Guillermo Barros Schelotto. El Mellizo è alla seconda stagione col Columbus Crew
Guillermo Barros Schelotto, “El Mellizo” (Il Gemello), è il nome di richiamo di una franchigia, i Columbus Crew, che quest'anno cercherà di migliorare i risultati ottenuti lo scorso anno, quando al termine di una stagione giocata piuttosto sottotono (con solo il 30% delle vittorie nella regular season) è rimasta fuori dai playoff.
Schelotto non è certo il giocatore argentino più talentuoso di tutti i tempi, ma sicuramente è quello più titolato (18 sono infatti i suoi titoli vinti, titoli grazie ai quali guida questa speciale classifica davanti ad Oscar Ruggeri, fermo a 16). La sua ormai quasi ventennale carriera da professionista del pallone inizia nel lontano 1991 quando, era il 6 ottobre, Guillermo fa il suo esordio nella massima serie argentina con la maglia di una delle squadre della sua città , il Gimnasia y Esgrima di La Plata, al Libertadores de America (stadio dell'Independiente). La partita termina 3 a 2 per i suoi, lui entra nel secondo tempo ma la sua prestazione non è decisiva ai fini della vittoria, così nessuno si sofferma troppo a parlare di questa 18enne speranza del futbòl argentino. Di sicuro nessuno, vedendolo muovere i suoi primi passi da professionista quel giorno, gli pronostica un roseo futuro e una carriera poi ricca di soddisfazioni.
L'esordio dal primo minuto arriva il 27 dello stesso mese, nella sconfitta del suo Gimnasia 2 – 0 contro il San Lorenzo, la prima rete il 15 marzo dell'anno successivo, in una sconfitta casalinga dei suoi contro il River. Con il club platense mette in mostra, in quello ed in molti altri campionati successivi (ne disputa 13 con questa maglia, tra Apertura e Clausura), tanto le sue capacità tecnico-atletiche quanto il suo carattere frizzante, cosa quest'ultima che lo porta spesso ad avere litigi con avversari ed arbitri. Nelle sue sei stagioni passate a La Plata riesce a posare il primo mattoncino nella costruzione del suo ricco palmares, vincendo la Copa Centenario del 1993. Palmares che al momento del suo passaggio al Boca Juniors avrebbe potuto essere anche più ricco: per due volte infatti, nei Clausura del 1995 e del 1996, sfiora anche la sua prima vittoria del titolo nazionale, ma il suo Gimnasia finisce entrambe in entrambi i casi al secondo posto (nel primo caso ad un solo punto dal San Lorenzo, nel secondo ad un punto dal Velez).
Nel 1996 si registra l'interesse del primo club importante nei suoi confronti, il River Plate, ma la reazione negativa di Enzo Francescoli all'eventualità di portare ai Millionarios i fratelli Schelotto spinge i dirigenti della squadra di Buenos Aires a non chiudere l'operazione di mercato. Ma lo sbarco nella capitale federale per i due hermanos di La Plata viene solo rinviato di un anno. Infatti l'anno seguente, sotto la pressione di Diego Armando Maradona in persona, arriva il trasferimento degli Schelotto (e di Martin Palermo) agli Xeneizes.
L'avventura con la nuova maglia non comincia sotto i migliori auspici, Guillermo è infatti chiuso da Claudio Caniggia. Tutto questo non gli impedisce però di dare buona prova di sé quando l'allenatore lo chiama in causa nei secondi tempi delle partite (è infatti entrando dalla panchina che fa il suo esordio in maglia bochense contro i Newell's Old Boys).
Con l'arrivo di Carlos Bianchi sulla panchina del Boca (siamo nel 1998) Guillermo trova il posto da titolare nell'attacco xeneize, formando assieme a Palermo una coppia ben assortita, dotata di potenza e rapidità , buona capacità di colpire tanto con il gioco aereo quanto in contropiede. La scelta di Bianchi è ottima e paga subito, con il Boca che vince i due campionati successivi (Apertura 98 e Clausura 99). Ma questi due non sono gli unici successi nazionali di Schelotto, che si permette il lusso di vincere anche i campionati di Apertura del 2000, del 2003 e del 2005, più il Clausura del 2006.
