Di Strikes e Lockouts

Cal Ripken Jr: il salvatore del baseball?

Tra le maggiori leghe professionistiche nord americane attualmente attive, la NHL"

Correggo.
Tra le maggiori leghe professionistiche nord americane attive fino allo scorso anno,la NHL è anagraficamente più giovane soltanto rispetto alla National League e all'American League di baseball.
Quando i Boston Red Sox si aggiudicarono l'ultima World Series dell'era Ruth nel 1918, NBA e NFL non esistevano ancora. La NHL c'era ma, quando lo scorso ottobre le Calze Rosse si sono scrollate di dosso la ottuagenaria maledizione che li perseguitava dalla fine del primo conflitto mondiale, il campionato che assegna la coppa di Lord Stanley compiva i primi passi verso la cancellazione senza precedenti.

No, qualche precedente le leghe più vecchie ce lo propongono: la nascita di una lega di giocatori, lo sciopero di una squadra sola, uno sciopero a inizio stagione, uno a metà  e uno alla fine, che ha significato la mancata assegnazione del titolo di campione del mondo.
Più un coronario di scioperi e serrate durante gli spring training, un astensione dal lavoro di due giorni e una minaccia sventata con un accordo dell'ultima ora.

Reserve Clause e Players League
Procediamo con ordine.
Nel 1880 la National League istituì le reserve clause, che in pratica legava i giocatori a vita con le squadre che li mettevano sotto contratto.
La clausola, nata al fine di porre freno alla pratica diffusa di saltare da una squadra all'altra nel mezzo di una stagione, doveva servire anche come detrimento per tutte quelle leghe rivali che, alla fine del XIX secolo, spuntavano come funghi.
Tra gli effetti della reserve clause ci fu la nascita della Brotherhood of Baseball Players, la prima associazione dei giocatori, che sarebbe poi sfociata nella istituzione della Players League.
Il tentativo di creare una lega dei giocatori, voce che ha interessato i locked-out dell'hockey nelle settimane passate, dopo un inizio promettente, non durò oltre la stagione d'esordio (1890).

Tigri inferocite
Il primo sciopero di giocatori di Major League si registra nel 1912.
A incrociare le braccia fu l'intera compagine dei Detroit Tigers, che intendeva mostrare il dissenso nei confronti della squalifica di 10 giorni inflitta a Ty Cobb.
The Georgia Peach aveva assalito un "tifoso" che dagli spalti l'aveva insultato senza posa e il presidente dell'American League aveva inflitto la sanzione.
Lo stesso Ban Johnson aveva poi minacciato i Tigers di multe e radiazione in caso di mancata disputa della successiva partita, così gli Athletics di Philadelphia si trovarono ad affrontare i coach di Detroit, insieme a qualche ex della squadra del Michigan e alcuni semi-pro reclutati in extremis.

Strike one
Bisogna attendere il 1972 per il primo sciopero generale dei giocatori.

Gli antefatti.
La reserve clause era ancora vigente e i proprietari, che avevano promesso di rivedere la clausola, non erano stati di parola; nel 1966 Marvin Miller era stato assunto quale primo direttore a tempo pieno della Major League Baseball Players Association e aveva eliminato l'impronta paternalistica del rapporto proprietari-giocatori, instaurando una relazione di antagonismo; Curt Flood, ottimo esterno dei Cardinals, aveva tentato un primo attacco, per vie legali, alla reserve clause, ma la Corte Suprema aveva deciso contro di lui; per questioni di salario gli arbitri si erano rifiutati di officiare le prime gare del 1971.

In questo scenario i giocatori chiedevano, dal nuovo contratto collettivo che doveva sostituire quello scaduto, un maggiore investimento da parte dei proprietari nei fondi pensionistici, e di essere resi partecipi delle prolificati entrate derivanti dai diritti TV e radio.

I giocatori si mostrarono compatti al momento di decidere la propria strategia, votando, con un inequivocabile 663 a 10 a favore dello sciopero.
Sul fronte opposto la crescente pressione dei network radio-televisivi spense sul nascere l'idea dei proprietari di iniziare la stagione con dei replacement players.

Lo sciopero, iniziato alla fine di marzo, si protrasse per un paio di settimane. Gli owners uscirono sconfitti: si riprese a giocare quando essi acconsentirono a versare circa un milione di dollari in più nelle casse previdenziali dei giocatori; il minimo salariale fu quasi raddoppiato e gli introiti delle partite cancellate nelle settimane di protesta (6-9 gare per squadra), stimati attorno ai 5 milioni, erano irrimediabilmente andati in fumo.
L'unica parziale vittoria dei proprietari, la mancata revisione della reserve clause, non durò a lungo.

