Clint Dempsey e DaMarcus Beasley
Allora, quanto arriveranno lontano gli USA questa volta? Questa è la domanda che i tifosi americani, da La Jolla (CA) a Manhattan (NY) si pongono. Landon Donovan e gli altri ragazzi del team ce la fanno a raggiungere almeno i quarti di finale? Ce l'hanno fatta ai Mondiali di Corea/Giappone, quando scesero in campo con una squadra molto giovane e senza i favori del pronostico. Non dovrebbe quindi l'esperienza acquisita dal 2002 ad oggi e l'aggiunta di nuovi talenti permettere di ripetere la splendida performance di quattro anni fa?
Senza paura di dirlo ad alta voce, molti dei giocatori americani puntano addirittura alle semifinali. "L'altra volta siamo arrivati alle semifinali - ci ha detto DaMarcus Beasley negli spogliatoi del postpartita col Venezuela - quindi stavolta, semplicemente, vogliamo andare oltre". "Certo - ha aggiunto Beasley - c'è sempre una parte di fortuna in una competizione come questa, ma giochiamo un buon calcio, e per questo spriamo di far meglio dell'altra volta. Magari raggiungendo le semifinali".
E per un ambiente che fino agli anni '80 esultava per una vittoria della Nazionale contro le isole Grenadines, l'essere entrato in quello che è il gotha del calcio mondiale (nel ranking Fifa addirittura al quarto posto), il tragitto compiuto è enorme.
Più pacato nelle previsioni Landon Donovan. "Il calcio non è come il football americano dove puoi passare da uno score di 3-13 o 5-11 fino ad arrivare ai playoff. Non funziona così. Ai Mondiali molto dipende dal gruppo in cui finisci, e il nostro è molto difficile". Così difficile infatti, con in campo Italia, Repubblica Ceca e Ghana, che le possibilità che la Nazionale USA non arrivi al secondo turno sono molto serie. Il gruppo E è considerato un po' il "gruppo della morte". Ma lo è proprio a causa della presenza degli USA. Fino ai Mondiali del '90, al momento di ritrovarsi nello stesso girone con gli USA, Italia e Repubblica Ceca avrebbero sollevato un bicchiere di vino o di Pilsner. Ma oggi non è più così. Per informazioni chiedere al Portogallo, eliminato al primo turno dagli americani nello scorso Mondiale. Gli USA sono ormai tra i top teams del calcio internazionale, e sia che superino il turno o no, il loro impatto si farà sentire comunque, e questo è un ulteriore progresso compiuto nell'ultimo quadriennio.
Molta acqua è passata sotto i ponti da quel 19 novembre 1989, quando Paul Caligiuri , contro Trinidad & Tobago, mise a segno il gol che spedì la Nazionale USA ai Mondiali italiani. Mondiali da cui gli USA erano assenti addirittura dal 1950, l'anno di Joe Gaetjens. Nel 1990, dopo un difficile esordio con la Cecoslovacchia, in cui l'inesperienza si fece sentire, gli USA riuscirono a tenere testa all'Italia, venendo sconfitti solo da un gol di Giuseppe Giannini in un Olimpico strapieno. Consideriamo che quella squadra era formata da un po' giocatori ancora al college, da alcuni naturalizzati e da un gruppetto di semiprofessionisti, vista anche l'assenza all'epoca di un campionato di calcio professionistico negli Stati Uniti. Ma quell'armata brancaleone diede il via a qualcosa.
Quattro anni più tardi gli USA ospitarono la Coppa del Mondo, e la Nazionale riuscì ad arrivare al secondo round, consentendo al soccer di trovare finalmente la propria strada in un paese dove era stempre stato messo in quarto piano (dietro football, basket e baseball, se non anche hockey). In quell'edizione il difensore americano dalla rossa barbetta caprina Alexi Lalas (poi in Italia, al Padova) fu scelto per il top 11 dei giocatori del Mondiale, divenendo per un po' un'icona dello sport americano, con apparizioni persino al David Letterman Show. Con lui altri suoi compagni, quali ad esempio Eric Wynalda e Tony Meola (ancora oggi portiere dei NY Red Bulls), divennero famosi nel panorama calcistico internazionale.
