Così vai via, Freddy

L'arrivo di Freddy Adu a Lisbona ha avuto grande risalto sui media locali

La prima volta che parlammo di Freddy Adu su Playitusa era il 29 marzo 2004, quattro giorni prima del suo esordio da professionista con i D.C. United all'età  di 14 anni e 10 mesi, in un articolo intitolato parafrasando una canzone natalizia "Santa Adu is Coming to Town" . Probabilmente i primi in Italia a descriverne le origini ghanesi, la favoleggiata parentela col calciatore Anthony Yeboah (invece lo zio si chiama Tony Yeboah e fa l'allenatore di ragazzi) o dei $350.000 offerti dall'Inter ai Potomac Cougars del Maryland per averlo a partire dal 2007.

In questi anni in cui abbiamo raccontato la MLS su Playit, e poi anche su grandi giornali come Guerin Sportivo e Calcio2000, Freddy Adu è sempre stato un argomento di discussione che ha diviso, in Italia come negli Stati Uniti, dove ha trovato fans (Larry Ellinger, prima all'Under 17 e poi al Real Salt Lake dove lo ha voluto, Dave Sarachan dei ex coach dei Chicago Fire) e scettici (il coach del D.C. United Piotr Nowak, l'ex CT della Nazionale Bruce Arena, che non lo ha mai amato) tra i tecnici come tra gli osservatori e i media.

Grazie a lui i riflettori dei media americani erano tornati sul calcio come non succedeva dai tempi di Giorgio Chinaglia e Pelé, cui Freddy veniva persino ingiustamente paragonato, gli anni d'oro dei Cosmos e della NASL, defunta 20 anni prima. Era sulle copertine di tutti i giornali, andava ospite a palleggiare al David Letterman Show, su di lui la Nike investiva milioni. E tutto per un ragazzo di soli 14 anni che, va detto, è comunque riuscito in questi anni a non montarsi la testa, nonostante il continuo sali e scendi tra stelle e stalle. Bella una sua dichiarazione durante il mondiale Under 20 che dà  molto l'idea di cosa sia per lui il caclio: "Il soccer è divertimento. Se non ti diverti non puoi giocare bene".

Nonostante le premesse, l'inizio in maglia rossoneri di D.C. non è facile per lui, che comunque anche fisicamente non è un colosso. Il giorno dell'esordio, avvenuto davanti ad oltre 30.000 tifosi presenti sugli spalti del R.F.K. Stadium di Washington, Bruce Arena dice: "Dobbiamo avere pazienza". In realtà  nessuno ha molta pazienza con lui, e chi ci prova (vedi alla voce Nowak) viene attaccato dai media e dallo stesso Adu e dal suo entourage. Tutti vogliono in campo Freddy Adu, ma poi da lui pretendono che faccia il David Beckham o il Ronaldinho della situazione, uno in grado di accendere la fantasia degli appassionati di calcio, un qualcosa di cui la MLS aveva (ha) un disperato bisogno.

Ma lui non può ancora. La tecnica c'è tutta, e anche il dribbling, ma corpo e testa sono ancora inevitabilmente quelli di un ragazzo di 14 anni. E per questo Nowak decide di usarlo col contagocce per non bruciarlo, un po' come faceva Carletto Mazzone quando un giovanissimo Francesco Totti si affacciò in Serie A all'età  di 16 anni. C'è però un problema: Nowak lo usa fuori ruolo, mettendolo spesso all'ala, visto che in mezzo il posto è del maturo argentino Christian Gomez, MVP 2006 e trascinatore di D.C. alla MLS Cup 2004. e giocarer fuori ruolo non aiuta, specie se non hai, come Adu, il passo dell'ala.

"Quando abbiamo messo sotto contratto Freddy su di lui c'erano delle aspettative assolutamente irrealistiche. Non si poteva pensare che diventasse una stella della MLS mentre era ancora un teenager", ha dichiarato l NY Times Ivan Gazidis, deputy commissioner della lega. "Considerata la sua età  è però comunque uno dei migliori giovani che gli USA abbiano mai avuto. Certo è impossibile controllare le aspettative della gente, ma se ricapitasse oggi sicuramente rifaremmo tutto ciò che abbiamo fatto con lui, non ci faremmo scappare di sicuro l'occasione".

Dopo tre stagioni tra alti (pochi) e bassi (molti), con tanta panchina alle spalle e poco spazio in Nazionale (niente convocazione per i Mondiali di Germania), in inverno Freddy, dopo un provino fallito al Manchester United, decide di lasciare D.C., in accordo con Nowak (che però di lì a poco avrebbe lasciato per raggiungere in Nazionale il CT Bob Bradley), andandosi a trasferire al Real Salt Lake. Nello Utah ritrova il suo maestro dell'Under 18, il coach Larry Ellinger, chiamato a rilanciare un team a rischio scomparsa dopo essere appena stato ammesso nella MLS. Ma mentre la società  è riesce ad aggiustare le cose, ottenendo il via libera alla costruzione del nuovo stadio, il team si rivela il peggiore della lega, e Adu ne rimane travolto, come anche Ellinger, che viene “passato ad altro incarico”, sostituito dal compagno di squadra di Adu Jason Kreis, ritiratosi dal calcio giocato per l'occasione. Per lui sembrava la fine. In molti a quel punto iniziano a scrivere "coccodrilli" sul giocatore che sarebbe potuto essere e non è mai stato. Dimenticando ovviamente che si sta parlando di un 17enne!

