La calda panchina di Bradley

Bob Bradley e Sunil Gulati, la strana coppia alla guida di Nazionale USA e Federazione

Alla fine la nomina tanto attesa del CT della Nazionale USA che sarà  in carica, o almeno dovrebbe, fino ai Mondiali sudafricani del 2010, è arrivata, e come da ultime previsioni, è toccata a Bob Bradley, CT ad interim sin dal dicembre scorso. Si potrebbe quindi pensare che il presidente della US Soccer Federation, Sunil Gulati, sia finalmente riuscito a chiarirsi le idée e a chiudere una querelle che andava avanti ormai da troppo tempo, sin da quando cioè dopo i Mondiali di Germania Bruce Arena era stato "dimesso" dall'incarico. Ma la certezza di avere un CT non più provvisorio, purtroppo è l'unica vera buona notizia. Infatti la situazione non appare così ideale.

In questi mesi Gulati ha dimostrato una totale incapacità  nella gestione del post-Arena. Prima ha a lungo inseguito Juergen Klinsmann, con l'idea di assegnare a lui l'incarico in gennaio, visto che il tedesco aveva chiesto una pausa dopo i Mondiali, laciando nel frattempo la guida al secondo, Glenn Myernick. Ma Myernick è prematuramente deceduto ad ottobre per un improvviso attacco di cuore. E così Gulati ha dovuto puntare sul piano B, con Bradley ad interim in attesa di Klinsmann. Grande esperienza internazionale da giocatore, reduce da un'ottima performance con la Nazionale tedesca ai Mondiali, residente in California, l'ex attaccante di Inter, Sampdoria, Stoccarda, Tottenham e Monaco sembrava l'uomo ideale per la Nazionale USA. Ma l'accordo non è stato chiuso sia per problemi di budget (la USSF aveva stanziato $1.7 milioni per coach e giovanili) che per l'impossibilità  da parte dello stesso di avere piena gestione delle vicende della Nazionale. Gulati è stato quindi costretto dalle circostanze ad ingaggiare Bradley ad interim nell'attesa di riuscire a pescare quel tecnico con esperienza internazionale in grado di dare una svolta alla Nazionale. Ma purtroppo, diciamo la verità , nessuno di quelli contattati ha mostrato un interesse reale. Carlos Queiroz, portoghese con alle spalle esperienze a Real Madrid e NY MetroStars, ha presto rinnovato con il Manchester United. L'allenatore del Lione, Gerard Houllier, sembra prossimo a trasferirsi su qualche altra panchina europea. Dell'argentino Jose Pekerman non si hanno molte notizie, se non che potrebbe trovare la panchina giusta dopo la Copa America di quest'estate. Ultimo, Sven Goran Eriksson: troppi soldi e poco interesse anche lui. E così, dopo 6 mesi, Gulati si è ritrovato tra le mani l'unica scelta possibile. Scelta che a dicembre gli era servita per prendere tempo, ma che col passare del tempo e delle partite a molti era sembrata sempre più inevitabile.

C'è chi ha scritto che la performance di Bradley sulla panchina della Nazionale nella striscia di quattro amichevoli giocata da gennaio ad oggi sia stata la vera ragione della conferma. Se fosse così però sarebe grave. Parliamo infatti di partite giocate, oltre tutto sempre in casa, contro nazionali come la Danimarca B e al massimo il Messico, squadre contro le quali negli ultimi dieci anni gli USA hanno vinto con regolarità . Sarebbe stato strano il contrario, a questo punto. E poi comunque Gulati sapeva benissimo cosa aspettarsi da Bradley, visto che del resto lui stesso dopo il match vinto contro il Messico a Phoenix aveva dichiarato: "Conosco Bob Bradley da 20 anni, e sarebbe difficile scoprire ancora qualcosa di lui non noto".

Considerazioni su Gulati a parte, dal punto di vista del lavoro compiuto, quello di Bradley è stato più che buono, sia in termini di risultati che di prospettiva. Oltre a non perdere mai, ha infatti lanciato giovani di talento dal grande futuro come suo figlio Michael Bradley, che tanto bene si è comportato quest'anno in Olanda con la maglia dell'Herenveen, come il centrocampista dei Dynamo Ricardo Clarck o come anche il giovanissimo Benny Feilhaber dell'Amburgo. Ma ha anche fatto delle prove che sembra siano andate bene, come l'accoppiata d'attacco formata da Chris Rolfe e Landon Donovan che ha steso il Messico. Inoltre è riuscito alla svelta a guadagnarsi il rispetto dei giocatori, portando avanti il suo incarico "momentaneo" con grande dignità , professionalità  e competenza. Non sarebbe del resto il coach più vittorioso nella storia della MLS.

Ma come già  dicemmo a dicembre, un CT di respiro internazionale avrebbe potuto fornire alla Nazionale USA be altro standing alla Nazionale stessa. Giocar infatti nel giardino di casa contro le varie Guatemala, El Salvador e Trinidad, non è certo la stessa cosa di quando si scende in campo ai Mondiali, o anche in Copa America, come nell'estate a venire. Per tale motivo, arrivati a questo punto, Bradley dovrà  trovare il modo di giocare sempre col meglio dei suoi, visti anche gli impegni che aspettano la Nazionale da qui a luglio: Gold Cup, che gli USA giocheranno in casa e che sono detentori; Copa America, cui gli Stati uniti partecipano come nazione invitata, insieme al Messico, e dove troveranno in campo nazionali come quell'Argentina, contro la quale non si può scendere in campo se non con i migliori, se si vogliono evitare figuracce. Certo, ancora una volta, come già  avvenne prima dei Mondiali 2006, la Federazione ha sbagliato la "manovra di avvicinamento", non organizzando adeguate amichevoli di preparazione. Ma q uesto punto la palla è totalmente nelle mani di Bradley.

