Matt Taylor a PlayitUSA

Matt Taylor, attaccante americano del TuS Koblenz (Zweite Bundesliga)

Non molti avevano sentito parlare di Matt Taylor, attaccante americano dei tedeschi del TuS Koblenz in the 2. Fußball-Bundesliga, fino allo scorso weekend, quando il suo nome è finite sui media sia USA che tedeschi grazie alla tripletta messa a segno nel 5-0 (suoi i primi due e il quinto) del Koblenz sul Kaiserslautern.

Nato 27 anni fa a Columbus, Ohio (nemo propheta in patria), cresciuto a UCLA, dove da junior ha vinto il campionato NCAA e nel suo anno da senior (14 gol e 8 assist) è entrato nel Pac-10 Player of the Year ed è stato finalista dell'Hermann Trophy, mentre giocava anche nell'Orange County Blue Star (USL Premier Development League), Taylor è una seconda punta che gioca larga sulla fascia, veloce, capace anche di bei gesti tecnici.

Le sue prestazioni al college ed alla MLS Combine lo hanno portato nel 2004 a diventare la quarta scelta assoluta al SuperDraft, finendo ai migliori Kansas City Wizards di sempre, capaci quell'anno di vincere la US Open Cup venendo poi eliminati in semifinale ai playoff MLS dagli Earthquakes con un gol di Landon Donovan al 117'. Ma a Kansas City Taylor era coperto da un Josh Wolff al top e da Davy Arnaud, capaci di far dimenticare l'infortunio del capocannoniere Preki ad inizio stagione, limitando così la presenza in campo di Matt Taylor a soli 524 minuti. Tre gol ed un assist comunque per lui.

Lasciato libero da KC per l'expansion draft del Chivas USA, viene chiamato dal coach Tomas Rongen. Ma è un anno difficile per il Chivas USA tutto (o quasi) messicano. Ma Taylor riesce comuqnue a mettersi in evidenza, e diventa il primo MLS player of the week nella storia dei Goats. Ma prima una frattura, poi una doppia ernia e l'arrivo dell'ex compagno di squadra Preki sulla panchina, che proprio non "vedeva" Taylor pur tornato in salute, spingono il giocatore dell'Ohio a lasciare per traferirsi ai Portland Timbers (USL 1st division) nel 2007.

Ma la USL è un posto duro per un giocatore tecnico, e dopo pochi match per Taylor inizia un piccolo giro del mondo con epicentro però l'Hollywood United FC, squadra amatoriale dove gioca gente come l'inglese Vinnie Jones (ex Wimbledon), lo scozzese Richard Gough e il francese campione del mondo Frank Leboeuf, oltre ad artisti ed attori come, ad esempio, Anthony LaPaglia (noto per il telefilm "Senza traccia"). E proprio i Timbers scontano la voglia di Taylor di rifarsi, venendo incredibilmente eliminati in US Open Cup dall'Hollywood, che poi terminerà  la sua avventura perdendo 6-0 a Seattle. Ma era già  un sogno essere arrivati agli ottavi.

Tra un provino e l'altro, passando anche per l'Austalia (niente da fare col Sydney FC e con l'Adelaide United), ecco l'occasione della vita a Coblenza, fino alla tripletta di venerdì scorso.

Matt, come si finisce da Hollywood a Coblenza, ridente cittadina del land Renania-Palatinato, oppure potremmo dire dai dilettanti alla Zweite Bundesliga?

È sono finito qui grazie ad un amico, Paul Agostino, attaccante degli australiani dell'Adelaide ma con un passato di 10 anni al Monaco 1860. Mi ha visto giocare e mi ha aiutato ad arrivare al TuS Koblenz attraverso i suoi contatti.


TuS Koblenz vs. FC Kaiserslautern 5-0


Facciamo un passo indietro. Sei cresciuto nell'ambiente calcistico dei college. Che ne pensi del sistema formativo del calcio negli USA?

È un po' indietro rispetto all'Europa. Si arriva al calcio professionistico troppo tardi. In Europa i giocatori respirano l'atmosfera giusta già  quando hanno 16 anni, da noi invece non prima dei 22/23. Certo, adesso la MLS sui settori giovanili, ed è un'ottima cosa, ma siamo ancora lontani.

Dal college ai super Wizards del 2004. Come prendesti l'essere "abbandonato" dai Wizards?

Fu un anno fantastico comunque. Per me che arrivavo dal college ritrovarmi in una squadra che competeva su tutti i fronti fu incredibile. Avevo dei compagni veramente forti, col peccato di non aver giocato con Preki, che si ruppe una caviglia ad inizio stagione.