Mentre quindi il trasferimento nella peggiore squadra della MLS lo stava ormai portando definitivamente nei meandri dell'oscurità  calcistica, ecco che arriva il Mondiale Under 20, il suo terzo. Risultato: una tripletta, assist continui, un numero meraviglioso contro la difesa brasiliana per il gol della vittoria dell'altro ragazzino prodigio a stelle e strisce, Jozy Altidore. E di nuovo l'interesse di giornali e squadre europee è su di lui. Inter, Chelsea, Lazio, Celtic Glasgow e, infine Benfica.


Un video di benvenuto dei tifosi del Benfica dedicato alle gesta di Freddy Adu

Freddy sceglie la Portela, e l'allenatore del RSL Kreis non pone veti alla sua cessione. Deve anche aver pensato che spendere un quarto del salary cap assegnato dalla MLS alla franchigia di Salt lake per un giocatore che ha messo a segno solo 12 gol in poco più di tre stagioni è forse un po' eccessivo. Infatti Adu lascia la MLS con numeri così così: 98 partite giocate in 3 stagioni e mezza, 12 gol e 19 assist.

Per averlo il Benfica paga meno di €1.5 milioni (€1,462 per la precisione, come dichiarato dal benefica, quotato in borsa a Lisbona, alla CMVM). La trattativa si dilung un po', visto anche che la MLS (titolare del cartellino del giocatore) inizialmente non lo vuole lasciare andar via per meno di 7.5 milioni. Ma alla fine, anche per non perderlo a parametro zero a dicembre, la lega decide di accettare l'offerta del Benfica, rinunciando anche ad un'opzione per due anni, che avrebbe però comportato un sostanzioso aumento di stipendio per il giocatore, con i conseguenti problemi di equilibrio rispetto al salary cap ed ai massimali previsti (già  nel 2006 più di Adu hanno guadagnato i soli Landon Donovan e l'attaccante dei Kansas City Wizards e della Nazionale USA Eddie Johnson). In ogni caso nell'accordo è prevista una cifra, non resa pubblica, che la MLS incasserà  in caso di cessione del giocatore ad altra squadra. Col Benfica Adu ha firmato un contratto di cinque anni a circa €650.000 annui.

Credo che nessuno nel 2004 avrebbe mai pensato che Adu, raggiunti i 18 anni, si sarebbe trasferito in Europa a cifre così basse, di cartellino come di contratto. Per lui comunque sembra essere la scelta migliore possibile tra quelle disponibili. In squadre come Inter e Chelsea si sarebbe probabilmente appassito in tribuna. Forse sarebbe andata meglio alla Lazio, dove uno come Delio Rossi, bravissimo coi giovani, lo avrebbe fatto crescere nel modo migliore, caratterialmente e fisicamente, anche se l'impatto con la Serie A sarebbe probabilmente stato molto duro. Al Benfica comunque non sarà  facile. La Superliga portoghese non è una passeggiata, e trovare spazio tra gente come Rui Costa o l'attaccante paraguayano Oscar Cardoso, con la concorrenza di giovani come gli argentini Angel Di Maria (19 anni, dovrebbe sostituire Simao passato all'Atletico Madrid) e Andres Diaz (24, esterno destro) sarà  dura. Già  essere tra i convocati nei primi mesi dovrà  essere considerato un successo.

Il Benfica, come noto, è una squadra piena di storia e di successi: 2 Coppe dei Campioni (1961 e 1962), 31 campionati e 24 coppe portoghesi. Negli ultimi anni però le cose non sono andate benissimo, con la sola vittoria del campionato 2004/05 negli ultimi 14 anni, e un continuo salasso di talenti attirati dalle sirene (e dai soldi) spagnole e inglesi. Ma è pur sempre una squadra con 160,398 soci e un bellissimo stadio, il La Luz, con oltre 60.000 posti a sedere. Il Benfica è anche legato alla storia del soccer USA: il suo campione più grande, Eusebio, ha infatti giocato in tarda età  nella NASL con le maglie di Boston (allo stadio di Foxboro c'è persino una sua statua), Toronto (dove ha vinto il Soccer Bowl 1976) e Las Vegas.

Certo non è più però quello degli anni '60 di Eusebio, ma un team di seconda fascia europea che gioca in un campionato dove solo due squadre oltre al Benfica sono competitive (Porto e Sporting Lisbona). Ma almeno a Lisbona Freddy Adu avrà  la possibilità  e il tempo di adattarsi ai ritmi europei senza venire massacrato dai media e dal campo (come per esempio sarebbe accaduto in Inghilterra o Italia). L'importante, come disse Arena, sarà  avere pazienza.

Boa sorte Freddy.

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