Babe Ruth e Lou Gehrig fuori dal diamante
La corsa dei Red Sox verso il titolo mondiale nella stagione 2004 ha inevitabilmente fatto parlare per l'ennesima volta di una delle più grandi figure dello sport professionistico americano di tutti i tempi, cioè di Babe Ruth.
Se ne è parlato per il fatto che l'incapacità dei Red Sox di tornare alla vittoria nelle World Series da oltre 80 anni era causa, secondo una leggenda, di una maledizione dovuta alla cessione nel 1918 di Ruth dai Boston Red Sox ai New York Yankees, che invece da allora iniziarono abbondantemente a raccogliere vittorie.
Se Babe Ruth negli States è personaggio da libri di scuola, certamente nel resto del mondo l'attenzione ed il culto sono più blandi e soprattutto non molto si sa sulla sua vita lontano dal diamante dove “il bambino” non smetteva mai di essere sempre il protagonista n.1.
Il prossimo anno, esattamente il 6 febbraio, saranno trascorsi 110 anni dalla sua nascita, avvenuta nel Maryland a Baltimora e che ovviamente trattandosi di un personaggio del calibro di Ruth è zeppa di curiosità ed immancabile leggende.
Quello che è certo è che Babe Ruth ebbe un adolescenza abbastanza complicata che si ripercuoterà lungo tutta la sua vita. Si arrivò a dire che fu un orfano abbandonato, per il fatto che a sette anni si trovò internato al St. Mary's Industrial School che più di avere l'aspetto di un collegio sembrava in effetti un vero e proprio orfanatrofio, se non addirittura un carcere.
I suoi genitori non brillarono per l'amore verso i propri figli e degli otto che ebbero solo due superarono l'età dell'infanzia. il nostro George Jr. e la sorella Mamie e per George scelsero appunto come scuola il tetro St. Mary's.
Parlando del padre, Ruth si vantava che fosse stato proprietario di un bar e che lui nacque proprio li, in uno dei piani superiori di quel saloon dell'epoca. Vennero fatte molte ricerche per risalire a tale luogo ma non si trovò nulla e molto probabilmente fu una delle tante “balle” che Ruth amava dire sul suo passato.
Di certo si sa che Babe Ruth non assaggiò liquori fino all'età di 6 anni e qualche sigaro l'anno seguente. Se anche questi dati appartengono alla fantasia popolare non è sicuro, come lo è invece la sua passione per rubacchiare tutto ciò che di valore trovava incustodito in casa.
Frà Mathhias, cercò in quell'istituto di raddrizzarlo un pò insegnandogli a scuola taglio e cucito (proprio quelli!) con specializzazione nel confezionamento di camicie.
Ma l'impegno Ruth lo mise soprattutto nel campo da gioco del St. Mary's ed all'età di 19 anni, senza aver avuto insegnanti specifici, era già ingaggiato dai Baltimore Orioles dell'International League ed il suo bel viso rotondeggiante da ragazzino, gli fecero piovere addosso il nickname di “the babe” che lo accompagnerà per sempre.
Poi arrivarono i Red Sox e molto velocemente gli Yankees e della sua piuttosto breve vita (53 anni), i tredici anni passati nel Bronx son quelli che contarono tutto, non solo per i risultati sportivi ottenuti ma soprattutto per come il personaggio extra sportivo seppe viverli.
Ma chi era Babe Ruth fuori dal diamante? Un ragazzo che era passato da uno stato di povertà ad uno di ricchezza in brevissimo tempo e che in quel passaggio repentino si scordò di portare con sè sè la giusta umiltà . Se nel campo il suo fisico sicuramente non bello a vedersi era accompagnato da delle doti tecniche innaturali, Babe Ruth fuori dal ballpark non tardava molto a farsi notare. Vestiti aabbastanza appariscenti, sigaro in bocca, la voce sempre molto alta ed un certo modo un pò sbruffone di stare al centro del palcoscenico.