I casi di Hunter, McNally e Messersmith, riuscirono laddove aveva fallito Curt Flood, sancendo la nascita della Free Agency, materia che fu causa di un lock-out (1976) e di uno sciopero (1980): in entrambe le situazioni si persero soltanto pochi giorni di spring-training.

Strike Two
La Free Agency fu il nodo centrale anche per lo sciopero del 1981.
Il contratto collettivo andava rinnovato e gli owners volevano istituire una regola per compensare le squadre che perdevano un giocatore svincolato con la cessione di un veterano (e non una scelta del draft) da parte degli acquirenti del free-agent.

Nonostante la nomina ufficiale di un gruppo di studio e, successivamente, di un mediatore federale, le fazioni non furono mai vicine e, il 1° giugno, i giocatori incrociarono le braccia.

Gli owners persero questa volta oltre 100 milioni, recuperati (meno della metà ) dai Lloyds di Londra coi quali avevano stipulato un'assicurazione in caso di sciopero; i giocatori, mostratisi ancora una volta compatti sul fronte delle trattative, ci rimisero 30 milioni di salario, ma alla fine riuscirono a impedire l'entrata in atto del piano dei proprietari.
Il 31 luglio, dopo diversi incontri segreti tra le parti, si tornò a giocare a baseball.

Con la ripresa dell'azione apparve evidente l'incombenza di ulteriori danni economici: l'afflusso agli stadi, che aveva raggiunto l'apice nel 1980, registrò una ripida discesa e i dati dei network mostravano che la gente non stava a casa a guardarsi le partite in tv.
La risoluzione dei conflitti del 1981, ovvero il prolungamento del contratto collettivo in essere, portò ovviamente a rinnovate tensioni al giungere della posticipata scadenza.

Uno sciopero di due giorni
Così nell'agosto 1985 i tifosi si ritrovarono senza baseball un'altra volta.
L'elemento cardine dello sciopero risiedeva ora nella modalità  di applicazione della salary arbitration.

Le tensioni si appianarono rapidamente e, dopo soli due giorni, si riprese a giocare. Peter Uberroth, commissioner subentrato a Bowie Kuhn, seppe mettere la propria posizione super partes al servizio delle trattative molto meglio del suo predecessore.

Serrata di primavera
Nel 1990 fu il turno degli owners, che chiusero le porte degli spring-training ai giocatori.

La motivazione cardine della serrata era la salary arbitration ma, di fatto, i proprietari stavano cercando di ristrutturare completamente il contratto collettivo, cominciando a parlare, tra l'altro, di salary cap.
La risoluzione delle tensioni avvenne dopo 32 giorni: la stagione si giocò per intero, grazie alle mediazioni del nuovo commissioner Fay Vincent.

Le parti, per una volta, avevano trovato un incontro a metà  strada, ma si erano entrambe riservate il diritto di riaprire, dopo tre anni, le negoziazioni contrattuali.

Furono i proprietari ad avvalersi di tale diritto, votando con una risicata maggioranza la riapertura delle negoziazioni a dicembre del 1992; ma solo 18 mesi dopo, a contratto collettivo abbondantemente scaduto, gli owners formalizzarono la loro proposta.

Le volontà  dei padroni erano una spartizione degli introiti 50-50 con i giocatori, l'istituzione di un salary cap nel giro di 4 anni e l'eliminazione dell'arbitrato salariale associato a una revisione del sistema della free agency.

Donald Fehr, successore di Miller alla guida della MLBPA, stimò una perdita di 1,5 miliardi per i giocatori nell'arco dei 7 anni di durata del contratto proposto.

Ovviamente i giocatori non accettarono: con un contratto scaduto e un mancato accordo, essi rischiavano la formale dichiarazione di impasse, che avrebbe significato l'automatica applicazione della proposta degli owners.

Strike Three, the season is out!
L'unica loro arma era lo sciopero, che puntualmente attuarono a partire dal 12 agosto del 1994.

I tempi erano i migliori per massimizzare i danni per i proprietari, che avevano liquidato i giocatori per buona parte della stagione, dovendo invece rinunciare agli ingenti ricavi della post-season.

Lo sciopero ad agosto ebbe ripercussioni importanti sul libro dei record dell'old-ball game: Griffey e Williams erano in corsa per il primato di fuoricampo in una stagione, che durava da oltre trent'anni; Jeff Bagwell stava producendo un impressionante numero di RBIs; Montreal aveva finalmente un'ottima squadra e poteva puntare per la prima volta alle World Series; Don Mattingly aveva l'ultima chance della carriera, con i suoi ritrovati Yankees, di fare la sua apparizione in una classica di ottobre.

Tutto ciò non accadde perché, per la prima volta in 90 anni, le World Series non si disputarono.

