Al sud della classifica

I problemi dei Lightning sono soprattutto in porta…

Quando all'inizio della stagione 2005-06 venne introdotto il tetto salariale, l'intento era quello di porre un freno alle spese folli che avevano portato alcune franchigie al limite della bancarotta e di rendere il campionato più interessante impedendo alle grandi potenze di accaparrarsi tutti i migliori giocatori.

Ebbene, per la stagione in corso il tetto salariale è stato portato a 50,3 milioni di dollari e il limite minimo di spesa (sì, perché c'è anche un limite minimo) a 34,3 milioni, ossia solo 4,7 milioni in meno del massimo (39 milioni) pattuito due anni or sono. Considerando che prima dello sciopero che ha cancellato la stagione 2004-05 il budget di diverse squadre era inferiore all'attuale minimo di spesa, lasciamo al lettore decidere se ne sia valsa la pena restare un anno senza hockey.

È tuttavia indiscutibile che, anche con un massimo di oltre 50 milioni, i General Manager devono procedere con prudenza sulle sabbie mobili del mercato, con un occhio alle esigenze tecniche dell'allenatore e un occhio alle direttive del contabile. Mai come in queste ultime stagioni è imperativo costruire una rosa equilibrata. Aprire troppo i cordoni della borsa per un solo giocatore significa dover completare la rosa con atleti mediocri.

Jay Feaster, il General Manager dei Tampa Bay Lightning, sembra aver sottovalutato questo pericolo e, incapace di sacrificare uno tra Martin St. Louis, Brad Richards e Vincent Lecavalier, ha deciso di tenerli tutti e tre. E visto che nessuno dei fuoriclasse ha deciso di restare a Tampa solo per il caldo sole della Florida, la spesa è stata ingente.

Per l'attuale campionato, St. Louis intasca 6 milioni, Lecavalier 7,167 e Richards 7,8. A bilancio figurano poco meno di 20 milioni di dollari (fa stato la media sull'intera durata del contratto, non lo stipendio dell'anno in corso) per tre soli giocatori, ossia quasi il 40% di quanto è consentito spendere per l'intera rosa. Il fatto che gli stessi St. Louis, Lecavalier e Richards abbiano realizzato quasi il 50% dei punti dei Lightning conferma sì che sono fortissimi ma, ahimè, anche che l'errore è stato grosso.

Meno di quattro anni fa, nell'ultima stagione senza limiti di spesa, i Tampa Bay Lightning hanno alzato la Stanley Cup con una squadra nella quale gli attuali tre divoratori di tetto salariale erano supportati da un cast di tutto rispetto. All'attacco, Cory Stillman (80 punti), Fredrik Modin (29 reti), Dave Andreychuk (21 reti) e Ruslan Fedotenko (12 reti solo nei Play Off) davano man forte a St. Louis, Lecavalier e Richards, mentre la difesa era puntellata da Pavel Kubina, Darryl Sydor e Cory Sarich, senza contare Nikolai Khabibulin tra i pali.

Quest'anno, invece, i venti milioni investiti in tre soli giocatori hanno costretto Jay Feaster a completare la squadra facendo le nozze con i fichi secchi. Tolto Vaclav Prospal, che con i suoi 39 punti per "soli" 1,9 milioni di dollari all'anno è manna dal cielo, in attesa di Dan Boyle il miglior marcatore del resto della rosa è Paul Ranger, un difensore, seguito a ruota da Michel Ouellet, uno specialista del Power Play scaricato dai Pittsburgh Penguins. A seguire, tanti lavoratori, da Chris Gratton a Jason Ward, da Craig McDonald ad Andreas Karlsson.

Addossare tutte le colpe dei problemi incontrati dai Lightning a Jay Feaster sarebbe però ingiusto e riduttivo. Al momento, la lacuna più grave si trova tra i pali. La mossa di sostituire il partente Nikolai Khabibulin con Marc Denis era apparsa brillante. Il 31enne portiere russo, che aspirava a monetizzare le sue incredibili prestazioni nella stagione del titolo, veniva rimpiazzato da un estremo difensore di quattro anni più giovane, reduce da cinque buone stagioni in una franchigia disastrata come Columbus e che si accontentava di meno di tre milioni l'anno.

Nessuno, allora, poteva immaginare che Denis avrebbe fallito miseramente la sua avventura in Florida e che un anno e mezzo più tardi sarebbe stato spedito nella AHL. Johan Holmqvist, dal canto suo, si era fatto trovare prontissimo la stagione scorsa quando l'esperimento Marc Denis era fallito, ma ora il suo rendimento è colato a picco, come la sua fiducia.

Il 29enne di Tolfta, in Svezia, appare contratto, i suoi interventi sono dettati dalla foga, da sempre il nemico peggiore di un portiere, che invece deve restare calmo onde evitare di compiere il movimento di troppo che lo porta fuori posizione. La paura di sbagliare che attanaglia Holmqvist è evidente, un dato di fatto che estende l'analisi alle responsabilità  dell'allenatore.

John Tortorella è da sempre abituato a utilizzare i giornalisti per lanciare messaggi ai suoi giocatori. Non di rado, quando la frustrazione per una partita andata male è ancora lungi dall'essersi sopita e le parole andrebbero quindi misurate, si scaglia con feroci critiche contro un atleta reo, a suo modo di vedere, di non esprimersi ai livelli richiesti.

Se di tanto in tanto questa strategia può rivelarsi utile per punzecchiare l'orgoglio di qualche stella con poca voglia di sacrificarsi, applicarla a prescindere può diventare controproducente, visto che si corre il rischio di acuire l'insicurezza di chi scende in pista. Johan Holmqvist, sostituito in quattro delle ultime cinque partite che ha giocato, sembra quindi sì una vittima del suo precario stato di forma, ma anche delle infelici uscite dell'allenatore.

Perso Marc Denis e psicologicamente forse anche Johan Holmqvist, Tortorella farebbe bene a gestire con i guanti di velluto il giovane e inesperto Karri Ramo, richiamato dai Norfolk Admirals. Ma nella partita del 27 dicembre contro i Montréal Canadiens, dopo averlo gettato nella mischia nel secondo tempo, lo ha inspiegabilmente richiamato in panchina a metà  del terzo periodo. Un modo decisamente discutibile di gestire un portiere 21enne alle prime armi in NHL.

A un passo dal giro di boa della Regular Season, è ancora prematuro eliminare i Tampa Bay Lightning dalla corsa ai Play Off. Vincent Lecavalier, Brad Richards e Martin St. Louis sono senz'altro in grado di trascinare da soli la franchigia della Florida nei primi otto posti. Ma per andare più lontano servono un organico profondo, un portiere che pari il parabile e ogni tanto l'imparabile, e un allenatore che sappia quali pulsanti pigiare e quali fili tirare per far rendere al meglio i suoi protetti. Tre elementi che finora devono essersi persi nelle paludi delle Everglades.

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