Charlie Davies (Hammarby IF), uno dei ragazzi da richiamare in America
Si avvicina la finestra di mercato di gennaio e anche quest'anno, come sempre di più sta avvenendo da un po', i nomi di molti giovani talenti americani sono nelle liste di società e procuratori pronti ad ingaggiarli per portarli in Europa.
I rumors di queste ultime settimane dovrebbero far preoccupare qualcuno a capo della MLS. L'ultimo nome uscito, riportato dai media inglesi, è quello del centrocampista del Toronto FC Maurice Edu, 21enne rookie of the year, già 2 partite in Nazionale, che sarebbe fortemente voluto dall'Aston Villa. C'è poi il giovanissimo Jozy Altidore, 18enne attaccante dei NY Red Bulls, già cercato da Real Madrid e Atletico Madrid dopo lo splendido Mondiale Under 20 e le ottime prestazioni nella MLS 2007. E' probabilmente la volta buona per Eddie Johnson (Kansas City Wizards), da oltre un anno nelle mire dei club della EPL (stavolta è il Reading), come anche Michael Parkhurst (New England Revolution), difensore dell'anno, passaporto irlandese: su di lui ha messo gli occhi il Fulham, che vorrebbe farlo crescere accanto al connazionale Carlos Bocanegra. Ma non basta. Persino giocatori non certo di primo piano, come l'attaccante degli Houston Dynamo Joseph Ngwenya, fondamentale nella corsa alla MLS Cup, rischia di andarse, essendo in prova all'Alemannia Aachen, in Bundesliga II.
E fin'ora abbiamo parlato dei grandi. Il problema però si estende anche ai gradini più bassi, e cioè ai giocatori in uscita dal college, che spesso preferiscono tentare l'avventura in Europa pur di non dover sottostare alle paghe da fame ($13.000 lordi per chi vive a NY o Los Angeles è da fame) che la MLS impone ai giocatori al primo ingaggio da pro (i cosiddetti Developmental Players), tolte rare eccezioni. Giocatori che poi spesso in Europa trovano la loro dimensione, crescendo e formandosi in ambienti assai più "calcistici" per tradizione e pressione, arrivando sino alla Nazionale. Due esempi per tutti: Jay DeMerit, difensore del Watford "scappato" dalle riserve di Chicago; Sal Zizzo, ala di UCLA, messosi in luce al Mondiale U20 è oggi al Hannover '96 in Bundesliga (seppur sempre tra panchina e tribuna) ed è sempre tra i chiamati di Bob Bradley.
Non dimentichiamo poi che la MLS non è stata in grado di valorizzare il talento di Freddy Adu, finalmente esploso al Mondiale Under 20, che al benfica sta facendo vedere di che pasta è fatto, tirando fuori tecnica e personalità . Un giocatore che sembra essere in giro da una vita, ma che in realtà ha solo 18 anni! Come lui, percorso simile ma con meno successo al momento, il centrocampista Danny Szetela, che tra infortuni e problemi coi coach non è mai sbocciato a Columbus, e che adesso spera di affermarsi nella Liga col Racing de Santander, anche se al momento non trova molto spazio.
Nel frattempo però, a parte David Beckham, Cuahutémoc Blanco, Guillermo Barros Schelotto e il fallimento Denilson, più la sorpresa Luciano Emilio, non è che invece sia stata "eccessiva" la quantità di talent importata quest'anno. E con l'arrivo di San Jose quest'anno, e di Seattle e forse Philadelphia nel 2009, il rischio è che tra americani che partono per l'Europa e talenti che non arrivano il livello tecnico già non eccelso della MLS si diluisca e crolli.
Ed è quindi probabilmente da ascrivere a questa situazione la scelta della lega di estendere a 8 il numero degli stranieri tesserabili, con il commissioner Don Garber che ha apertamente affermato che quest'anno aumenteranno le importazioni da Sud e Centro America. Ma certo se oltre che in giocatori non si amplia la gamma degli osservatori è dura. Sarebbe intollerabile che un altro giocatore come l'honduregno David Suazo, uno quindi che giocava nel backyard degli USA, come gli americani chiamano il Centro America, a 20 anni finisca al Cagliari invece che nella MLS. È quella l'età in cui andare a colpire, perché è ovvio che poi a 27 questi preferisca giocare nell'Inter piuttosto che in qualsiasi squadra USA.
Non solo però. Dall'approvazione della regola del Designated Player ci si aspettava l'arrivo di grandi stelle, e qualcuno come visto è stata ingaggiata, ma i numeri sono troppo limitati ancora. Anche se va notato come Houston e New England, le finaliste di MLS Cup, ne fossero prive. Ma non è certo una giustificazione. Di infusione di talento nella MLS ce n'è bisogno eccome, se poi è un misto di professionalità europea e tecnica sudamericana meglio ancora. Sicuramente meglio della folle scelta anni '70 di importare nella NASL giocatori di livello non certo altissimo, al massimo onesti professionisti più qualche giovane stellina (Trevor Francis, Peter Bearsdley, Mark Hateley, ecc.): lo spettacolo era inesistente, e contribuì certamente all'allontanamento di molti. Il rischio oggi è ancor più grande, perché il pubblico americano del 2000 conosce, capisce e apprezza il calcio, potendo vedere partite di Premier League, Liga, Serie A, Bundesliga, Eredivisie, Scottish Premier League, Argentina, Braile, Messico e anche Uruguay per 24 ore al giorno, attraverso canali come ESPN, Fox Soccer Channel, GolTV e Setanta Sports. Un pubblico che sa quindi riconoscere il calcio buono da quello che non vale. Lo stesso pubblico che affolla in 80.000 gli stadi di NY e Seattle per vedere il Real Madrid, il Barcellona, il Manchester o Juventus e Milan, ma che per andare a vedere Red Bulls o prossimanete San Jose, pretende un livello tecnico alto e possibilmente spettacolo.
