USA vs. Brasile: la finale

Landon Donovan e André Santos nel match della fase a gironi

La finale che nessuno si aspettava. Ma non certo per il Brasile - ovvio favorito - ma per la presenza degli Stati Uniti del criticatissimo (fino ad oggi) CT Bob Bradley al posto della spagna Campione d'Europa (eliminata dagli americani in semifinale) e dell'Italia campione del mondo. Si giocherà  a Johannesburg, calcio d'inizio alle 20.30, arbitrerà  lo svedese Hansson e sarà  l'atto finale di una Confederations Cup comunque interessante e utile per chiarirsi le idee in vista dei Mondiali 2010.

Questa Confederations Cup per gli USA sembrava iniziata sotto un cattivo auspicio, con il 3-1 subito dall'Italia, e mentre il mondo celebrava l'Egitto capace di far tremare il Brasile e battere i campioni del mondo (mentre i pentacampeao ne facevano 3 agli stati uniti), ecco gli USA che realizzano il colpaccio: 3-0 ai «faraoni» in contemporanea al 3-0 del Brasile all'Italia e semifinale, in cui gli USA realizzano un capolavoro tattico, dimostrandosi superiori anche fisicamente, contro la Spagna. Un 2-0 ai campioni d'Europa che non perdevano da 35 partite.

E adesso gli USA ci credono e dicono: «Yes, We Can». «Non abbiamo mai vinto una competizione importante. Vogliamo farlo domani, sarebbe incredibile per noi poter riuscire ad alzare la coppa», ha dichiarato il CT americano Bradley, che domani dovrà  fare a meno del figlio, squalificato. «Un vero peccato, ma sono cose che fanno crescere», ha aggiunto. «Noi siamo qui come vincitori del torneo della Gold Cup – ha detto Bradley, il ct americano dagli occhi di ghiaccio -. L'espressione yes we can coniata da Obama può funzionare anche per noi. In ogni caso questa finale sarà  per noi un salto di qualità ». Sicuramente sarà  comunque il punto più alto della 94enne storia del soccer, com'è chiamato il calcio in America.

Dal punto di vista tattico, il Brasile anche stasera - come già  nelle qualificazioni Mondiali e nella Confederations Cup, dovrebbe presentarsi con un 4-2-3-1, con Julio Cesar in porta, due finti terzini ma vere ali quali Maicon a destra e André Santos a sinistra, e il duo Lucio - Luisao centrali. Davanti la difesa Gilberto Silva con poco più avanti il viola Felipe Melo. Ramires (affare del Benfica, che lo ha preso da poco per €7,5 milioni) o Elano a destra, Kakà  centrale, e Robinho a sinistra, con Luis Fabiano punta unica. I brasiliani lo descrivono come una sorta di diamante, visto che tale sembra sulla carta. L'aspetto tattico particolare è relativo a al ruolo di Robinho spostato a sinistra per evitare di calpestarsi con Kakà  e Luis Fabiano (in dubbio per la febbre). Con lui spostato quasi a centrocampo il Brasile di Dunga sembra attuare uno schieramento da catenaccio anni '70 ma in versione d'attacco ovviamente (questione di predisposizione naturale), con il colored del Manchester City e Ramires (vero tornante moderno) ad inserirsi a turno col salire di due terzini arrembanti quali Maicon e André Santos.

