Ecco Miguel Tejada, discusso MVP per la American League…
La parola scandalo si addice poco alla cultura sportiva americana, ma se portata da queste parti, verosimilmente, la votazione che ha incoronato lo shortstop Miguel Tejada quale American League MVP per la stagione appena conclusa, avrebbe di certo suscitato polemiche e sollevazioni popolari, con crociate massmediologiche e discussioni degne del miglior (peggior?) Processo di Biscardi" Negli States invece si discute, come in altre occasioni è accaduto, sulla vera entità del premio di miglior giocatore" ops"
È dunque Tejada il miglior giocatore della AL? O è stato il migliore durante la stagione regolare? Probabilmente la risposta è no in entrambi i casi.
Siamo alle solite" il problema, ne siamo quasi certi, risiede nella parola che sta nel mezzo. MVP, Most Valuable Player.
Da una ricerca sui principali dizionari, risulta che la definizione di Valuable riporti, generalmente, la seguente dicitura: prezioso, molto utile, insostituibile, di gran valore. Ecco che mai come nel baseball e mai come quest'anno, il concetto ha svelato la propria labilità .
La parola prezioso, infatti, restringe ben poco il campo, in quanto, fuori da ogni retorica che imporrebbe di sostenere l'importanza di ogni componente della squadra, sembra scontato affermare come i cinque/sei giocatori in odor di MVP siano assolutamente preziosi, così come lo sono coloro che si sono classificati più indietro nella classifica finale"forse Jim Thome non è un giocatore prezioso? E non lo è anche l'MVP dello scorso anno Ichiro Suzuki?
Sulmolto utile e sul di gran valore non crediamo sia neanche il caso di soffermarsi in quanto definizioni che allargherebbero ancora di più il campo facendoci direttamente arrivare al magazziniere e all'addetto alla manutenzione del campo"
Il concetto di insostituibile, inoltre, sembra trovare scarsa cittadinanza nel National Pastime, basti pensare ad uno dei candidati al premio di quest'anno, lo slugger Jason Giambi il quale, passato in estate a vestire le pinstripes dei New York Yankees, dopo la firma di un sostanzioso contratto, sembrava aver abbandonato una squadra al proprio destino, quegli Oakland Athletics ormai secondo molti, privi di una leadership tecnica e carismatica.
Se gli A's hanno in effetti sofferto ad inizio stagione, una volta ingranata la marcia giusta, hanno saputo responsabilizzare alcuni giocatori (lo stesso Tejada ed Eric Chavez) i quali hanno elevato il proprio livello di gioco sino a vette mai raggiunte, finendo al primo posto nella propria agguerritissima division dopo aver messo a segno una striscia vincente di venti partite consecutive, record per la American"
Giambi autore di una stagione di tutto rispetto con i Bronx Bombers, non è sembrato dunque così insostituibile e questo potrebbe anche aver pesato sulla votazione che lo ha visto finire in quinta posizione con nessuno dei 28 votanti (due per ogni città della AL) che lo abbia segnalato al primo o secondo posto nelle proprie scelte.
Certo un motivo ci sarà se nessuno ha tenuto conto delle sue cifre: .314 di media battuta, con 41 fuoricampo, 122 RBIs e 120 Runs (massimo in carriera). Terzo nella on-base percentage con .435, quarto nella slugging con .598 e secondo per le basi concessegli con 122; ed il tutto dopo una partenza incerta, che aveva suscitato qualche mugugno negli esigenti tifosi newyorkesi"
Dicevamo, un motivo ci sarà e potrebbe anche essere stata la presenza nel lineup degli Yankees di Alfonso Soriano, un interbase al secondo anno nelle Majors che sembra ormai assuefatto a giocare in seconda. Con 41 basi rubate (il migliore nella Lega), è stato il primo giocatore nel suo ruolo a far registrare più di 30 homers e più di 30 SB, chiudendo la stagione ad un solo fuoricampo dall'entrare nel novero esclusivo dei 40-40. Particolarmente efficace nello spot di leadoff, Soriano si è classificato primo per battute valide (209) e per multi-hit games (69), oltre ad aver ottenuto la prima convocazione in carriera per l'All Star Game.
