottolineare poi che la potenza dello slugger dei Bronx Bombers permette all'ex MVP di arrivare in base salvo anche quando una sua hard hit ball, una rimbalzante molto potente, coglie impreparati e quindi in errore gli interni avversari; ed ovviamente tutto questo non fa che alzare la sua media di arrivo in base, attualmente di .450 .

Se il raggiungimento della prima base per una squadra può essere fondamentale tanto quanto una battuta valida, deleterio forse più di una innocua battuta interna può essere uno strikeout subito, soprattutto con uomini sulle basi.

Chi è dunque il momentaneo leader della classifica dei battitori meno pazienti della MLB?

A comandare la graduatoria dei K subiti c'è al momento l'esterno dei Reds Adam Dunn, battitore di grande potenza e slugger per eccellenza della sua formazione, il classico uomo da extra-bases.

La costante ricerca dell'HR o comunque dello swing potente lo ha portato in questa stagione, e non solo, ad essere sempre molto aggressivo al piatto, girando spesso tutte le fastball interne (il suo lancio preferito) che i pitcher avversari gli proponevano. Risultato: 117 strikeout in 109 partite disputate ed una media di poco superiore al .250 , prezzo da pagare per risultare comunque il secondo miglior fuoricampista della lega con 33 HR.

Filosoficamente distante dallo strikeout ma molto simile per entità  di danno procurato ad una formazione è il doppio gioco innescato, la statistica che negli USA viene definita con la sigla “GIDP”, grounded into double play, gioco assolutamente spezzagambe quando un inning cominciato al meglio termina con un sanguinoso nulla di fatto.

Molto spesso l'abilità  di evitare la morbida rimbalzante facile preda degli interni sta proprio nel saper selezionare i lanci scartando quelli molto bassi e quelli con parabole discendenti (curve, splitfinger, sinker), a meno di riuscire nel difficile “spoon contact”, e cercando invece di incontrare con tempismo lanci più veloci ed alti nella zona di strike.

In vetta alla non certo lusinghiera classifica di double play innescati c'è Sean Casey, anch'egli dei Cincinnati Reds, il che spiega in parte l'ennesima stagione negativa della squadra che fu di Pete Rose; un uomo solo al comando, perché dopo le sue 24 “gemme” bisogna scendere a 18 per trovare il runner-up.

Probabilmente il problema di Casey potrebbe essere quello di una stance in battuta troppo aperta che rallenta leggermente il suo swing, oppure la sua avversione verso i lanci bassi; ed è proprio questo il prossimo dato da analizzare: la capacità  di un pitcher di generare ground ball quando c'è bisogno di un doppio gioco.

Ed a conferma di quanto sopra descritto due dei primi tre pitcher per numero di ground-out innescati sono dei maestri della sinker, la palla che si affossa (to sink) in prossimità  del piatto di casa base; ci riferiamo a Brandon Webb, emergente pitcher degli Arizona D-Backs e a Derek Lowe, mister Gara-4 delle World Series 2004 ora in California con i Dodgers.

Tra i lanciatori che invece ottengono più out con prese al volo troviamo quei pitcher che possiedono ottimi change-up (Moyer, Radke) in grado di mandare fuori tempo i battitori costringendoli spesso a dei pop, oppure quei giocatori dotati di curve con grandi parabole che partono molto alte per finire, spesso lentamente (slow hook), al centro del piatto: maestri in questo sono Barry Zito, Eric Milton e Mark Buehrle, e molto spesso i K messi a segno da questi lanciatori arrivano proprio da strike looking.

Collegato in parte al discorso velocità  di lancio c'è anche la statistica dei corridori colti rubando, in cui non poteva che primeggiare “The Big Unit” Randy Johnson, il quale sia per la potenza dei suoi lanci, sia per la rapidità  del movimento (ma anche per l'ottimo braccio del catcher Jorge Posada) ha pizzicato nel tentativo di avanzare di una base ben 11 corridori avversari.
Secondo in graduatoria un altro power pitcher, il focoso Carlos Zambrano dei Cubs.

La differenza tra lanciatore di potenza e finesse pitcher si nota soprattutto nel numero di lanci per inning, numero che ci può indicare quanto un lanciatore preferisca lavorare sui fili i battitori fronteggiati oppure scegliere una tattica più aggressiva.

In questo caso troviamo ai primi posti molti cosiddetti “strike pitcher”, ovvero quei lanciatori che puntano al K e si fidano molto dei propri lanci “outstanding” (Pedro Martinez, Chris Carpenter); ma il migliore in assoluto è un altro tipo di pitcher, un lancatore atipico: Carlos Silva.

Il partente dei Minnesota Twins infatti, dotato di una fastball nella media intorno alle 90 miglia e di un discreto cambio di velocità , ottiene solo 3 strikeout sui 9 inning, puntando molto sul controllo (praticamente un evento vedergli concedere una base-ball) e sulla capacità  di mandare fuoritempo i battitori avversari con il suo caricamento.

Chi invece realizza la situazione opposta, ovvero manda in tilt i pitcher avversari, è Shea Hillenbrand; il prima base dei Toronto Blue Jays comanda infatti la classifica dei battitori più colpiti con ben 20 palline “assassine” ricevute, davanti alla coppia Giambi-Delgado con 15.

Una spiegazione tecnica, che va oltre la possibile ma improbabile antipatia nei confronti di questi giocatori da parte dei lanciatori delle Majors, si può individuare nella loro posizione in battuta, abbastanza chiusa e molto vicina al piatto (Giambi e Delgado amano i lanci interni a differenza di quelli esterni ed alti che possono invece creare loro difficoltà ); in più aggiungiamo che la corporatura di questi slugger non è certo esile e la loro notevole massa può sicuramente rappresentare un più facile “bersaglio” per i lanci dal monte rispetto a quella di un folletto scattante come Chone Figgins, che probabilmente riuscirebbe a schivare un proiettile in perfetto stile “Matrix”.

Molto veloce è anche il protagonista dell'ultima statistica in esame, quella delle battute di sacrificio effettuate.

Spesso chiesto ai partenti della National League costretti a battere ma non sempre all'altezza della situazione, il bunt di sacrificio (push bunt, eseguito per permettere ai propri compagni sulle basi di avanzare) si può definire una vera e propria arte.

Maestri in questa specialità  sono, soprattutto in questa stagione, Luis Castillo (mortifero anche nei drag bunt, ovvero le battute smorzate a sorpresa per “rubare” una valida) ed Omar Vizquel, dotato di tecnica sopraffina in questa particolare specialità .

Perché le partite, e addirittura i titoli, si vincono anche con la famigerata “small ball” : chiedere ai Marlins del 2003…

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