Bradley del quale purtroppo corre voce già  di un possibile esonero da qui a 18 mesi nel caso le cose dovessero andare male. Ma un approccio di questo genere sarebbe ancora più errato di quello tenuto sin'ora da parte di Gulati. Renderebbe insicuro l'intero ambiente e, probabilmente, metterebbe a rischio la stessa qualificazione degli USA a Sudafrica 2010. Cosa al momento impensabile, visti 3 slot previsti per la CONCACAF e un quarto ottenibile via playoff.

Comunque, a questo punto il dado è tratto.
Nella conferenza stampa di presentazione da CT, Bob Bradley, da bravo team leader qual è sempre stato, ha ricordato ai giocatori americani della Nazionale olimpica di hockey alle Olimpiadi invernali di Lake Placid del 1980: "A meno che una persona non fosse un vero e proprio aficionado del hockey, nessuno conosceva i nomi dei giocatori di quella Nazionale. Ma dopo la splenda vittoria finale, tutti conoscevano i loro nomi", ha detto l'ex coach di Chicago Fire, MetroStars e Chivas USA. "Quello che è importante per noi è diventare un team, dare valore al tempo che passiamo insieme, conoscerci l'un l'altro. Dobbiamo scendere in campo convinti di quello che stiamo facendo".

Parole ben diverse da quelle che avrebbe usato il suo predecessore, l'attuale coach dei NY Red Bulls Bruce Arena, del quale Bradley è stato a lungo assistente sia alla University of Virginia che ai D.C. United, che nei suoi otto anni da CT si era fatto conoscere sì per i successi, ma anche per le dichiarazioni taglienti nei confronti di giocatori, avversari, lega e Federazione.

Ha aggiunto Bradley: “Le varie Nazionali USA non hanno vinto molto recentemente, e questo perché in questo paese ci sìamo focalizzati troppo sui singoli prima ancora che questi abbiano dimostrato qualcosa in una squadra. E credo che ciò abbia fatto male". Ha citato l'esempio dell'Italia Campione del mondo 2006: "Era un gruppo di giocatori che durante l'anno si fanno la guerra l'un l'altro sul campo, ma durante i Mondiali sono stati fratelli di sangue. Ecco, noi dobbiamo sviluppare quel tipo di identità ". Identità  che negli USA è stata completamente assente nei recenti Mondiali, che li hanno visti uscire malamente al primo turno, dopo due sconfitte, con Repubblica Ceca e quella decisiva col Ghana, e un pareggio con l'Italia.

I 49enne Bradley non è certo un uomo limitato, essendosi guadagnato un Master in Sport Administration a Princeton, e avendo alle spalle ben 27 anni da allenatore. "Nonostante l'età  è uno della vecchia scuola, molto più duro anche di Arena a volte", ha detto di lui Landon Donovan, uno che apprezza molto il nuovo CT, come peraltro grande maggioranza dei nazionali, che si è pubblicamente espressa in suo favore.

Per quel che riguarda la squadra, mentre Arena decise di nominare Claudio Reyna capitano, Bradley ha già  detto di voler far ruotare la carica, tanto più dopo il ritiro dei senatori Reyna, Brian McBride e Eddie Pope. E così Donovan, Jimmy Conrad e Pablo Mastroeni si sono scambiati la fascia in queste prime quattro partite della nuova gestione. "Dovesse sorgere la necessità , nominerò un capitano fisso", ha detto Bradley al riguardo. Con Gold Cup e Copa America alle parte, rimane da chiarire chi saranno i chiamati, ma ancora pochi giorni e avremo le idee più chiare. Sembra che per la Gold Cup, essendo un appuntamento FIFA che costringe i club a rilasciare i giocatori, Bradley chiami i vari Yanks Aborad con sede in Europa, mentre per la Copa America spazio più a quelli della MLS. Si proverà  comunque a fare un mix per avere due rose competitive in entrambi i tornei, visto che la spedizione in Venezuela, sia dal punto di vista tecnico che ambientale, non sarà  facile. Il neo CT ha poi fornito un update sulla situazione portieri: Tim Howard farà  una sola tra Gold Cup e Copa America, mentre Kasey Keller, "liberato" dal Borussia Moenchenglandbach e in attesa di trovare una nuova squadra, sarà  probabilmente col gruppo in entrambi. Non ci sarà  invece Marcus Hahnemann, che un infortunio subito proprio al termine del campionato inglese terrà  fuori tutta l'estate. Da analizzare i possibili recuperi in difesa di Cory Gibbs, a centrocampo del veloce Bobby Convey, compagno di squadra di hahnemann al Reading. La situazione comunque sarà  molto più chiara già  in settimana, quando Bradley diramerà  le convocazioni per il ritiro pre-Gold Cup, che vderà  gli USA scendere in campo per l'ultima amichevole prima del torneo il prossimo 2 giugno contro la Cina.

In bocca al lupo Bob.

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