Tutto questo non è bastato per vincere un titolo di MVP che poteva anche risultare giustificato, come hanno dimostrato i due primi posti ottenuti nel ballottaggio (gli unici a non essere andati alla coppia di testa Tejada/Rodriguez) ed il terzo posto finale.
Se Garrett Anderson, giocatore di indubbia sostanza nonché unico rappresentante degli Angels campioni del mondo alla partita delle stelle, ha pagato la scarsa esposizione mediatica derivantegli dalla propria squadra di appartenenza e dal suo approccio low profile che hanno di certo contribuito a far passare in secondo piano la sua terza stagione con 180 o più battute valide, le riflessioni del mondo sportivo americano su questo premio di indubbio prestigio, sono maturate in virtù del secondo posto di A-Rod, Alex Rodriguez.
La questione è sottile, in quanto a guardare l'esito delle votazioni, la vittoria di Miguel Tejada è apparsa più che netta: su ventotto votanti, ben ventuno lo hanno classificato al primo posto e sei al secondo posto, mentre uno solo lo ha declassato sul gradino più basso del podio. Il fenomeno dei Texas Rangers, invece, ha ottenuto cinque primi posti, sette secondi e undici terzi posti, con quattro selezioni quale quarto miglior giocatore ed un voto quale sesto classificato(!).
Un divario di questo genere, dunque, fa nascere il sospetto, o meglio la certezza che i votanti, ben lungi ovviamente da considerazioni di carattere cospiratorio che nel nostro calcio avrebbero trovato terreno più che fertile, abbiano seguito un criterio, vecchio come lo sport americano: "per essere il migliore, devi vincere".
Si tratta di un criterio alquanto opinabile ma rispettabilissimo, soprattutto perché applicato senza soluzione di continuità nello sport d'oltreoceano, ma che particolarmente quest'anno ha sollevato qualche dubbio, con grosse probabilità dovuto alla stagione eccezionale prodotta da quello che gli stessi addetti ai lavori ritengono per lo più il miglior giocatore del pianeta.
57 home runs (il migliore delle intere Majors) 142 RBIs (come sopra) e 389 basi totali, Rodriguez si è classificato tra i primissimi in quasi tutte le categorie statistiche offensive del gioco, tra cui, tanto per citarne alcune, i punti segnati, la percentuale slugging, le battute valide, la OBP e le partite con più di una valida" eletto giocatore dell'anno dalla rivista Sporting News nonché dall'Associazione Giocatori, ha chiuso ottenendo anche il primo Gold Glove della carriera (pochi giorni dopo l'annuncio dell'Mvp) a dimostrazione della propria qualità anche con il guanto.
Persino Tejada, fresco vincitore del trofeo, ha ammesso, dal palazzo presidenziale della natia Repubblica Domenicana nel quale ha incontrato i giornalisti, che avrebbe votato per A-Rod, ma si è anche detto certo che i successi ottenuti dagli A's, a fronte dell'ultimo posto nella division (tra l'altro agguerritissima!) dei Rangers, abbiano giocato un ruolo fondamentale.
Le cifre a ben guardare ci sono ma non dicono tutto: oltre ad aver raggiunto i propri massimi in carriera per quel che riguarda la media battuta, i punti segnati, le apparizioni al piatto, le battute valide, i punti battuti a casa, l'OBP e la slugging percentage, quello che potrebbe aver davvero fatto la differenza a favore del ventiseienne power shortstop degli Oakland Athletics, è la leadership di cui si è mostrato capace e che forse in pochi gli attribuivano: la svolta infatti, viene indicata da Tejada proprio nel giorno in cui l'ormai neo Manager dei NY Mets, Art Howe, ha deciso di spostarlo nel terzo spot dell'ordine di battuta.
