Diciamo “basta” al SuperDraft

In futuro probabilmente non vedremo più queste immagini

La Major League Soccer vuole dimostrare di avere le potenzialità  per raggiungere NFL e NBA quale importante sport professionistico americano. Per farlo, organizza fin dall'inizio della sua storia (1996) un evento sconosciuto in qualunque altra lega di calcio al mondo: il college draft.

Come l'NBA e la NFL? All'apparenza, sì. Nella pratica, no.

Basket e football hanno un serbatoio immense di talenti dal quale attingere, e tra questi c'è una ristretta cerchia di giocatori che assumono lo status di stelle prima ancora di mettere piede nel professionismo. La situazione del calcio è ovviamente molto differente. Non ci sono vere e proprie superstar e il livello di questo sport nei college è molto al di sotto rispetto a quello dello sport professionistico, tanto che ben pochi dei giocatori scelti al draft possono diventare titolari da subito (Maurice Edu lo scorso anno fa un po' storia a sè).

I difetti del calcio universitario come terreno di crescita per i giocatori professionisti sono ovvi e conclamati da tempo. I dirigenti della MLS ne sono ben coscienti, ma hanno le mani legate: il valore, a livello pubblicitario, del draft è enorme, perché viene trasmesso in TV e appare efficiente e pieno di significato quanto gli omologhi NFL e NBA. Il draft permette anche ai college di sentirsi parte integrante di un processo di crescita del calcio professionistico e apparentemente offre ai giocatori universitari la possibilità  di sentirsi delle star.

La MLS è però restia a dare un ruolo troppo importante ai college nel draft (pomposamente chiamato "SuperDraft"), ma la stragrande maggioranza dei giocatori arriva da lì: quest'anno su 73 giocatori dichiaratisi per il draft, 70 venivano dal college, e gli altri 3 dall'accademia USSF di Bradenton.

Guardando in faccia la realtà , la MLS, per migliorare la qualità  del gioco, ha fatto certi passi che hanno inevitabilmente abbassato il livello del gioco al college. Nel 1997 ha introdotto il programma "Project-40", che identifica i migliori 40 giocatori tra tutte le high school del paese levandoli ai college dietro l'offerta di una guida tecnica e di borse di studio per continuare la loro educazione.

Il "Project-40" è ora chiamato Generation Adidas (visto che l'azienda lo sponsorizza), ma il suo ruolo rimane quello di reclutare giocatori promettenti per la MLS senza farli passare dal college. 8 delle 14 chiamate del 1° giro di quest'anno erano nell'orbita Generation Adidas.

Il "fattore GA" in realtà  mina la credibilità  del draft stesso, perché i giocatori GA generalmente vengono scelti in alto nel draft, non sempre (anzi raramente) per le loro reali qualità , ma perché i loro salari non pesano sul salary cap.

Segnali dell'inadeguatezza del draft si potevano cogliere già  nel 2005 quando la MLS diminuì il numero di giri di chiamate a 4 dagli originali 6. Gli allenatori MLS ammettono che non stanno molto tempo dietro ai giocatori di college; l'allenatore di un college tra i migliori, alla domanda se avesse mai scorto qualche coach della MLS assistere alle sue partite, ha risposto con scherno: “State scherzando? Loro li guardano per un paio di giorni al combine, dopodiché ogni tanto ricevo una telefonata con richiesta di informazioni”.

Il sostegno della MLS al calcio universitario sembra avere i giorni contati. L'inconsistente illusione che il calcio del college possa fornire giocatori a livello professionistico non può andare avanti ancora per molto per molte ragioni:

1 – se vuole diventare un serbatoio di giocatori di talento, il "college soccer" deve misurarsi non contro il basket o il football universitario, ma contro i programmi di sviluppo giovanile nei paesi all'avanguardia in fatto di calcio. Quei programmi prevedono allenamenti intensi e quotidiani e sono controllati dai club professionistici.

2 – le 20 partite che mediamente si giocano durante una stagione di college non sono neanche lontanamente sufficienti a migliorare qualità  ed esperienza.

3 - quando i giocatori escono dal college raramente hanno meno di 19-20 anni: se il ragazzo presenta difetti tecnici non è già  più possibile correggerli.

4 - i limiti di età  e il rifiuto di ogni aspetto professionale da parte del mondo calcistico universitario castra un altro aspetto vitale per lo sviluppo: il giocare con e contro giocatori professionisti già  esperti.

Quest'ultimo in realtà  è un aspetto che si potrebbe in qualche maniera sorvolare se ai giocatori di college fosse permesso giocare anche al di fuori della competizione universitaria â€â€ ma i regolamenti "draconiani" della NCAA lo impediscono. È proprio la NCAA che fa da ostacolo alla creazione di un sistema nazionale che coinvolga migliaia di appassionati di calcio e centinaia di squadre con strutture eccellenti e che faciliti il miglioramento qualitativo dei giocatori americani, ma soprattutto non crea una scuola-allenatori che produca coaches preparati tatticamente e tecnicamente.

Per questo le squadre MLS hanno iniziato a creare il proprio programma di squadre giovanili: proprio per supplire alla carenza delle università  sotto il profilo calcistico. Visto che però ogni giovane che vuole entrare nella MLS deve passare dal draft,il rischio che una squadra si veda "rubare" da una rivale un potenziale talento cresciuto nelle proprie giovanili è alto. La Lega ha perciò previsto che ogni squadra possa non mandare al draft i suoi 2 migliori giovani. Mossa molto intelligente per proteggere il lavoro delle squadre in prospettiva futura, ma che d'altra parte toglie ancora più credibilità  al draft stesso.

Con la continua espansione della Lega, è evidente che c'è sempre più bisogno di giocatori giovani e di buon livello. Ma visto l'immobilismo della NCAA in questo senso, la Lega presto dovrà  scontrarsi con l'inevitabile conclusione che un draft basato quasi solo sui giocatori del college â€â€ com'è organizzato al momento â€â€ non ha più senso. E un draft senza giocatori universitari non è verosimile per la cultura americana.

La MLS continuerà  questa "pantomima" del SuperDraft per il valore pubblicitario intrinseco, ma non potrà  migliorare la propria qualità  di gioco contando solo sui calciatori dai college. È tempo che le giovanili dei club MLS assumano un ruolo primario nello sviluppo dei giovani americani.

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