The Glory of Their Times – Lawrence Ritter
Un uomo apprende nel 1961 della morte di Ty Cobb. Alla sua mente affiorano i ricordi di quando, da bambino, andava allo stadio accompagnato dal padre, per vedere giocare i primi eroi del diamante del XX secolo. Alla nostalgia si accompagna un senso di inquietudine: il più rappresentativo giocatore di un importante periodo della storia del baseball se ne è andato e, inevitabilmente, il tempo prenderà con sé via via anche gli altri.
E le generazioni a venire? Come apprenderanno delle imprese di questi pionieri? Certo ci saranno le statistiche ufficiali, sempre diligentemente archiviate dalle Major Leagues; ma i numeri non raccontano la storia.
Ecco allora che Lawrence Ritter carica in macchina un registratore che non sa nemmeno usare bene e comincia a macinare kilometri alla ricerca di coloro che possano regalare ai posteri le più vivide immagini dei primi vent'anni del Novecento. Alla fine 75.000 miglia di strada passeranno sotto i suoi pneumatici, e chissà quante di nastro saranno incise dalle voci di vecchi giocatori che ricordano i propri giorni di gloria.
Il prodotto di tanto lavoro è The Glory of Their Times, un libro ormai considerato uno standard di riferimento, l'unità che assolutamente non deve mancare da una biblioteca dei diamanti.
Alcune delle edizioni successive all'originale del 1966 sono uscite accompagnate dalla viva voce dei campioni, prima su cassetta e, più recentemente, in Compact Disc: le registrazioni di Ritter, invece, riposano oggi a Cooperstown, il tempio ove si recano in adorazione i cultori del baseball.
Ventisei giocatori narrano la gloria dei propri tempi; diversi sono Hall-of-Famers, alcuni eletti in seguito alla pubblicazione del libro, forse proprio grazie alla rinnovata passione dovuta alla diffusione del volume. Per scovarli Ritter è andato per tentativi (non esisteva nessuna Players Association che potesse fornire indicazioni): spesso la tattica di miglior successo consisteva nel cercare, negli elenchi telefonici dei paesi di nascita, un cognome uguale a quello del giocatore e contattare la persona nella speranza che si trattasse di un parente più o meno prossimo.
Le storie che escono dalle voci di Rube Marquard, Sam “Wahoo” Crawford, “Sad” Sam Jones e tutti gli altri, raccontano di viaggi clandestini su treni merci per raggiungere il luogo di un tryout e discussioni per far accettare ai propri genitori un lavoro che non godeva del prestigio di oggi.
E' un baseball di guanti minuscoli, mazze pesantissime e palle che sembrano uscite da una falegnameria, tanto sono state lavorate dai lanciatori.
E' un baseball di giocatori senza agenti, legati a vita ai voleri dei rispettivi owners, forti di una Reserve Clause che non lasciava certo presagire l'avvento della Free Agency e dei contratti multimilionari.
E' il baseball di John McGraw, piccolo Napoleone alla guida dei Giants veramente Giants; di Ty Cobb, il più feroce combattente che non faceva prigionieri; di Honus Wagner, campione cordiale che esordiva in terza base con un guanto da prima.
C'è un ricevitore che viene deriso dai colleghi perché indossa una serie di oggetti protettivi quando tutti si posizionano dietro al piatto muniti solo di un guanto imbottito.
C'è una controversa azione che regala ai Cubs un pennant e a Fred Merkle una pesante etichetta per il resto della carriera e della vita.
C'è una squadra che si vende le World Series e un'altra che non ci sta ad essere ricordata come quella che non avrebbe avuto chances se i Sox avessero deciso di giocarsela.
C'è un giovane “incorreggibile” che compie la scalata da un orfanotrofio di Baltimore al cuore di tutti gli Americani.
“The Glory of Their Times sarà in circolazione finchè ci sarà il baseball” è l'apprezzamento al libro di Nelson Algren, che si aggiunge ad una lunga fila di altri che hanno portato il volume a numerose ristampe.
Anche tra i giocatori di “nuova” generazione l'opera ha riscosso enorme successo, nonostante molti pionieri dichiarino tra le pagine che le giovani leve non reggerebbero il loro confronto. Per Bob Feller è “un libro meraviglioso”, mentre Ted Williams “il giorno dopo averlo finito [ha] ricominciato a leggerlo daccapo”.
Ritter, prima del suo viaggio in cerca dei campioni, non si era mai cimentato nella scrittura, ma con “The Glory of Their Times” si è guadagnato un virtuale Rookie of the Year Award e uno spazio (reale) nella Hall of Fame.