Il 4-2-3-1 è però assai differente da quello europeo, che deriva dal classico 4-4-2, mentre quello verdeoro dal bellissimo (ma che non diede risultati) 4-2-2-2 dei Mondiali 1982 con Falcao e Cerezo playmaker bassi dietro Zico e Socrates, passando per il successivo 3-5-2 proposto da Sebastiao Lazaroni a Italia '90, e il 4-2-2-2 dei Mondiali 1994 con l'attuale CT Dunga accanto a Mauro Silva dietro al duo Zinho (che oggi allena negli USA il Miami FC della USL 1st Division) e Mazinho a fare da trequartisti, con Bebeto e Romario davanti. L'evoluzione brasiliana ha visto l'arretramento di un attaccante verso sinistra e lo spostamento di un trequartista più sul lato - e nel caso di Ramires anche più avanti. Ed ecco la differenza rispetto ad un team europeo: mentre il Brasile mette un Robinho largo, tendenzialmente, un'Italia o altre nazionali mettono un'ala o addirittura un centrocampista in più, con compiti difensivi che invece un Robinho in questo torneo non ha mai avuto. Il che potrebbe essere un problema di fronte ad un terzino destro d'attacco alla Maicon, ma - anche per l'altissimo livello tecnico della squadra - il meccanismo sembra funzionare meglio. Certo, l'attaccante largo che taglia all'interno mentre sale un terzino è abbastanza di moda oggi. Basti pensare a Lionel Messi e a Dani Alves nel Barà§a o a Andrei Arshavin e Aleksandr Anyukov con la Russia, fino a - per fare un esempio italiano - a Maurito Zarate e Aleksandar Kolarov nella Lazio di Delio Rossi. Ma il Brasile…


18/6/2009 – Brasile vs. USA 3-0

Come bloccare tatticamente questo Brasile (tecnicamente, se al top, è probabilmente impossibile)? Ci vorrebbe un terzino destro super capace di imbarazzare Robinho e costringere quindi Melo a seguirlo scoprendo il centrocampo. Oppure un qualcosa tipo lo schieramento predisposto da Guus Hiddink quando il Chelsea ha giocato a Barcellona, con tre centrocampisti bassi a rispondere colpo su colpo tenendo coperta la squadra (è l'anticalcio però, secondo noi).

Questa forse sarebbe potuta essere la formula ideal per il CT Bob Bradley, che si è però visto togliere il suo centrocampista migliore, Michael Bradley, da un cartellino rosso eccessivo contro la Spagna. Gli USA dovrebbero quindi schierarsi con Howard in porta, Spector a destra, Onyewu e DeMerit centrali e Bocanegra sulla sinistra. Centrocampo a quattro classico con Dempsey a destra, Clark basso a mordere le caviglie di Kakà , e che ben si è comportato sin'ora a parte l'espulsione rimediata con l'Italia. Qui iniziano i dubbi, perché mancando Bradley è possibile che suo padre schieri DaMarcus Beasley sulla sinistra - o altrimenti Feilhaber (che sarà  emozionatissimo, essendo nato a Rio de Janeiro e tifosissimo del Botafogo) che contiene meglio ed è apparso più in forma – e Donovan trequartista (ma con la spagna lo abbiamo visto spesso tornare a difendere fino in area), con l'accoppiata Altidore e Davies a cercare di dare profondità  e ad evitare agli USA di rimanere schiacciati.

Sulla carta - ovviamente - non c'è partita, anche se il Brasile arriva da una semifinale poco convincente e vinta in extremis contro il Sudafrica e i suoi giocatori sono reduci da 7 partite in 23 giorni (incluse qualificazioni mondiali). Ma per battere gli USA ai brasiliani servirà  una prestazione attenta e assai migliore dell'ultima . Comunque la Seleà§à£o si affida al suo infinito talento e ai numeri (14 vittorie in 15 scontri diretti), ma c'è sempre lì a preoccupare la semifinale di Gold Cup giocata a Los Angeles il 10 febbraio 1998 e vinta dagli USA 1-0 con gol di Pedrag “Preki” Radosavljevic (e 35 parate super di Kasey Keller). Era certo un Brasile diverso da quello che Mario Zagallo avrebbe portato in finale al mondiale francese, ma certo fu una sorpresa per tutti. Meglio quindi per i brasiliani tenere a mente il 3-0 della fase a gironi con gol di Felipe Melo, Robinho e Maicon. Ma dopo aver visto Spagna vs. USA"

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