Era il 19 maggio, a Toronto. "E' stato magnifico"ne sarò sempre grato a Art"ho potuto finalmente dimostrare che sarei potuto diventare un grande giocatore"ed ho potuto finalmente sentire di far parte delle superstars della Lega"
Il terza base Eric Chavez, fresco di Gold Glove, non può che confermare, sostenendo che da quel giorno, il modo di rapportarsi di Tejada a sé stesso come giocatore, è cambiato: "è diventato un giocatore completamente diverso e ovviamente noi, siamo diventati una squadra diversa".
Il fatto che la propria squadra, sino ad allora esitante, abbia cambiato marcia per concludere la seconda stagione consecutiva con più di cento vittorie e che Tejada abbia firmato alcuni dei successi chiave nella striscia record ottenuta ad agosto, sicuramente non ha nuociuto nelle considerazioni finali degli elettori.
"L'uomo più felice del mondo", come si è egli stesso definito, è entrato in una sola stagione, a far parte di quel ristretto club di super shortstops che costituiscono un anomalia poiché difficilmente riscontrabili quanto a qualità e quantità , nella storia del gioco: A-Rod, Derek Jeter, Nomar Garciaparra, giocatori cui Tejada dice di non volersi rapportare ma ai quali viene naturale accostarlo visto il legittimo status di superstar al quale è assurto.
Premio giusto allora? Certo, perché no, come lo sarebbe stato premiare A-Rod, fresco sposo in viaggio di nozze in località top secret o lo stesso Alfonso Soriano" restano però alcune considerazioni che non possono non essere considerate pertinenti da parte di analisti e tifosi"
Se è vero che solo quattro volte è stato premiato come MVP un giocatore la cui squadra di appartenenza ha fatto segnare un record perdente, ciò significa che il numero di vittorie in regular season e la qualità dei propri compagni rappresenta un fattore discriminante"ma trattandosi di un premio individuale, quale dovrebbe essere la colpa di A-Rod per la mediocre squadra in cui si trova (a parte, come alcuni sostengono, quella di esservi andato a giocare per via di 252 milioni di dollari di contratto!)?
Il partito contrario alla elezione di Rodriguez però, porta altri interessanti punti di vista" il discorso relativo al fatto che dei 57 homers messi a segno, 34 sono arrivati in quello che è considerato il miglior hitting park della American League è senz'altro condivisibile, oltre ad una mediocre (rispetto a quella del diretto concorrente) percentuale in battuta nelle gare in trasferta (.277 contro .336), ma soprattutto sembra destinato a radicalizzare le posizioni, il punto di chi sostiene che giocare in una squadra perdente comporti una minore pressione sulle spalle di Rodriguez, il quale sa che ogni volta che si presenta al piatto, la sua prestazione non peserà nella corsa per il primo posto o per i playoffs"
Sorvolando sulla questione che chiunque giochi a livello professionistico ben difficilmente gradisce la sconfitta (basti pensare alle feroci partitelle in allenamento di Michael Jordan, o a Monica Seles la quale da giovane, nell'accademia di Nick Bollettieri, era solita, le rare volte in cui perdeva con le proprie compagne, comunicare al coach il risultato finale barando su chi avesse vinto per non dover ammettere la propria battibilità ), viene naturale chiedersi: cosa può fare di più Rodriguez, di quel che ha fatto durante questa stagione? Deve forse solo sperare che i Rangers peschino un trio di fenomeni quali Mulder, Hudson e il Cy Young Award winner Barry Zito per poter ambire a questo riconoscimento?
Sacrosanta dunque l'elezione di Miggy, ma il rischio che un giocatore che a fine carriera sarà unanimemente considerato uno dei più grandi di tutti i tempi, non vinca mai il titolo di MVP, costituisce un'ipotesi tanto probabile quanto agghiacciante.
Il dibattito è aperto.