Jeter: il nuovo Mr.October starà inventandosi una scusa per non incontrare Steinbrenner in caso di sconfitta?
Ed eccoci dove tutti pensavamo di arrivare, almeno alla vigilia della serie e dove nessuno pensava saremmo giunti, una volta che la serie sembrava aver decisamente virato a favore dei New York Yankees.
Quella che andrà in scena stasera invece, sarà una gara 7 che sin da ora, si colloca in una apposita nicchia, tra le partite che faranno la storia del baseball: comunque vada a finire, infatti, nessuna squadra, prima dei Boston Red Sox, aveva mai raggiunto gara 7 dopo essersi trovata sotto per tre partite a zero e se l'inerzia non è solo un concetto strappato alla fisica per descrivere un particolare momento di una competizione sportiva, ecco che i Boston Red Sox che scenderanno allo Yankee Stadium nella notte italiana, non potranno non sentirsi per una volta, una almeno, favoriti, contro i rivali di sempre.
Boston favorita dunque? Andiamoci piano. Una frase attribuita ad Joaquin Andujar, pitcher di Houston, Oakland e St.Louis a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta, afferma che "C'è una parola, in America, che dice tutto e quella parola è 'younevernkow'"", un termine che secondo l'ex pitcher di Anaheim Don Sutton, rappresenterebbe, da solo, l'essenza del baseball.
Nessuno sport infatti, è soggetto ad improvvise rivoluzioni, passaggi a vuoto ma pagati a caro prezzo di qualche lanciatore, stati di grazia improvvisi di giocatori che non prendevano una palla da settimane, pubblico che interferisce nella partita e ne cambia i destini ecc…ecc", meno che mai in una serie dall'alto contenuto drammatico come quella cui stiamo assistendo.
D'altronde, come afferma Derek Jeter "l'inerzia ce l'avevamo anche noi dopo gara 3"" ed in effetti, passare, come hanno fatto gli Yankees, dal segnare 19 punti nella gara che sembrava aver chiuso la serie, a metterne solo dieci nelle successive tre partite, potrebbe essere l'equivalente di un coast to coast tra due estremi della condizione psicologica dei Bronx Bombers, uno, quello di partenza, denominato "grande fiducia", l'altro, quello attuale che chiameremo "grande tensione".
Certo, solo la vittoria del Milan in Champions League battendo Inter e Juventus in semifinale e finale, al momento, potrebbe essere in grado di contrastare, in una classifica tenente conto della soddisfazione regalata ai propri tifosi, una eventuale vittoria dei Sox in gara 7, qualora a questa, seguisse una affermazione alle World Series.
Ma questo potrebbe non necessariamente giocare a favore della squadra guidata da Terry Francona: in campo scenderanno pur sempre gli Yankees e tutto il vantaggio psicologico che i Red Sox in questo momento avrebbero contro qualsiasi altro club, potrebbe non essere sufficiente a sconfiggere la "mistica" degli uomini di Joe Torre, ma anche il loro talento, il loro pubblico "particolare" e last but not least, la paura delle eventuali ripercussioni dell'eventuale entrata nella storia (per una volta) dalla parte sbagliata, ripercussioni che hanno un nome e un cognome: George Steinbrenner.
Se neanche Joe Torre (o forse a maggior ragione proprio lui) potrà sentirsi sicuro del proprio impiego, qualora gli Yankees uscissero sconfitti, incorrere nelle ire di quello che nella Grande Mela chiamano semplicemente "The Boss" potrebbe rappresentare uno stimolo, travestito da istinto di conservazione, per molti dei giocatori, i quali andranno in campo col più classico degli spadoni di Damocle pendente sopra le proprie teste, consapevoli di trovarsi contro a gente preparata ormai da tre partite, a fronteggiare lo spettro della possibile eliminazione.
"Giochiamo gara 7 da gara 4" affermava il veterano Mentkiewicz e questo spirito da "coltello tra i denti" arrivato forse un po' troppo tardivamente, sarà il grande cruccio dei Red Sox, assieme all'infortunio di Curt Schilling, qualora la serie dovesse finire come sempre, con gli Yankees che festeggiano sul campo ed i Sox che prendono la via degli spogliatoi, pronti ad affrontare un inverno di frustrazioni, bilanci, dolori al fegato.
"I record sono fatti per essere battuti"" affermava dopo gara 3, Kevin Millar, prima base dei Red Sox, nella sua rubrica sul sito ufficiale delle majors.
Pareva niente di più che una dichiarazione dovuta, da parte di un giocatore, nei confronti dei propri tifosi, quasi a volerli blandire in vista della debacle attesa di lì a poco; e invece per una volta, proprio colui da cui ci si attende in genere la battuta che stempera la tensione, sembrava aver parlato seriamente.
Comunque vada, stanotte, gara 7 non sarà priva di conseguenze ed il botto che farà quella, tra queste due corazzate, che cadrà , sarà così forte da tenere svegli giocatori, dirigenti e tifosi, per settimane, mesi, forse anche anni:
– Gli Yankees perché quattro anni senza vincere sono (per loro) un'infinità di tempo e perché quattro sconfitte consecutive sono (per loro) intollerabili, soprattutto in ottobre.
– I Red Sox perché tutti gli alibi del mondo, non potrebbero cancellare la delusione per una sconfitta in una serie che sembrava prima impossibile da perdere (a loro), poi impossibile da vincere (a tutti noi) e di nuovo adesso incredibilmente a portata di mano.
Con i Red Sox che andranno in campo con gli occhi della tigre, gli Yankees faranno bene a recuperare quel killer instinct di cui sono sempre stati l'epitome e che adesso sembra andato smarrito assieme alle sicurezza di Mariano Rivera, o potrebbe essere Steinbrenner a mostrare del killer, oltre che l'istinto, anche il modus operandi.