Nate Jaqua, centravanti di Houston, che stasera guiderà contro i Revs nella finale di MLS Cup 2007
Sarà probabilmente assente l'eroe e MVP della finale di MLS Cup 2006, l'attaccante hawaiano e della Nazionale Brian Ching, fermato da un problema ad un polpaccio nella semifinale contro Kansas City.
Con lui fuori la coppia d'attacco di Houston dovrebbe essere formata da Joseph Ngwenya, 26enne dello Zimbabwe arrivato a campionato iniziato dal Columbus Crew, e dal lungagnone (uno alla Peter Crouch del Liverpool per intenderci) Nate Jaqua, come Ngwenya 26 anni e anche lui arrivato durante l'anno dai Los Angeles Galaxy.
La curiosità inevitabilmente, vista la sede della finale di MLS Cup di quest'anno, l'RFK Stadium di Washington, non può che focalizzarsi su quest'ultimo, principalmente a causa di un'incredibile coincidenza.
Ci sarà infatti una persona particolarmente emozionata a seguire Jaqua questa sera, visto che L'RFK è stato il suo stadio per 3 anni. Parliamo dell'ex safety (l'ultimo giocatore fra il portatore di palla e l'end zone, scrive il nostro collega Moro ne "L'ABC del Football" su PlayitUSA) dei Washington Redskins dal 1970 al 1972 Jon Jaqua, padre di Nate. È infatti al RFK che la "George Allen's Over the Hill Gang" riprese mano la franchigia di D.C. è la porto fino alla Super Bowl VII nel 1972 persa contro i Miami Dolphins 14-7.
“Mi ricordo di tutto ciò che abbiamo fatto al RFK come se fosse ieri", ha dichiarato un emozionatissimo Jaqua dal suo ranch Eugene, Ore., al Washington post. “I luoghi, i suoni, la gente" Ma il mio ricordo più forte è di quando stavo in mezzo al campo verso la fine di un match che sapevamo aver vinto ormai, rivedo tutto come alla moviola, con il rumore dei tifosi sullo sfondo, in una sorta sogno completamente reale". Lo stesso sentimento che Jon Jaqua spera possa vivere suo figlio Nate nella finale che gli Houston Dynamo giocheranno stasera (ore 18.00 italiane, diretta sulla ABC, TVUPlayer in streaming per l'Italia).”Ricordo di quando dicevo a me stesso di sperare che un momento come quello non finisse mai".
Jaqua, ritiratosi nel 1974 a soli 26 anni per problemi d'artrite e oggi 59enne, invece che sul campo oggi sarà a Washington sugli spalti, ma non per una reunion con i suoi vecchi compagni (anche se il post racconta che dormirà a Loudoun County ospite dell'ex room mate e guardia dei Redskins Paul Laaveg), per ammirare suo figlio, che con i 6 gol messi a segno in 15 partite si è dimostrato fondamentale nella corsa dei Dynamo verso la finale di MLS Cup. Finale che cade proprio in una domenica in cui Redskins sono a Dallas a giocare contro gli odiati rivali Cowboys.
Nonostante non sia la prima volta che il padre va a vedere il figlio giocare in MLS, stavolta entrambi sanno che è diverso. “So che significa molto per mio padre vedermi scendere in campo al RFK Stadium", ha detto Jaqua al Post, che quando aveva 15 anni, nel 1996, accompagnò il padre a vedere l'ultimo match della Redskins al RFK prima del loro trasferimento al più grande (91.000 posti contro contro i 56.000 del RFK) Jack Kent Cooke Stadium (oggi FedExField). in 1996. “Non ho mai potuto vedere mio padre giocare, ma mi ha sempre parlato delle grandi partite e di cosa volesse dire essere un Redskin“.
Jon Jaqua sbarcò a Washington nel 1970 come free agent dal piccolo Lewis & Clark College dell'Oregon, di cui dal 1981 è nella Hall of Fame. In campo tutte le partite nelle prime 2 stagioni a Washington, nel 1972 fa solo 8 aparizioni, nell'anno in cui Redskins vincono l'NFC East battendo Packers e Cowboys nei playoffs, prima di perdere, come abbiamo detto, contro gli imbattuti Dolphins, 14-7, nel Super Bowl VII giocato a Los Angeles.
Il Super Bowl è l'ultima partita di Jaqua nella NFL. Una serie di infortuni lo tiene fuori per tutta la stagione successiva, e dopo non aver superato le visite mediche con i Bears nel 1974 Jaqua decide di ritirarsi. Tornato in Oregon, gestisce il McKenzie Oaks Ranch e una fonderia con l'ex compagno di squadra Tim Stokes, oltre ad aver lavorato per il dipartimento economico dello Stato.
È nel ranch dove lavora il padre che Nate Jaqua ha imparato a giocare a pallone, anche se grazie principalmente alla madre, una soccer mom, che voleva evitare al figlio i problemi fisici in cui era incorso il padre. Dal ranch ad una high school dell'Oregon, dove diviene player of the year, Nate passa alla University of Portland, dove gioca per 3 anni mettendo a segno 29 gol ed entrando nel third-team all-American da junior. Lascia il college con un anno d'anticipo accettando l'offerta dei Chicago Fire, terza scelta assoluta nel draft 2003.
In 4 stagioni a Chicago Jaqua mette a segno 21 gol e 11 assist in 97 partite, con un record massimo di 8 gol in una stagione. Lo scorso anno, viste le offerte in arrivo dall'Europa, Chicago lo lascia unprotected nell'expansion draft di Toronto, con Mo Johnston che decide di selezionarlo, per poi però cederlo Los Angeles. La prospettiva di poter andare a mettere in rete i cross di David Beckham intriga Jaqua, ma il suo rendimento a L.A. non rispetta le aspettative (1 solo gol e tanti mangiati), e a luglio i Galaxy lo spediscono a Houston in cambio del difensore Kelly Gray e di una scelta al draft.
A Houston però Jaqua rifiorisce, mettendo a segno 6 gol e 2 assist in 15 match di regular season, e poi anche il 2-0 contro Kansas City nella finale di Western Conference della scorsa settimana, dove a seguito di una gomitata in faccia a Jack Jewsbury dei Wizards ha però rischiato di saltare la finale, rimediando però solo un cartellino giallo. “Mi sono trovato male a L.A., e ho visto il trasferimento come un'opportunità . E oggi sono ancor più contento della scelta. Sono felice a Houston, ove ho trovato un grande gruppo, ed è bellissimo giocare al Robertson Stadium", ha detto Jaqua allo Houston Chronicle.
Scelta che oggi è la gioia del padre: “Un ex dirigente dei Redskins mi ha mandato un'e-mail l'altro giorno in cui mi diceva di fare un giretto nello stadio alla ricerca del mio armadietto".
Nostalgia canaglia per papà Jon, che però la sua finale l'ha persa 35 anni fa. Big time per Nate stasera, che vuol vincere e magari volare in Europa.