Johnny Damon uno dei leader degli storici Red Sox 2004
Captain Caveman è il simpatico soprannome che Johnny Damon si è visto affibbiare da un giornalista per il suo tanto chiacchierato look che sfoggia ormai da un anno a questa parte.
I capelli lunghi e la barba che ricopre tutto il viso del giocatore dei Red Sox non sono solamente un motivo di pettegolezzo da talk show o rivista specializzata in mondanità , cosa diffusa ovviamente anche negli States e non solo qua da noi per le nostre star del calcio, ma hanno significato molto nell'avventura della squadra di Boston in questo storico 2004.
Date un occhiata alla barba geometrica di Papi Ortiz, ai dreadlock di Manny Ramirez, ai riccioli confusi di Pedro Martinez o all'ultima trovata di Bronson Arroyo con treccine o allo stile Amish del pizzetto di Kevin Millar. Insomma è chiaro che siamo ben lontani da un'altra clubhouse con un altro clima che si trova indovinate un pò … si proprio li dalle parti del Bronx.
Regola n. 1 infatti quando si arriva ai New York Yankees è il taglio dei capelli se troppo lunghi ed eventuale barba o baffi. Si perchè “the Boss” ama l'ordine e la pulizia in maniera maniacale e se si vuole poi ritirare qualche assegno con il suo autografo e d'obbligo ubbidire.
Regola n. 1 quando invece si arriva a Boston in questi ultimi tempi, è quella di vivere con spensieratezza tanto che a volte si rasenta un pò di giusta follia o come dice il capitano cavernicolo essere dei perfetti idioti.
Damon lo ha anche ribadito nel famoso show della CBS, che si vede anche in Italia, il Late Night With David Letterman quando in un divertente batti o ribatti con il conduttore ha definito i Boston Red Sox un mucchio di idioti.
Altro clima quindi tra le calze rosse che non amano la formalità e hanno saputo ribaltare non solo la storia che giocava contro di loro ma quel che più conta soprattutto le partite. Come in quella serie che tutti hanno definito le vere World Series del 2004, quando Boston è stata capace di rimontare da uno 0 – 3 che già li condannava ad un 4 -3 niente meno che contro i nemici del Bronx, grazie proprio a quello spirito un pò guascone e sfacciato che ti permette imprese del genere.
Di questo mucchio di idioti Damon è sicuramente uno dei principali leader. Lo è anche per ragioni tattiche dato che batte per primo nel lineup di Boston e quest'anno si è affermato come il leadoff più produttivo di tutto il MLB. Capace di segnare 123 punti e di batterne a casa 94. Capace anche quando meno te lo aspetti di spararti un bel fuoricampo per rompere immediatamente l'equilibrio di una partita.
Curt Schilling, che qualche giocatore sembra che lo abbia visto nel corso della sua vita, ha detto parlando di Damon e del premio MVP 2004, che se l'esterno centro non sarà nei primi cinque vorrà dire che la gente capisce poco di Baseball.
La forza e l'impegno con cui Damon affronta qualsiasi partita ha talmente impressionato anche il calcolatore Theo Epstein, g.m. delle calze rosse, che più di una volta lo ha ringraziato pubblicamente per il suo carattere e per quello che fa per il team di Boston.
Allard Baird, general manager dei Royals, che fu uno degli scopritori di Damon, ricorda sempre quando si imbattè nel giovane Johnny nel 1990 anni in cui studiava nella Dr. Philips High School di Orlando e mentre cercava di scovarlo tra gli studenti impegnati nel batting practice prima di una partita si accorse che Damon non c'era. Infatti stava correndo una corsa di atletica, molto probabilmente lo stava facendo senza un grande interesse verso la disciplina ma unicamente per il gusto di competere.
La competizione è nel sangue di Damon e lui ce la mette tutta anche quando nel periodo invernale si allena sui marciapiedi di Orlando dove risiede. Facendo jogging cerca infatti di non farsi superare dalle macchine che gli passano affianco. Il limite di velocità è quello delle 25 miglia e se lui non si fa battere vuol dire che quella soglia è stata raggiunta, diventando così il suo metro di misura.
Dai tempi del suo esordio tra i pro nel 1995 con i Royals, Damon oltre a far crescere capelli e barba ha messo su muscoli e peso. Il suo fisico è totalmente cambiato e questo gli permette di avere più potenza ed anche miglior capacità di indirizzare la battuta dove vuole.
Il leadoff dei Red Sox ha però una brutta meccanica di battuta e osservandolo bene si nota come gambe e mani siano spesso fuori sincronia. Ciò è più evidente, come d'altra parte lo è per tutti i battitori, soprattutto quando durante lo swing ci si accorge di essere in ritardo e per cercare di recuperare sull'arrivo del lancio bisogna lavorare in perfetta sintonia tra anche e mani per reindirizzare il movimento del corpo.
Questo swing un pò goffo, come poi spesso accade diventa poi nella pratica un'arma letale che unita alla sua capacità di riuscire a tenere sempre inquadrata la palla lanciata, permette a Damon di tenersi vivo nel box di battuta con una facilità che ha pochi rivali nel MLB di oggi.
E' abbastanza normale per lui arrivare ai due strike e poi iniziare a battere una serie di fouls che non fanno altro che stancare e disorientare il lanciatore di turno. Il risultato finale è che Damon si ritrova a comandare sul lanciatore riuscendo a condizionare la scelta dei suoi lanci
Il fatto che il fondo del lineup dei Red Sox sia composto da ottimi battitori come per esempio lo sono Bill Mueller o Jason Varitek, ha permesso a Damon di battere un alto numero di RBIs cosa non sempre consueta per un leadoff. La sua media con corridori in posizione punto è di .355 con una percentuale slugging di .574.
La maturità per Damon è arrivata anche dopo aver superato una crisi matrimoniale che lo ha portato al divorzio nel 2002 e con il miglior rapporto con Terry Francona rispetto a quello che aveva con Grady Little. Una serie di circostanze e situazioni che hanno dato serenità e fiducia in se stesso al giocatore.
E poi il nuovo look ha fatto il resto tanto che quando arriva nella clubhouse si permette anche, in versione messianica, di benedire i compagni tanto che Bronson Arroyo si è presentato un giorno con una maglietta con una scritta che diceva: “Ma quale maledizione? Noi abbiamo Gesù dalla nostra parte”