Dal basso: Carlos Bocanegra, Gooch Onyewu e Benny Feilhaber, tre dei protagonisti del torneo
Per gli USA è il giorno dopo, quello del risveglio dal sogno, e la mente deve già andare alla Gold Cup in cui la Nazionale a stelle e strisce (seppur con un team B) scenderà in campo tra pochissimi giorni. E certo passare da Spagna e Brasile alle Grenadine non sarà facile in termini di concentrazione.
Tornando con la mente alla finale di ieri sera, innanzitutto niente da reclamare sul risultato. Il Brasile era ed è chiaramente troppo forte per gli USA, e nel secondo tempo lo ha dimostrato nella maniera più completa. Tre gol fatti, uno annullato, numerose occasioni, 59% di possesso palla e 31 tiri in porta contro 9. Troppo hanno retto i ragazzi di Bob Bradley. Bradley del quale siamo sempre dei critici, ma che certamente ha meritato di guidare questa Nazionale ai prossimi Mondiali sudafricani.
In realtà non molti davano peso a questo torneo, a partire da noi. Ricordiamo le critiche alla scelta di Bradley di puntare tutto sulla Gold Cup 2007 - e di conseguenza fare una figuraccia in Copa America che iniziava subito dopo, cui fu inviata un team "sperimentale" - per vincerla e poter partecipare alla Confederations Cup, considerata essenziale in funzione Mondiale. Ma - a differenza delle edizioni precedenti - il torneo di quest'anno ha avuto sicuramente un'attenzione superiore alle attese, forse anche grazie alla contemporanea presenza di Brasile, delle spettacolari Furie Rosse (sostenute anche dall'onda del Barà§a vittorioso in Champions) e degli Azzurri campioni del mondo. E, ex post, possiamo dire che ha avuto ragione Bradley, e che la botta di credibilità subita in quella Copa America è stata pienamente recuperate. Certo, gli americani ricorderanno quest'edizioni molto più a lungo dei brasiliani, assai più abituati a vincere.
Dal punto di vista tattico il match degli americani di ieri ha rispettato le attese. In campo con un lineare 4-4-2, grande forma fisica (imprescindibile, a meno che non sei il Brasile o la Spagna), gli 8 di difesa e centrocampo hanno ripetuto per 45' l'ottimo lavoro fatto a Bloemfontein contro la Spagna. La coppia d'attacco Altidore-Davies ha poi fatto l'ottimo lavoro di tenere preoccupata la linea difensiva brasiliana. Situazione assai più utile rispetto a mettere 10 uomini tutti dietro al pallone. E il gol in un contropiede da cineteca con triangolo Donovan-Davies-Donovan è stato sicuramente il momento più alto della serata. Sui gol brasiliani poco da fare, se non forse imparare a marcare in maniera più arcigna, e fare in modo di mettere un uomo su entrambi i pali quando c'è un corner!
Tra i limiti del gruppo di Bradley sicuramente la scarsa ampiezza, in termini tecnici, della rosa. Quando si partecipa a tornei del genere servono 23 giocatori di livelli, non basta averne 11 o 15. E infatti perdere Michael Bradley è stato decisivo, con tutto il rispetto per il bravo Benny Feilhaber, che sicuramente può ancora crescere (ma non lo potrà fare certo nel campionato danese). Non solo: se si pensa al livello delle sostituzioni compiute da Bradley – dentro i due del Chivas USA Jonathan Bornstein e Sacha Klejstan, e il pesante Conor Casey del Colorado Rapids, ma con un passato in Germania - allora si capiscono molte cose. Comuqnue, finché anche gli USA non produrranno un Kakà o un Robinho (o basterebbe anche un Diego), gente capace di cambiare la partita da soli (e al momento non se ne vedono) gli USA dovranno continuare a puntare tutto su gruppo, tattica e preparazione fisica (ma su questa non conoscono eguali).
