BOSTON MAKES HISTORY

L'esultanza dei Boston Red Sox dopo la grande impresa

Probabilmente quella di ieri notte allo Yankee Stadium era una delle partite più importanti della storia della MLB.

Non tanto perché era una Gara-7 che assegnava il pennant di American League per accedere alle World Series 2004, ma piuttosto per gli scenari che si presentavano in caso di vittoria di una o dell'altra formazione.

Poteva essere il completamento della storica rimonta dei Boston Red Sox, primi in assoluto a forzare una Gara-7 dopo essere stati sotto 0-3 e primi in assoluto, ovviamente, a vincere una serie dopo avere perso i primi tre incontri.

Ma poteva essere anche l'ennesimo successo dei New York Yankees, il 40esimo pennant del loro ricco palmares, e la conferma della famosa “maledizione” di Babe Ruth.

I partenti della partita del secolo sono quelli previsti alla vigilia, Kevin Brown per New York e Derek Lowe per Boston.

Lo Yankees Stadium è ovviamente gremito e la tensione che si avverte anche nella voce dei commentatori è uno spettacolo nello spettacolo.

Il vantaggio del campo è per i Bronx Bombers campioni di AL East, ma l'inerzia ed il morale sono tutti per i Red Sox.

La conferma del “magic moment” degli ospiti si ha subito nel primo inning, con il redivivo Johnny Damon che trova subito il singolo contro Brown ed attacca aggressivo la seconda base per la rubata.

Che Boston voglia sfruttare l'effetto pscicologico della rimonta lo si avverte immediatamente da questa chiamata di Terry Francona e dall'atteggiamento al piatto dei line-up degli ospiti.

Mark Bellhorn, tornato secondo in battuta dopo il 3-runs shot di Gara-6, cerca la valida ma anche la potenza e va strikeout.

Manny Ramirez invece cerca, e trova, il contatto ma Damon esagera nel tentativo di segnare il punto dalla seconda e viene eliminato a casa dal solito preciso cut-off di Derek Jeter.

Chi invece esagera e fa bene a farlo è David Ortiz, probabilmente l'eroe principale della rimonta, che gira il primo lancio di Brown (basso ed interno proprio nella hot-zone del battitore di Boston) e firma l'HR per il 2-0 Red Sox.

I 56000 dello Yankee Stadium sono increduli, perché il risveglio del line-up di Boston proprio quando sembrava che lo slump offensivo dei primi tre incontri avesse compromesso la serie è ormai un problema che i pitcher di NY non riescono più a risolvere.

Brown ripete la prestazione di Gara-2, quando scese dal monte dopo appena due inning, e lascia la partita dopo aver concesso una valida e due basi-ball che riempiono le basi nella parte bassa della seconda ripresa.

Per fronteggiare infatti il ritrovato Johnny Damon il manager di New York Joe Torre chiama Javier Vazquez, candidato fino all'ultimo momento per essere il partente in Gara-7.

Anche in questa occasione primo lancio interno girato dal battitore dei Red Sox ed impatto perfetto: grand slam nell'angolo destro dello Stadium e vantaggio Boston che sale a 6-0.

L'inquadratura di Torre nel dog-out è la fotografia delle sensazioni di ogni tifoso Yankees presente allo stadio o seduto davanti alla tv: un sogno lucido, anzi un incubo lucido, dal quale ci si vorrebbe svegliare ma che invece non può essere interrotto come in “Vanilla Sky” perché è la dura realtà .

Ci sono ancora 7 inning da giocare ed i Bronx Bombers avrebbero tempo e modo di recuperare, ma l'impresa è titanica quasi quanto quella di rialzarsi da 0-3 in una serie.

Ma in queste ALCS è successo veramente di tutto ed è quindi lecito aspettarsi anche l'ennesima sorpresa.

In effetti nella parte bassa del terzo NY prova a ridurre il gap di svantaggio, con un RBI del capitano Jeter che spinge a casa Miguel Cairo e sostituisce lo 0 nella casella dei punti segnati degli Yankees con l'1.

E' ancora troppo poco, ci sarebbe bisogno di un big inning o quantomeno di un'importante giocata individuale di qualche grande stella del line-up, ma i superpagati slugger dei Bombers non rispondono (Alex Rodriguez e Gary Sheffield chiuderanno con uno 0 su 8 totale).

