Don Garber, sarà lui a dover convincere gli azionisti della MLS ad aumentare il salary cap
Prima sono arrivati David Beckham, Juan Pablo Angel e Cuauhtémoc Blanco. In questi giorni si parla di Luis Figo, Ronaldo e chissà chi altro. E quando si parla delle cifre i soldi sono tanti, a livelli da campionato top. Ma la realtà -stipendi della MLS è ben diversa da quella scintillante prospettata da vari Los Angeles Galaxy e New York Red Bulls per attirare nomi altisonanti in un campionato nato solo nel 1996.
Poche settimane fa la Major League Soccer ha annunciato l'aumento (sic!) del salary cap per ogni franchigia da $2.1 milioni a $2.3 milioni (al cambio attuale €1,56 milioni). La clausola "Designated Player", approvata nel 2006, prevede che questo in caso d'ingaggio pesi per $400,000 il che pone lo stipendio medio di ogni giocatore in un team che abbia un DP a $105,000. Ma si può stare tranquilli che la maggior parte dei giocatori gudagnerà meno, visto anche che lo stipendio base nella MLS è di $12,900 (circa € 8,780) annui, una cifra che è di soli $2,400 sopra la soglia di povertà negli Stati Uniti.
Il contrasto con gli ingaggi europei, dove c'è gente che guadagna da € 500 mila (Kakà ) a € 770 mila (John Terry del Chelsea) al mese. Lo stipendio medio in Premier League nel 2006 era di € 912 mila ($ 1,34 milionI). Addirittura in Coca-Cola Championship, la seconda divisione inglese, la media era di circa € 270 mila ($ 400 mila). Il calcolo è semplice: l'ingaggio medio della MLS è pari a quello della League Tow - la quarta divisione inglese - e di poco superiore a quello della Serie C1 italiana, che secondo la Lega è di € 60 mila, ma dove c'è gente come Arturo Di Napoli, che ne prende € 450 mila dalla Salernitana, e Lamberto Zauli, quasi € 300 mila dalla Cremonese.
Secondo i media americani che seguono il soccer, l'AEG, società titolare delle franchigie di Los Angeles e Houston, per il 2008 vorrebbe ingaggiare gente come Luis Figo, l'attaccante polacco del Celtic Maciej Żurawski e anche il difensore americano del Charlton Cory Gibbs. Il problema è che, avendo David Beckham e Landon Donovan in rosa, l'allenatore Ruud Gullit non ha idea di come far rientrare tutti nel salary cap.
E allora, dato che l'AEG, società fondatrice della MLS e gruppo più grosso tra gli investitori della stessa, vuole tirare fuori i soldi, essendosi resa conto che è giunto il momento di investire anche sul prodotto in campo e non solo sugli stadi, allora chi ha votato contro un aumento maggiore del salary cap?
In prima fila c'è Robert Kraft, il miliardario proprietario dei New England Revolution, ma più noto per esserlo dei New England Patriots, uno che paga Tom Brady (che non è il problema) due volte e mezzo quello che spende per l'intera rosa dei Revolution (e questo è il problema). Kraft è uno che è finito a litigare con Shalrie Joseph, probabilmente il miglior centrocampista della lega, per una differenza di $15,000 tra domanda e offerta, non rinnovandogli il contratto per mesi e bloccando il suo trasferimento al Celtic per ben due volte.
Subito dopo Kraft c'è Stan Kroenke, investor-operator dei Colorado Rapids, che ha messo ben $128 milioni per una quota di minoranza nell'Arsenal e che a quanto pare non vuole metterne neanche un decimo per i suoi giocatori in America. Anche l'Hunt Sports Group, orfano dello scomparso Lamar Hunt e titolare di FC Dallas e Columbus Crew, appare assai riluttante a mettere sul tavolo i soldi necessari (l'operazione, purtroppo fallimentare, fatta per il brasiliano Denilson difficilmente avrà un seguito). Chi invece spinge per la crescita, oltre l'AEG, sono la Red Bull e la proprietà dei Chivas USA (il magnate messicano del food Jose Vergara), che puntano a portare nella MLS talenti vecchi e giovani, ma le cui intenzioni vengono regolarmente bloccate principalmente dai soggetti di cui sopra.