Andando a guardare i singoli, c'è da spellarsi le mani per il torneo della coppia centrale formata da Oguchi Onyewu e Jay DeMerit (incluso dalla BBC nel Top 11 della Confederations insieme a Michael Bradley). Ma l'intera difesa - superata la botta dei primi due match - è stata ottima. E alle spalle dei titolari ci sono difensori d'esperienza quali Danny Califf (gioca coi danesi del Midtjylland), Frankie Simek (Sheffield Wednesday), Jimmy Conrad (Kansas City Wizards) e Steve Cherundolo (Hannover '96) assente solo perché infortunato, e che quando gioca riporta Jonathan Spector al suo ruolo naturale in mezzo. Nomi buoni per i prossimi 2/4 anni, considerando anche che una difesa di livello è al base di ogni successo. Su portieri poi la tranquillità è massima: Tim Howard ha vinto il premio "Guanto d'oro" del torneo; dietro di lui ci sono la promessa Brad Guzan, che fa la riserva al 37enne ma sempre in gran forma connazionale Brad Friedel all'Aston Villa; Marcus Hanemann, 36 anni ma ancora a ottimi livella (dal prossimo anno al Wolverhampton Wanderers); Luis Robles, 25 anni, che sta andando bene col Kaiserslautern in Germania; e persino il "vecchietto" Kasey Keller, ancora in gran forma coi Seattle Sounders della MLS. E due nomi per il futuro: Chris Seitz, 22enne del Real Salt Lake, grande fisico e mezzi, deve però trovare una squadra che creda in lui; Dominic Cervi, 23enne con passaporto italiano, da poco ingaggiato dal Celtic Glasgow.
Confederations Cup 2009 – Highlights
Anche a centrocampo gli USA sono tranquilli. Detto di Michael Bradley e Benny Feilhaber, Clint Dempsey (che però spesso al Fulham gioca davanti) ha vinto il Pallone di bronzo del torneo, e già dice tutto. Landon Donovan finalmente è stato scoperto da tutti. La novità è Ricardo Clark, che deve però calmarsi e raffinarsi, ma certo è un cagnaccio e ha anche un bel tiro. Sta poi arrivando il rinforzo super dallo Schalke 04 a partire da ottobre. Si tratta di Jermaine Jones, uno dei migliori centrocampisti difensivi della Bundesliga. E ci sarà poi sicuramente spazio per Jose Francisco Torres del Pachuca. Non dimentichiamo Maurice Edu, assente per infortunio, affermatosi quest'anno col Rangers Glasgow, e presto al rientro, e Danny Szetela, che al Brescia ha fatto vedere qualcosa di buono e che aspettiamo in Serie A l'anno prossimo se si avvererà qualche voce di mercato che lo riguarda. Rimangono l'enigma Freddy Adu (appena tornato al Benfica) e Sascha Kljestan, eclissatosi dopo un anno super chiusosi a gennaio, quando è saltato il suo trasferimento al Celtic Glasgow, cosa che l'ha probabilmente depresso. Che sarà infine DaMarcus Beasley (Rangers Glasgow), potrà deciderlo solo lui: è ormai l'ombra del giocatore che qualche anno fa stupì molti con la maglia del PSV.
È in avanti invece che qulche preoccupazione c'è. Jozy Altidore ha iniziato a dare soddisfazione a quanti credono in lui da quando lo hanno visto esordire a 16 coi New York Red Bulls, e si spera che quest'anno il Villareal gli troverà spazio (magari accanto al “connazionale” Giuseppe Rossi) invece di spedirlo in Segunda Division. Accanto a lui Charlie Davies si è probabilmente conquistato fan in giro per l'Europa, e siamo sicuri che presto abbandonerà l'Hammarby e la Svezia per piazze più importanti. Dietro di loro però il nulla o quasi. Conor Casey è quello che si è visto: tanta potenza e poco altro. Ci sono poi nomi classici che da anni girano in Nazionale: l'hawaiano Brian Ching (Houston), Kenny Cooper, bravo con Dallas ma che a Bradley piace poco, Eddie Johnson, che sta tornando al Fulham dopo la mediocre esperienza al Cardiff. E niente più. Troppo poco.
Comunque, per quanto la tristezza in questo momento pervada il cuore di giocatori e tifosi americani, è giusto alzare la testa per la soddisfazione di quanto ottenuto, riconosciuto persino dagli inglesi, di solito assai scettici nei confronti del calcio USA: "Gli USA ora sono una squadra molto, molto pericolosa" (la BBC commentando il match di ieri). Anche perché battere nettamente i campioni d'Europa e andarci vicino con questo grande Brasile non può essere solo un episodio.
Ma mentre la testa già vola ail Mondiali, è tempo prima di gustarsi Gold Cup - dove vedremo tante facce nuove - e gli ultimo match di qualificazione, dove si dovrà evitare di ripetere la figuraccia fatta in Costarica. Altrimenti i critici in servizio permanente effettivo torneranno fuori dalle tane immediatamente.
Diamo intanto il benvenuto agli Stati Uniti d'America nel calcio che conta. Questo conta.