A livello internazionale è grande il suo contributo nella conquista di quattro Libertadores, due Cope Sudamericane, due Recope Sudamericane e due coppe Intercontinentali. Ciò, nonostante i suoi numerosi problemi fisici che in certi casi ne limitano l'apporto effettivo alla squadra (come nella finale dell'Intercontinentale giocata nel 2003 contro il Milan, quando scende in campo per soli 46 minuti, poi sostituito per infortunio da Carlos Tevez).
Con le selezioni nazionali invece riesce a vincere solo i Giochi PanAmericani del 1995. In Nazionale maggiore esordisce durante la fase di qualificazione al Mondiale del 1998 e disputa la Copa America dell'anno successivo, il tutto senza però riuscire mai a lasciare la stessa impronta che invece ha lasciato nelle sue undici stagioni giocate con la maglia del Boca Juniosr, di cui è ora ritenuto l'icona. Maglia che lascia dopo che con l'andare degli anni si rendee conto di non poterla più difendere con la stessa continuità . Con l'arrivo di Alfio Basile sulla panchina bochense nel 2005, e complici i suoi problemi fisici, comincia a finire sempre più spesso in panca. Panchina che diventa fissa con l'avvento di Miguel Anguel Russo alla guida del Boca, che lo relega a riserva di uno dei nuovi talenti del calcio argentino, Rodrigo Palacio.
Lo scorso aprile Guillermo decide quindi (probabilmente dopo aver chiesto informazioni riguardo al calcio americano al gemello Gustavo Barros Schelotto, già protagonista di un'avventura ai Puerto Rico Islanders, squadra della USL 1st Division) di accettare la corte dei Columbus Crew e diventare il giocatore di punta del team della famiglia Hunt, trasferendosi in America a tirare, con ogni probabilità , i suoi ultimi calci al pallone (compirà 35 anni il prossimo 4 maggio).
Il suo approccio con la Major League Soccer è disincantato e nelle sue prime interviste ha dichiara di aver notato subito delle grosse differenze rispetto al calcio argentino, la più positiva (ma anche impressionante) delle quali è che, a differenza di quando giocava nel suo paese, ora non deve girare scortato dalla polizia. Ma non solo questioni di ordine pubblico. Guillermo degli States ha la possibilità di apprezzare anche gli stadi, che a differenza di quelli argentini non cadono a pezzi, ed il fatto che qui i salari vengono pagati (in Argentina invece la puntualità nei pagamenti non è di casa).
Non solo parole di apprezzamento, però. Dopo tanti complimenti Schelotto si permette, dall'alto della sua esperienza e con ragione, di criticare il fatto che in America non esista, come invece accade nel resto del mondo, una seconda divisione, con relativo andirivieni di promosse e retrocesse. In campo l'icona bochense non si siede sugli allori, prendendo per mano i suoi nuovi compagni e trasformando i Crew in una delle contendenti ai playoff (solo sfiorati), chiudendo la stagione con 5 gol in 22 partite, alcune condite da prestazioni d'altissimo livello.
Schelotto è un giocatore dotato di un fisico piuttosto minuto (è alto soli 171 centimetri), cosa che però abbinata alla sua rapidità lo ha reso un furetto imprendibile nei suoi anni d'oro. Ora è sicuramente un altro giocatore rispetto a quello che a tanti successi, come abbiamo visto, ha trascinato il suo Boca, ma la qualità indiscutibile di questo giocatore rimane.
Queste qualità dovrà metterle ancora una volta in campo in questo 2008, perché se i Crew vogliono arrivare ai playoff che non hanno potuto giocare la scorsa stagione avranno certamente bisogno dell'apporto di questo, per quanto un forse un po' compassato, campione.
Dalle sue parole traspare la voglia di continuare a giocare e di farlo come ha sempre fatto, mettendo in campo tutta la garra tipica sudamericana, abbinandola a quei colpi di classe che lo hanno accompagnato nella sua lunga carriera e ad una mentalità vincente che indiscutibilmente gli appartiene.
Se a tutto questo aggiungete anche l'ormai grande esperienza accumulata capirete bene che ci troviamo di fronte ad un giocatore in grado davvero di essere uomo-franchigia e soprattutto di portare ai playoff i suoi Crew, da cui mancano ormai dal lontano 2004 (grave, considerando che solo le ultime due di ogni Conference rimangono fuori dai playoff).