Don Garber, Jorge Vergara e Antonio Cue: i CD Chivas entrano nella MLS. Tra pochi anni saranno anche vincenti!
La loro 1ª stagione MLS, l'anno scorso, si era conclusa in maniera indecorosa: 18 punti in 32 partite (4 vittorie, 6 pareggi, 22 sconfitte) con 31 reti segnate e 67 (!) subite. L'avventura dei CD Chivas USA iniziava davvero male.
Per carità , erano un expansion team e il 1° anno queste sono cifre da mettere in preventivo; non c'è un telaio di squadra preesistente su cui lavorare, la società e i vertici dirigenziali sono completamente nuovi e, last but not least, i tifosi ancora non esistono: è fisiologico, la base dei fan di una nuova squadra si forma man mano che la squadra stessa gioca e si fa conoscere (e, possibilmente, vince).
In questa situazione, c'è anche da dire che probabilmente il proprietario dei Chivas Jorge Vergara (proprietario anche dei CD Chivas Guadalajara, che giocano nel campionato messicano) ha fatto qualche errore, trapiantando alcune "cellule" dal tessuto della squadra messicana (come per esempio il capitano Ramà³n Ramàrez) in quello della compagine statunitense, non tenendo in conto lo shock culturale che alcuni di questi elementi hanno subito.
L'anno scorso era evidente (e non abbiamo mancato di sottolinearlo) come per alcuni dei giocatori dei Chivas la MLS fosse un declassamento, quasi una punizione, da viversi sempre con il passaporto a portata di mano per attraversare il confine da El Paso a Ciudad Juarez il prima possibile.
In tutto questo anche una questione geo-politica aveva il suo peso, in maniera nemmeno troppo nascosta: per molti messicani il vicino a stelle e strisce rappresenta contemporaneamente un'ancora di salvezza ma anche il Grande Oppressore, che sfrutta le risorse del territorio e del popolo messicano.
Sul piano tecnico, la costruzione della squadra soffriva parecchio della disomogeneità con cui era stato costruito il roster: risultava difficile la coesistenza tra un veterano come Ramàrez (puro messicano, anti-gringos dalla testa ai piedi) e la 2ª scelta assoluta del draft 2005, ossia il portiere Brad Guzan, 20 anni, di chiare origini messicane, ma nato e cresciuto negli USA, dei quali ha assorbito la mentalità e la cultura.
Insomma, le premesse per una stagione fallimentare c'erano tutte e si sono realizzate tutte; ma tra tutte le macerie c'era qualcosa che andava salvato: l'affetto dei tifosi, che costituiscono una base importantissima dalla quale partire.
Basati a Los Angeles, i Chivas hanno subito conquistato quella parte di tifosi di calcio di L.A. che non tifano per i Galaxy: in una città dove leggi "sport" e pronunci "Los Angeles Lakers" questo è un risultato di indubbio prestigio, che andava migliorato e incoraggiato.
Per questo la stagione 2006 doveva essere migliore della precedente: certo, fare peggio sarebbe stato difficile (e lo diciamo senza ironia). Ma Vergara e Antonio Cue (presidente/GM) hanno lavorato bene, iniziando a scegliere per prima cosa l'allenatore: così è arrivato Bob Bradley, scaricato in maniera poco elegante dai (ex) Metrostars, ma certamente un buon tecnico. Serio, intelligente, preparato e tutto sommato vincente (era il tecnico dei Fire che vinsero la MLS Cup nel '98, al loro 1° anno nella Lega), sembrava l'uomo adatto a trasformare un'accozzaglia di giocatori in una squadra vera e propria.
Inoltre bisogna dire che i Chivas hanno un certo fiuto al draft: nella lotteria di gennaio scambiano la 1ª scelta assoluta con New York per la 5ª scelta e il difensore Hernandez.
A suo tempo criticammo quest'operazione (perché privava i Chivas della possibilità di mettere le mani su colui che diventerà forse il miglior difensore centrale che gli USA abbiano mai avuto, ossia Marvell Wynne); oggi, col senno di poi, possiamo dire che ha avuto ragione Bradley: la 5ª scelta gli ha portato in dote un signor centrocampista, il rookie Sacha Kljestan, che in mezzo al campo detta il ritmo come e meglio dei veterani (sicuramente meglio del "vecchio" Ramàrez, che a 37 anni ha già dato altrove il meglio di sé).
Da non scordare che una felice scoperta di Bradley è l'altro rookie Jonathan Bornstein, un peperino che corre avanti e indietro sulla fascia, ribalta le azioni in un amen, crossa come un ossesso e ha il vizio del gol (è una punta trasformata in terzino di fascia sinistra, sempre che questa definizione trovi ancora posto nel calcio di oggi").
Da notare che in difesa gioca un nome illustre del calcio messicano, ma sarebbe meglio dire "mondiale": Claudio Suarez ha dalla sua una notevole esperienza e anche se l'elasticità e la velocità non sono più quelle dei vecchi tempi, è il senso della posizione l'arma in più di questo leone che si è assunto il compito di "svezzare" i giovani virgulti dei Chivas.
Compito che invece il giocatore più pagato della MLS, ossia Juan Francisco Palencia, non sta assolvendo; la punta messicana 33enne ha segnato quest'anno 4 gol e servito 4 assist in 22 partite. Buon bottino? Sì, non malaccio, ma da lui ti aspetteresti di più.
In realtà Palencia è un bomber di razza che però ha preso da qualche tempo il viale del tramonto ed ora è un'ottima "chioccia" per Garcàa, ma è anche il tipo che non accetta il tempo che passa e mugugna quando deve accomodarsi in panchina, e quest'anno è già successo parecchie volte. C'è chi pensa che la sua avventura ai Chivas terminerà questa stagione (con conseguente risparmio sul monte-salari).
Al suo posto sta facendo egregiamente il suo lavoro Ante Razov, che ha già piazzato 14 palloni nelle porte avversarie e smazzato 8 assist, riportandosi quindi sulle medie che lo vedevano protagonista a Chicago, prima che venisse spedito come un pacco postale prima a Columbus e poi a New York.
Ma qualche scontento c'è in ogni squadra e questo è il caso di Guzan: la 2ª scelta del draft dello scorso anno quest'anno si è visto rimpiazzare tra i pali da Preston Burpo, proveniente dai Seattle Sounders della USL.
Burpo è un ottimo goalie ed ha un sacco di esperienza: insomma l'uomo giusto per far crescere Guzan anche sotto il profilo della maturità , visto che dopo l'alluvione di gol presa lo scorso anno il povero Brad aveva perso fiducia in sé stesso.
Guzan all'inizio ha mugugnato e non poco, ma è un ragazzo intelligente e ha compreso il fine ultimo di questa scelta; l'anno prossimo potrà davvero fare un figurone in una squadra davvero competitiva.
Perché è questo il destino che attende i Chivas: siamo pronti a scommettere che entro 2 stagioni questa squadra sarà in grado di lottare per il titolo, e in un arco di tempo molto più breve di quello che occorrerà ad altre realtà (chi ha detto New York?).
Già da ora, comunque, è stato raggiunto uno dei traguardi più importanti: conquistare i propri tifosi, che affollano in massa l'Home Depot Center e sono una delle tifoserie più calde di tutto il panorama calcistico degli USA.
Los Angeles non è solo Galaxy"
alla prossima!!