Nulla di ciò era però innaturale in lui, semplicemente quello era il Ruth di sempre, anche quando l'uomo si trovò in un niente ad essere più famoso del presidente degli Stati Uniti.
Immancabile negli appuntamenti mondani, soprattutto se conditi da qualche bellezza femminile, Ruth un giorno mentre si trovava a Philadelphia, tempo di regular season, partecipò come spesso gli accadeva ad un party organizzato da qualche facoltoso che amava farsi fotografare con le stelle del national pastime. La festa si svolgeva di sera ed il pomeriggio seguente gli Yankees sarebbe stati in campo.
A notte inoltrata Ruth era li che tra un bicchiere e l'altro di champagne, ed esauriti i discorsi sul Baseball, corteggiava alla sua maniera una giovane ragazza bruna. Un promoter di pugilato gli si avvicinò e gli ricordò che ormai era tardi e che sarebbe stato meglio tornare in albergo.
Il bambino non voleva però abbandonare la sua bella “preda” e disse che non se ne sarebbe andato senza la ragazza. Il promoter rispose che a Philadelphia c'era di molto meglio ed alla fine lo accompagnò da delle amiche in un appartamento, Era l'alba quando lo stesso promoter andò a chiamare Ruth e lo trovò su di una sedia con una bottiglia semi vuota di champagne in mano e una ragazza seduta su ogni gamba.
Nel pomeriggio arrivò allo Shibe Park per la partita senza aver chiuso occhio e l'anziano compagno di squadra Fred Merkle lo avvicinò dicendogli che non lo vedeva molto bene. Ruth gli rispose che avrebbe messo a segno subito un fuoricampo e ci avrebbe anche scommesso 100 dollari. Addirittura lasciò la scommessa 2 a 1 per l'amico Merkle che in caso di mancato homer avrebbe vinto 200 dollari. Al primo turno alla battuta Ruth spediva sugli spalti alla sinistra l'ennesimo fuoricampo.
Amante del golf, Ruth un giorno si trovava nel campo di Scarsdale nei pressi di New York e le cose non gli andavano troppo bene. Dopo nove buche iniziò ad innervosirsi sempre di più e rivolgendosi a John Dugan, l'inseparabile compagno degli Yankees, che stava giocando con lui e gli disse che era colpa degli scoiattoli che lo distraevano se non riusciva a combinare niente.
Immediatamente arrivò l'ordine al suo caddie di procurargli un fucile per mettere le cose a posto. Nonostante la difficoltà ed un pò di negligenza il ragazzo riuscì a trovare un fucile calibro 22 e Ruth iniziò a sparare ed uccidere scoiattoli con la stessa abilità con la quale usava la mazza da Baseball. Intorno a lui gli occhi allibiti e sconcertati dei ricchi frequentatori del green.
Quella sera nella sua suite dell'Astoria dove viveva a New York fu capace anche di cucinarne uno, di quegli scoiattoli, di fronte allo sconcertato “Jumpin” Dugan, che un pò schifato declinò l'invito.
Quando pioveva e le partite erano rinviate, soprattutto in trasferta, era solito uscire fuori con la stessa proposta “Dai ragazzi andiamo ad ubriacarci”. Il problema che spesso cercava di coinvolgere anche il pitcher che a fine pioggia avrebbe dovuto lanciare per gli Yankees. Se nessuno accettava, convinceva qualcuno ad andare con lui a scommettere ed in caso di sconfitta, che spesso avveniva, le sue grida monopolizzavano immediatamente l'attenzione dei presenti nell'ippodromo.
La posta, mezzo principale di comunicazione dei suoi anni, arrivava a pacchi e lui sceglieva qualche compagno che pazientemente nella clubhouse si metteva a selezionarla. L'ordine era di tenere solo quella che parlava di soldi e quella che arrivava dall'estero, ma quando lo smistatore di turno gli esponeva le cifre proposte per fare qualche apparizione in shows di ogni genere la risposta del bambino era quasi sempre la stessa: “Chi … a me? Ma io non sono un attore … gioco a Baseball!”
– continua –