Dai Wizards alla "strana" esperienza col Chivas USA, circondato da "messicani". Perché, secondo te, prima Tomas Rongen e poi un allenatore dalla vasta esperienza e di successo come Hans Westerhof (ex Ajax, PSV e Necaxa tra gli altri) fallirono?

In realtà  nel primo Chivas USA c'erano po' di americani, e molti erano veterani della MLS. Si parlava infatti sia inglese che spagnolo, nonostante le idee iniziali del Chivas de Guadalajara. La squadra poi giocava molto bene, con in rosa anche giocatori di levatura come Francisco "Paco" Palencia (“stella” di Cruz Azul ed Espanyol, oggi all'UNAM), ma l'approccio messicano al gioco si è dimostrato inadatto alla MLS. Giocavamo con un offensivo 3-4-3, e c'era un controllo eccessivo da parte di gente del Chivas de Guadalajara (il cui presidente, Jorge Vergara, è anche lo stesso del Chivas USA). Rongen non era libero di scegliere giocatori e modulo. Sostituito poco dopo metà  campionato da Westerhof, questi dopo un po' fu costretto a passare al 3-5-2, anche perché non c'erano giocatori adatti e lui se ne rese conto.

Nei quattro anni al Chivas te la sei vista brutta tra infortuni e dissapori con l'allenatore Preki.

Semplicemente mi ero ripreso dai vari infortuni, ma Preki non voleva darmi possibilità  di giocare, nonostante ogni volta che venivo utilizzato facessi bene e andassi anche in gol.

Per questo hai lasciato il Chivas USA per i Portland Timbers della USL?

Sì. Purtroppo poi nella MLS i coach sono sempre gli stessi, una sorta di riciclo continuo che, in parte, vale anche per i giocatori. E non è una cosa buona per il sistema.

Come ti sei trovato nella USL, lega che quest'anno ha fatto vedere grandi cose fra Champions' League e US Open Cup?

C'è molta qualità  non sfruttata nella USL, dove a volte si guadagna anche bene. Ma per il resto è improponibile. Si gioca continuamente, allenandosi quindi poco e volando tanto. Si gioca poi su superfici durissime, che accorciano la carriera di un giocatore. Di conseguenza la qualità  crolla e il potenziale di molti giocatori non viene fuori. Diciamo che non è un ambiente salutare per un calciatore.

Avendo giocato in entrambe le leghe USA, come vedi la MLS in prospettiva? Cosa dovrebbe cambiare per evitare che bravi calciatori americani preferiscano la seconda divisione di qualche paese europeo alla MLS?

Il problema della MLS è che il numero di squadre pro è limitato, e poi, principalmente, mancano i soldi per i giocatori. In Europa invece ci sono molte opportunità  di giocare e guadagnare, e l'ambiente è competitivo e ti fa crescere. Non solo, se nella MLS hai un problema hai finito, mentre in Europa se magari va male da una parte hai sempre un'altra possibilità  in un'altra squadra o campionato.

Come sei finito dai Portland Timbers all'Hollywood United FC tra artisti ex campioni?

A Portland non mi trovavo bene con l'allenatore, e non mi sono ambientato bene. All'Hollywood, dove ovviamente non venivo pagato, mi ha portato un amico, ed è stata una bellissima esperienza trovarsi in quell'ambiente con gente come Frank Leboeuf e Paul Bravo (ex Galaxy). E poi c'è stata l'incredibile avventura in US Open Cup.

Ed arriva agosto e il tuo sbarco a Coblenza dopo un lungo peregrinare a tre giorni dall'inizio del campionato. Il futuro?

Ho contratto di un anno con opzione della società  sul prossimo. Per adesso penso a giocare per convincere allenatore e società . Per quest'anno puntiamo ai playoff, e poi lì ce la giocheremo. Ovvio che il mio sogno è arrivare in Bundesliga, e spero di farlo col Coblenza già  quest'anno.

Pensi che con la penuria di attaccanti capaci di buttarla dentro Bob Bradley si ricorderà  di te, magari per il camp di gennaio o per uno successivo in Europa? Peraltro l'anno prossimo tra Confederations Cup e Gold Cup ci sarà  bisogno di tutti.

Purtroppo non ho mai parlato con Bradley, ma mi tengo in contatto con l'ambiente della Nazionale attraverso gli amici che ci giocano. La tripletta che ho segnato non basterà  certo per la Nazionale. Prima di arrivarci devo dimostrare tanto col TuS Koblenz, e al camp di gennaio, che corrisponde con la sosta del campionato tedesco, mancano ancor più di dieci partite. Ma certo il mio obiettivo è poter rappresentare il mio paese con la maglia della Nazionale.

Nota: si ringrazia Dirk Zilles, capo ufficio stampa del TuS Koblenz.

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