Tutto intorno il futuro del soccer USA iniziò a sembrare più luminoso che mai, grazie anche all'arrivo, nel 1996, della MLS (Major League Soccer), dando la possibilità ai giocatori locali di misurarsi in un campionato professionistico, scendendo in campo anche contro campioni quali Hristo Stoichkov, Roberto Donadoni, Hugo Sanchez, Lothar Matthà¤us, Carlos Valderrama e Marco Etcheverry. Sei anni dopo, il gran lavoro della federazione e dei tecnici, a cominciare dall'attuale CT Bruce Arena, ha iniziato a dare i suoi frutti. La Nazionale americana infatti, presa in carico da Arena (reduce da due MLS Cups con i D.C. United) dopo la disastrosa prova di Francia '98, nel 2002 sorprese il mondo del calcio. Abbandonando la classica tattica difensiva dei precedenti Mondiali, gli americani si riversarono in attacco, andando a superare il Portogallo 3-2, nel match d'apertura. La situazione-giocatori era molto diversa rispetto al 1994. In questa squadra c'erano professionisti come Claudio Reyna, all'epoca al Rangers Glasgow, Brad Friedel, ai Blackburn Rovers, e John O'Brien, cresciuto nell'Ajax Amsterdam. Con loro c'era poi un gruppo di giovani promesse di classe, che oggi sono infatti i leader della squadra, quali Landon Donovan e DaMarcus Beasley. La vittoria col Portogallo spinse gli USA fino ai quarti, dove furono superati solo per 1-0 dalla Germania, in una partita che però avrebbero potuto vincere facilmente, e che solo la mancanza di esperienza americana e il cinismo dei tedeschi fece finire così.
Il successo di Corea/Giappone 2002 ha però messo gli USA sotto i riflettori, e stavolta non potranno contare sul fattore sorpresa. "Sarà diverso - ci ha detto Landon Donovan -, anche perché giocare con la pressione delle persone, che si aspettano un successo almeno pari alla scorsa vota, non sarà facile". Vero, ma inevitabile. Del resto, gli americani nello sport amano solo i vincenti.
Il quadriennio di avvicinamento ai Mondiali di Germania, che ha visto gli USA giocare innumerevoli partite amichevoli e di qualificazione, vede un ottimo score di 38 vinte, 9 pareggiate e 14 perse. Inoltre, è pacifico affermare che questa volta gli USA metteranno in campo la più grande collezione di talenti mai avuta nella propria storia. C'è inoltre molta più esperienza nella rosa, sia a livello internazionale che di club, ma c'è anche quel pizzico di velocità e follia giovanile apportato dai vari Clint Dempsey e Bobby Convey.
In porta Kasey Keller è una roccia. Dall'altra parte del campo, in attacco, l'instancabile e dalle ottime capacità aeree, Brian McBride, è un punto fermo del Fulham, in Premier League. Landon Donovan è una stella che brilla negli USA, e che ha finalmente una gran voglia di brillare anche a livello internazionale, oltre ad essere, a soli 24 anni, il terzo cannoniere della storia del soccer USA. Eddie Johnson è invece il prototipo dell'attaccante del XXI secolo che, come dicono alcuni giornalisti americani, il mondo ha sempre temuto potesse venir fuori solo negli Stati Uniti: atletico, intelligente, potente e tecnicamente preparato. Un crack insomma, sempre che si riprenda, più che altro psicologicamente, dall'infortunio al piede subito alcuni mesi fa. "Da qui a cinque anni - ci ha dichiarato Johnson - mi vedo come un giocatore modello non solo per i giovani calciatori americani, ma anche per quelli del resto del mondo. Lotto ogni giorno perché tutti quei giovani neri dei quartieri poveri delle città americane diventino calciatori. Per questo lotto". Great expectations le avrebbe chiamate Charles Dickens.