Chi risponde per la seconda volta agli appelli dei propri tifosi è ancora lo scatenato Johnny Damon, che evidentemente si era tenuto i colpi migliori per il gran finale: altra fastball sul primo lancio, stavolta esterna, e altro swing potente che finisce addirittura sull'upper deck.

E' un colpo da 2 punti ed il risultato parziale è di 8-1 per i Red Sox.

Il fantasma di Babe Ruth sarà  ancora presente allo Yankee Stadium ma ormai non lo vede più nessuno, e probabilmente contro questi Red Sox non basterebbe nemmeno la tremenda Rally Monkey degli Angels versione 2002.

Derek Lowe scende dal monte dopo sei ottimi inning in cui ha concesso solo un punto ai Bombers e lo sostituisce, in pieno stile playoff, un partente, addirittura mister Pedro Martinez.

Con sole 48 ore di riposo dopo le fatiche di Gara-5 Pedro torna a lanciare come rilievo con una situazione di punteggio confortante.

Il vantaggio di Boston però si assottiglia con Martinez sul monte, perché il doppio di Bernie Williams ed il singolo di Kenny Lofton portano a casa 2 punti e rendono alla fine del settimo inning il passivo di NY meno pesante: 8-3.

A questo punto Terry Francona capisce che Martinez non è pronto e forse anche in prospettiva World Series lo fa scendere dal monte per affidarsi al resto del bullpen, peraltro grande protagonista della rimonta dei suoi.

Mike Timlin ed Alan Embree svolgono alla perfezione il proprio compito, facilitati anche dall'attacco che va a segnare altri 2 punti nelle ultime due riprese grazie al secondo HR in due giorni di Mark Bellhorn ed all'intelligente sacrifice fly di Orlando Cabrera.

L'ultimo out, una grounder di Ruben Sierra facilmente amministrata da Pokey Reese e Doug Mientkiewicz, è una liberazione per il dog-out dei Red Sox che si lancia in campo per dare inizio alle celebrazioni di una delle imprese più incredibili dello sport moderno.

La vittoria per 10-3 è la vittoria dei giocatori, di David Ortiz e Manny Ramirez, la “terrific combo” che si è ritrovata proprio nel momento di maggior difficoltà .

E' la vittoria di Curt Schilling e Pedro Martinez, gli assi del monte che si sono riscattati dopo le prime due sconfitte anche in condizioni precarie (come dimenticare il sangue sulla caviglia di “The Schill” in Gara-6).

E' la vittoria del tanto vituperato bull-pen, uscito nettamente vittorioso dal duello con quello di NY.

E' la vittoria di Terry Francona, che dopo alcune decisioni non corrette nei primi due incontri si è rifatto pienamente azzecando tutte le chiamate nei momenti decisivi.

E' la vittoria di Theo Epstein e della dirigenza, che si è separata dolorosamente da Nomar Garciaparra ma che ha saputo comunque trovare la chimica giusta, anche dopo il mancato affare A-Rod.

Ed infine è la vittoria di tutti i tifosi dei Red Sox, che in questi lunghi anni di delusioni hanno continuato a credere nella squadra riempiendo ogni giorno ed ogni notte le tribune del mitico Fenway Park.

Tanti i protagonisti positivi in questa impresa, chi invece quelli negativi?

E' impossibile trovare un colpevole specifco, forse basta la considerazione che l'assemblare fenomeni senza troppo criterio non paga nemmeno nel baseball, ed il cuore e la voglia di vincere possono superare anche limiti tecnici e soggezioni psicologiche.

Le maldizioni non c'entrano, nemmeno la cabala e la statistica: il problema di New York è stato un roster inadeguato nel settore lanciatori, partenti e rilievi, qualche assenza (Jason Giambi e John Olerud) ed il calo di prestazioni e delle proprie superstar, che hanno perso la testa nel momento più importante rendendosi protagoniste anche di vergognosi gesti anti-sportivi.

I Boston Red Sox vincono meritatamente le serie e si aggiudicano il pennant che li riporterà  a giocarsi le World Series dopo 18 anni: Aura and Mystique are dancing in New York, this is Massachussetts…

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