Purtroppo però per ottenere questo non bastano investimenti sugli stadi e sulla community calcistica locale. Servono soldi per il salary cap (fermo a poco più di $2 milioni), sui giocatori, sugli allenatori (con un mix di stranieri con voglia di realizzare negli USA, ma anche di americani, con licenza però) , sugli osservatori, sulle squadre primavera e così via.
L'investimento sui giovani è fondamentale. La MLS dovrebbe piantarla di affamare i giovani in uscita dal college, ma anche di maltrattare quelli che magari vorrebbero tornare dopo aver tentato la fortuna con più o meno successo. È chiaro che è un atteggiamento mirato a scoraggiare la scelta europea, ma il rischio è quello di rendere la MLS ancora meno appetibile di quanto sia per i giovani talenti. Non è che si debba iniziare a scialare proponendo contratti monstre, ma certo offrire loro noccioline non è certo l'ideale.
Il discorso nasce dal fatto che seppur siano molti a voler andare in Europa, altri vorrebbero tornare ma in pratica non ne hanno la possibilità , visto che anche stando su una panchina di una squadra svedese guadagnano più che a tornare nella MLS alle condizioni attuali. Diverso il caso in cui venissero trattati normalmente. Per fare degli esempi, penso a un giovane come l'attaccante Preston Zimmerman: 19 anni, attualmente milita nella Primavera dell'Amburgo. Lui stesso magari preferirebbe trasferirsi negli USA per uno o due anni e fare esperienza da titolare. Farebbe bene a lui e farebbe bene alla lega, ma la situazione attuale non lo consente. Un altro potrebbe essere Eric Lichaj, ottimo difensore proveniente da North Carolina e ingaggiato a luglio dall'Aston Villa. Infortunatosi ad un piede dovrebbe essere proprio nella parte finale del campionato: non sarebbe meglio per lui tornare da titolare e giocare per poi ripresentarsi pronto per la Premier League, magari a gennaio 2009. Nella situazione attuale invece rischia solo di ammuffire, e la MLS non fa nulla per attirarlo. O ancora: Charlie Davies, attaccante degli svedesi dell'Hammarby IF, cui è andato lasciandosi alle spalle il Boston College, ma dove non si è ambientato pienamente. Non sarebbe meglio per lui tornare e magari anche per la MLS riportarlo, magari a Kansas City, dove se andrà via Eddie Johnson avranno necessità di un attaccante e i soldi per prenderlo.
Hammarby vs Gais 4-0, tripletta di Charlie Davies
Ad essere tornati l'anno scorso sono stati solo in 2: il 19eenne Robbie Rogers, che però ha lasciato gli olandesi dell'Heerenveen più per motivi personali che tecnici, finito a Columbus con un contratto al minimo, e Conor Casey, passato dal Mainz ai Colorado Rapids, ma per lui, ex Nazionale, la situazione era ovviamente diversa, come anche per Claudio Reyna, tornato a casa con la clausola DP. Nient'altro, un po' poco.
La MLS ha necessità di puntare a tutti gli Yanks Abroad, rendere appetibile la possibilità di tornare, per i più vecchi (vedi un Brian McBride o un Kasey Keller) come per i più giovani (vedi sopra), di modo che questi possano diventare esempi da seguire per i giovani atleti americani, che solo da poco hanno iniziato a scegliere il calcio come possibilità professionale magari in alternativa all'hockey o al baseball. E poi, come abbiamo scritto sopra, la MLS con l'ampliamento del numero delle squadre e dei giocatori presenti in ogni rosa (oggi massimo 18 pro), ha bisogno di talenti, e non può solo pensare a prendere stranieri.
Peraltro reimportando calciatori americani sia più anziani che ancora giovani ma con esperienza europea, la MLS avrebbe la possibilità di inserire all'interno delle proprie elementi di stile, professionalità ed organizzazione che possono essere solo di stimolo alla crescita dei singoli e della lega nel suo insieme, contribuendo poi sia allo spettacolo che alla fondamentale necessità di identificazione dei tifosi coi propri beniamini sul campo.
Un'apertura reale del mercato quindi, che consenta un più facile via vai di calciatori, in uscita ma anche in entrata, sembra essere l'unica possibilità per assicurare alla MLS il talento necessario alla sua continua espansione e alla fame del pubblico USA di buon calcio. Un'apertura che però ad oggi ancora non c'è. E si vede.