Il centrocampo USA vede un gruppo di grande esperienza guidato dal centrocampista del Manchester City, Claudio Reyna (non in ottime condizioni), e dall'ala del PSV Eindhoven, DaMarcus Beasley. In questi due nomi si riunisce il massimo dei benefici che la Nazionale USA ha ricevuto dall'aver visto i propri giocatori crescere giocando i alcuni dei migliori campionati europei, ma tra questi ci sono anche i due laterali Eddie Lewis (Leeds United) e Bobby Convey (Reading FC). La difesa è un misto di "vecchi" e di giovani virgulti. Eddie Pope del Real Salt Lake, Jimmy Conrad dei Kansas City Wizards e Steve Cherundolo dell'Hannover '96 sono con la Nazionale ormai da un po'. Quest'anno saranno affiancati da Oguchi "Gooch" Onyewu, grande (in tutti i sensi) promessa dello Standard Liegi. Come Johnson, anche Onyewu è un po' un prototipo del moderno giocatore di calcio americano, e dovrebbe essere lui ad affiancare Pope al centro della difesa.
Il fattore sorpresa per gli Stati Uniti di quest'anno - come nel 2002 - si chiama Clint. In Corea/Giappone fu quel matto dal look da mohicano, Clint Mathis, l'arma segreta. Mathis era stato l'uomo immagine della Nazionale per tutto il periodo premondiale, finendo anche in prima pagina su Sports Illustrated, per poi ritrovarsi in panchina al via della manifestazione. Ma è poi lui a mettere a segno il gol dell'1-1 nel match con la Corea del Sud che consente agli USA di qualificarsi. Quest'anno il testimone è passato da Mathis, ormai irrimediabilmente perso in un triste percorso di fine carriera ai Colorado Rapids, ad un altro calciatore la cui caratteristica principale è l'imprevedibilità : Clint Dempsey. Dempsey è forte, tecnico, potente, audace e in grado di cambiare una partita, come contro il Venezuela, quando ha messo a segno in tuffo il gol dell'1-0. Nell'ultimo anno il giovane texano è cresciuto molto agli occhi di Arena, divenendo uno dei punti fissi della squadra, nonostante certe sue alzate di testa. Come quando ha litigando col capitano della sua squadra, Joe Franchino dei New England Revolution, venendo sospeso per due settimane e rimanendo fuori dalla Nazionale per la partita contro la Germania. Ma Dempsey ha dimostrato una grande polivalenza oltre che sul campo anche fuori, nel mondo della musica. È infatti un rapper sin da quando era ragazzino a Nacogdoches (TX) e recentemente, con il nome d'arte "Deuce" a registrato per la Nike un rap dedicato alla Coppa del Mondo: "Don't Tread on This". Il tutto rientra nel personaggio, uno che fa la differenza. Uno il cui ruolo sarà fondamentale per la Nazionale che lunedì sera scenderà in campo contro la Repubblica Ceca, nel match d'apertura del gruppo E.
Passare il turno sarà dura. Di fronte gli USA avranno avversari tutt'altro che malleabili. Un'Italia sì scossa da Moggiopoli e con molti infortunati (Gattuso, Nesta) e gente fuori forma, vedi Totti e Toni, ma sempre tra le favorite per la vittoria. Una Repubblica Ceca i cui leader Pavel Nedved, Karel Poborsky e Ian Koller, sono in là con l'età e un po' acciaccati, ma i cui nomi spaventano sempre, come anche quelli di Tomas Rosicky e Petr Cech. Infine un Ghana con un centrocampo di altissimo livello, che vede insieme Michael Essien, Stephen Appiah e Sulley Muntari.
La parola al campo.