L'inverno non portò consiglio e, con l'avvicinarsi della nuova stagione, si cominciò a vociferare circa la possibilità  degli owners di utilizzare replacement players.

La strada si dimostrò impercorribile.
Angelos degli Orioles dichiarò apertamente di non voler seguire quella linea (implicita c'era la volontà  di tenere aperta la striscia di partite consecutive del suo Ripken, che si avvicinava alle fatidiche 2130).
Sparky Anderson fu il primo manager a uscire allo scoperto, affermando che non avrebbe accettato di guidare una squadra di minor leaguers.

Infine, fatto più importante e da considerare in chiave NHL, una legge dell'Ontario (quindi Toronto) proibisce, in queste situazioni, l'utilizzo di lavoratori di rimpiazzo.

Con le parti sempre lontane e la popolazione americana priva del passatempo nazionale per un periodo indefinito, entrò in gioco nientemeno che il Presidente Clinton, che arrivò persino a prospettare l'intervento del congresso per porre fine alle diatribe.

In effetti fu un atto del governo a porre le basi per il ripristino della stagione 1995: una revisione dell'antitrust exemption di cui gode il baseball dal 1922, mise i proprietari in una posizione di vulnerabilità  nei confronti di attacchi legali in materia di dispute contrattuali; i giocatori si avvalsero immediatamente della nuova opportunità  e ritirarono lo sciopero dopo che ai proprietari fu ingiunto il ripristino del vecchio contratto collettivo.

La stagione 1995 iniziò ad aprile inoltrato.
Gli owner accusarono perdite attorno al miliardo: per sistemare i propri conti rivolsero le proprie attenzioni alle minor leagues, cosicché giocatori veterani si trovarono senza lavoro o costretti ad accettare abbondanti tagli salariali (lo stipendio medio scese del 5%).

Fans strike back
Con le due parti intente a leccarsi le ferite, un terzo attore iniziò a far sentire la propria presenza"o meglio, la propria assenza.
I tifosi, sentitisi traditi dai propri beniamini che erano arrivati al punto di annullare una stagione, disertarono gli stadi, facendo registrare un calo dell'attendance del 20%: a nulla servì una stagione emozionante per gli equilibri espressi in campo.

Per far rinascere negli americani la passione per il loro vecchio gioco ci voleva ben altro: un'impresa che evidenziasse che anche i giocatori amavano il baseball al di là  dei milioni che faceva loro guadagnare.

Thanks Cal, who saved the game
L'ancora di salvataggio per lo sport dei diamanti si materializzò nella persona di Cal Ripken jr.

L'interbase, che da sempre vestiva la maglia degli Orioles, stava raggiungendo il record di partite disputate consecutivamente, appartenente all'immortale Gehrig. 162 partite all'anno, per oltre un decennio, resistendo ad infortuni di varia entità , erano evidentemente il segno di qualcosa di più di un attaccamento al denaro. Per molti Ripken fu il salvatore del baseball.

Tutto finito? Neanche per idea.
Nel 2002 la situazione era la seguente.
Contratto collettivo nuovamente scaduto; Commissioner Selig, proprietario dei Brewers (conflitto di interesse?); franchigie in passivo, con ampia documentazione del Blue Ribbon Panel, un gruppo di studi voluto dal Commissioner per analizzare la situazione economica del Major League Baseball; proprietari come sempre ansiosi di istituire un salary cap e giocatori assolutamente irremovibili nel rifiutarlo.

Era già  stata fissata la data di inizio sciopero: 30 agosto.
I tifosi avevano 14 giorni di speranza e poi sarebbero stati ancora traditi dal grande amore.

Non andò così" all'ultimo momento le parti trovarono l'accordo.
I punti salienti del nuovo contratto riguardavano la luxury tax, la ridistribuzione delle entrate, l'introduzione (in via sperimentale) di test antidoping, l'allargamento del draft al di fuori del nord-America e l'impossibilità  di ridurre il numero delle franchigie per la durata dello stesso.

Il prossimo appuntamento è per la fine del 2006, scadenza dell'attuale contratto.

Note per la NHL
I tentativi di creare leghe dei giocatori sono sempre falliti: i tempi erano diversi, oggi non sarebbero i giocatori ad occuparsi dell'economia (gli agenti?), ma l'intreccio delle entrate oggi è molto più ingarbugliato.

I Maple Leafs hanno sede a Toronto, Ontario. C'è sempre quella legge che impedisce l'uso dei replacement workers.

Come si comporterà  il pubblico quando eventualmente si ricomincerà ? La passione per il ghiaccio è paragonabile a quella per il batti-corri solo a nord del 49° parallelo. Negli USA hanno altri sport"uno o due anni di inattività  non gioveranno a farsi largo tra la concorrenza.

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