Lontano da noi affermare che le società della MLS debbano gettare soldi al vento rischiando di far spropfondare l'ancor giovane lega nel baratro dei costi che strangolò la NASL negli anni '80 lasciando milioni di tifosi di calcio senza il loro sport preferito per anni, almeno a livello pro. Ma se l'obiettivo della MLS è quello di crescere e di affermarsi come campionato di livello internazionale (anche se probabilmente mai potrà competere con i principali campionati europei), è pacifico che i giocatori debbano essere pagati almeno il giusto, e che risorse ben più importanti di quelle attuali vadano investite. Anche perché non è credibile pensare che gli investitori della MLS siano così "poveri" da non poter elevare il salary cap ad una soglia che almeno possa consentire anche ai giocatori al minimo di contratto di non dover fare un secondo lavoro o di vivere in 4 in un appartamento. Questo non è professionismo, ma sfruttamento e ingiustizia. Come definire altrimenti l'impiego da parte dei Galaxy in difesa di un Kyle Veris (ma ce ne sono altri) col suo ingaggio da $17.700 accanto a ad un Beckham ($5,5 milioni). Pagare di meno chi apporta meno ok, ma c'è un limite per tutto.
Di questo passo la MLS rischia di diventare (rimanere) una lega di terz'ordine destinata al ritiro dorato di stelle un po' invecchiate d'Europa, Sudamerica e Messico. L'ingaggio di David Beckham ha messo in luce la MLS sulla mappa mondiale e ha consentito ai Galaxy di vendere centinaia di migliaia di maglie, ma dal punto di vista della comunicazione è stato un disastro, con in aggiunta l'effetto collaterale di far trovare le altre franchigie della MLS di fronte a richieste improponibili da parte di giocatori di secondo ordine (vedi Robbie Fowler nei confronti dei Revs), e ciò a causa delle cifre pubblicizzate relative all'ingaggio di Beckham ($250 milioni in 5 anni), assai lontane da quelle reali.
Nel frattempo molti giocatori americani puntano solo a lasciare la MLS. Lo scorso anno il Fulham FC ha pagato $4 milioni per acquistare Clint Dempsey dai New England Revolution, che probabilmente perderanno anche Michael Parkhurst, subito per una cifra simile o a parametro zero il prossimo anno (e hanno appena perso Andy Dorman, trasferitosi in Scozia, al St. Mirren). Il Fulham non può certo essere la scelta top in Inghilterra, dato che da quando è in Premier League, e cioè dal 2001, è praticamente sempre in lotta per la salvezza. Ma sicuramente un ingaggio a Londra sarà sempre più degli $80 mila che i Revs danno al Defender of the year 2007.
Se i club della MLS non sono neanche in grado di trattenere i già non numerosi talenti nati e cresciuti negli Stati Uniti, cui si aggiungono anche i notevoli limiti nello screening dei giovani (vedi i casi Giuseppe Rossi e Edgar Castillo, persi da giovanissimi e destinati ormai alle Nazionali di Italia e Messico), come pensa la MLS di essere presa sul serio dai milioni di fan amanti del calcio che oggi vivono in America. Milioni che ai tempi della NASL non c'erano, e questo è un vantaggio, ma sui quali oggi c'è la concorrenza delle TV che trasmettono continuamente il meglio del calcio mondiale, consentendo agli americani di saper distinguere il calcio buono da quello cattivo. Di tempo davanti non c'è n'è molto, i prosimi 3/5 anni saranno quelli decisivi da questo punto di vista per la MLS, che dovrà trovare il bandolo della matassa tra valorizzazione dei talenti locali, costruzione di stadi di proprietà , importazione di allenatori stranieri adeguati e formazione dei propri, costruzione di una struttura di osservatori per attirare talenti, ecc.
Il rischio più immediato però è un altro. Se l'approccio al salary cap da parte degli investitori della lega non cambierà , è già possible dare per certo uno sciopero generale nel 2009, anno in cui l'attuale contratto collettivo scadrà . La Major League Soccer si sta infatti andando ad infilare in una disputa con l'associazione calciatori che potrebbe portare ad un'emigrazione di massa senza necessità di approvazione (seppur temporanea, come accaduto nella NHL nel 2004). E se qualcosa del genere dovesse accadere, sarà inevitabile il coinvolgimento della FIFA, che potrebbe in qualche modo imporre le proprie condizioni, con esiti al momento non prevedibili. Uno sciopero che potrebbe poi dare un colpo alla credibilità della MLS dal quale difficilmente potrebbe rialzarsi.
A questo punto il quadro è chiaro. La MLS potrebbe non essere più la stessa dopo i Mondiali sudafricani del 2010. Che cosa sarà è nelle teste, e nelle tasche, dei signori proprietari. Cosa fare lo sanno già .