Anton Peterlin, 22enne centrocampista americano passato dalla PDL all'Everton
Pochi giorni fa su alcuni siti è stata pubblicata la notizia dell'ingaggio da parte dell'Everton di un giovane danese in arrivo dal Ventura County Fusion, squadra della PDL (Premier Development League), sorta di quarta divisione del soccer USA. Si tratta di Anton Peterlin 22enne centrocampista cresciuto fra Cal Poly Cal Poly San Luis Obispo e UC Santa Cruz.
La prima curiosità è come un giocatore della PDL possa finire direttamente ai Toffees nella Premier League. La seconda è cosa ci facesse un danese nel Ventura Country Fusion. E qui infatti arriva la prima sorpresa. Peterlin di danese ha solo il passaporto - che gli sarà utile per ottenere contratti nell'UE - essendo figlio di madre danese e padre sloveno, ma è americano a tutti gli effetti, essendo nato e cresciuto a San Francisco, California.
Formatosi tecnicamente nel sistema di college californiano, Peterlin è stato segnalato all'Everton da Graham Smith, coach britannico del Ventura County, che lo ha raccomandato direttamente all'allenatore dei Toffees, lo scozzese David Moyes. Sbarcato a Liverpool per un provino insieme all'attaccante di Wake Forest Cody Arnoux, Peterlin dopo soli 8 giorni si è visto offrire un contratto da Moyes. Peterlin continuerà la stagione in PDL fino a luglio, quando si aggregherà all'Everton durante la torunée estiva di questo, che vedrà I Toffees scendere in campo nell'All Star Game MLS.
Su Peterlin Moyes è stato molto diretto in un'intervista a Sky Sports: "Anton mi ha molto impressionato per attitudine e qualità , e come me anche il mio staff". E Moyes parla dello stesso ragazzo che ha giocato per 4 anni nella NCAA e in PDL senza ricevere nessuna offerta dalla MLS nonostante due provini con San Jose Earthquakes e Chicago Fire. E proprio San Jose sarebbe potuta essere la destinazione ideale, essendo San Francisco il back yard, l'area di riferimento del team guidato da Frank Yallop. Ma questi evidentemente ha preferito non "bruciarsi" un posto nella rosa - limitata dalle regole della MLS. Oltretutto il giocatore sarebbe dovuto passare attraverso il SuperDraft o per qualche altro strano processo d'ingaggio della MLS, oltretutto - immaginiamo - per ottenere eventualmente un contratto da fame.
Visti gli ultimo mercati della MLS, verrebbe da pensare che se Peterlin fosse passato anche solo per un team di seconda divisione argentina probabilmente avrebbe avuto la fila alla sua porta. E il solo insorgere di questo pensiero lascia capire come ci sia qualcosa di sbagliato in come la MLS abbia impostato la propria politica di ingaggi negli ultimi due/tre anni. Com'è possible infatti che la "Serie A" del calcio americano non sia in grado di accorgersi di giovani talenti che invece finiscono nel radar di club europei o messicani (viene in mente Edgar Castillo, americano di nascita, ma oggi terzino che ha anche giocato con El Tri), emntre allo stesso tempo si buttano soldi (non tantissimi, certo) su sconosciuti giocatori stranieri che spesso vengono cacciati dopo mezza stagione senza lasciare traccia nella MLS. Pensiamo a gente come Francisco Caraccio (Houston, 2008), Mathias Cordoba (Real Salt Lake, 2008), Gonzalo Martinez (DC United, 2008) e Denilson (FC Dallas, 2007), solo per rimanere alle ultime due stagioni.
Al riguardo è inevitabile il riferimento alla recente intervista al NY Times di Don Garber, il commissioner della Major League Soccer. Al NYT Garber ha detto che la MLS ha bisogno di importare sempre più giocatori per attrarre i milioni di tifosi che seguono il calcio ma non la lega USA. E se l'affermazione è più che sottoscrivibile se questi stranieri si chiamano Cuahutémoc Blanco, Juan Pablo Angel e David Beckham, lo è molto meno quando l'importazione di carneadi sudamericani o caraibici impedisce l'ingaggio di giovani americani, specie quando c'è magari da pagare una piccola cifra ad un club appartenente, ad esempio, alla USL.
Errore e poca memoria. Errore perché la MLS nasce proprio per far crescere il calcio negli USA e fare da vivaio per la Nazionale. Poca memoria perché sono stati i giocatori americani (e canadesi) ad aiutare la crescita della MLS, il suo risanamento dopo il costoso lancio di fine anni '90 e la crisi del 2000/2002. Senza dimenticare poi che i primi diritti televisivi sono arrivati alla MLS grazie alla popolarità dei calciatori americani messisi in luce con la Nazionale.
Quello di Peterlin quindi è solo l'ultimo esempio di giocatore americano "bucato" dagli osservatori della MLS, cui si aggiunge l'evidenza di come le limitazioni eccessive su ingaggi e rose stia portando la MLS su una strada sbagliata fatta di importazioni di giocatori di terza fascia (tolta qualche perla imprevista, à la Javier Morales, assist man argentino del Real Salt Lake). Tecnici e dirigenti della MLS sono così focalizzati su Sudamerica e Caraibi da perdere spesso di vista le possibilità offerte dalle leghe inferiori. Eppure le ottime prestazioni l'anno scorso di gente come Thabiso Khulmalo e Greg Janicki a DC, o di Macoumba Kandij e Matthew Mbuta con NY, – oltre alle cavalcate di Montreal e Puerto Rico in Champions League – avrebbero dovuto aprire gli occhi a qualcuno riguardo il materiale presente tra USL-1, USL-2 e perfino PDL. Proprio le due divisioni USL potrebbero diventare il vero vivaio della MLS se questa si decidesse a collaborare con la lega guidata da Francisco Marcos, vista ancora troppo come una concorrente. Ma sembra che questo accordo sia ancora assai di là da venire, e forse a qualcuno piace di più viaggiare per continenti che per qualche città dell'entroterra americano. E nel frattempo gente come Peterlin (Everton), Castillo (Santos Laguna), Jared Jeffrey (Brugge) e tanti altri, continuerà a volare direttamente per l'estero senza passare dal via della MLS.