Supercross: ragioni del tifo

Reed si è guadagnato l'affetto dei fans

Il Supercross americano volge al termine con l'entusiasmante battaglia tra James Stewart e Chad Reed. Il primo sbaglia, il secondo capitolizza e si ritrova così, frutto della vittoria di St.Louis, con 11 punti di vantaggio con cinque eventi ancora da disputarsi. Pronostico apertissimo per un andamento di campionato quantomai imprevedibile: chi avrebbe mai pensato, dopo la striscia di sette trionfi consecutivi di “Bubba”, ad un Reed ancora in testa al campionato? Chi avrebbe ipotizzato che Stewart tornasse alle sue vecchie abitudini, ovvero una propensione all'errore che non può renderlo, a tutti gli effetti, un pilota “completo”? Chi, soprattutto, si sarebbe mai immaginato che il pubblico americano si ritrovasse diviso tra i due: tifare per la rimonta di James Stewart o supportare la cavalcata di Chad Reed? Nemmeno un profeta sarebbe stato in grado di prevedere una vera e propria rivoluzione nei favori del pubblico americano.

Innanzitutto bisogna fare una doverosa premessa: in che cosa si differenzia il pubblico “yankee” del Motorsport rispetto a quello di ogni parte del mondo? Il calore, l'affetto verso i piloti, certo. Lo dimostrano i palazzetti di mezza America, sempre pieni, sempre carichi di emozione, tifo, coreografie, striscioni, eccetera eccetera. Il pubblico made in USA, in questo senso, è davvero unico: caldo, quanto basta, sempre vivo e sempre protagonista. Il passo a diventare un pubblico… smanioso di protagonismo è, tuttavia, breve. L'altra faccia degli spettatori USA è quella di chi non perdona, di chi, facilmente influenzabile dai media, “decide” chi tifare, chi far andare avanti, secondo logiche e canoni che a noi restano, oggettivamente, incomprensibili. Lasciamo il Supercross e guardiamo alla NASCAR: il “fans favorite” non è Jimmie Johnson, campione nelle ultime tre edizioni. Non “buca” la telecamera, non è un personaggio “mediatico”. L'idolo incontrastato è Dale Earnhardt Jr, figlio di “The Indimidator” il quale, evidentemente, gli ha passato il testimone di beniamino dei fans.

Non è un fenomeno (a vedere questo primo scorcio di stagione tutt'altro…), non è il migliore della piazza. Ma la sua storia, le sue vittorie a Daytona del 2001 e 2004 hanno costruito il personaggio di Junior e, di conseguenza, ammaliato i fans. Ogni sua prima posizione acquisita rappresenta un boato del pubblico: chi solo prova a mettersi contro (tanto per fare un nome: Kyle Busch…) è spacciato. In quel caso o ti crei un personaggio costruito e costituito su questa rivalità , oppure resterai sempre oscurato, massacrato da media e pubblico. Nel Supercross non è sempre stato così. Il pubblico, esigente, ha sempre voluto tifare con il classico patriottismo americano i propri connazionali. A costo di rendersi ridicolo.

Il pubblico americano che oggi accetta (e supporta) Chad Reed, 15 anni or sono fischiava, massacrava, distruggeva Jean Michel Bayle, probabilmente il più grande talento delle ruote tassellate dell'ultimo ventennio. Arrivato dalla Francia, JMB ha avuto dalla sua dei torti ingiustificabili: essere un fenomeno, un vincente, un francese. Alla sua prima vittoria gli appassionati hanno storto il naso. Al secondo successo mugugnato. Dal terzo, sono esplosi: fischi, “buuu” di disapprovazione e quant'altro. Anche insulti, diciamo chiaramente. Perchè? Perchè era un francese, o meglio, non era un americano. In quella travolgente stagione 1991 se ne sono viste di ogni, tanto che poco più tardi Jean Michel Bayle salutò tutti e non si fece più vedere in ambienti del Supercross a stelle e strisce.

Da quell'esperienza sono passati diversi piloti non-americani nella SX (Mickael Pichon e David Vuillemin per fare due nomi) con praticamente gli stessi risultati. C'è voluto Chad Reed, e c'è voluto un 2009 indimenticabile per far cambiare la mentalità  al pubblico americano. Tutto, se vogliamo, è stato frutto delle circostanze. Dopo Jeremy McGrath e Ricky Carmichael, il pubblico si è trovato a dover eleggere un nuovo beniamino. La scelta non poteva che ricadere su James “Bubba” Stewart, il quale sì faceva impazzire le folle quando correva nella 125, ma è stato pur sempre un rivale di Carmichael. Stewart sì, ma con riserva. Non poteva commettere un errore, un passo falso. Per sua sfortuna, l'ha fatto nel corso dell'inverno e alla vigilia della prima gara stagionale di Anaheim. In un momento di crisi economica, negli ambienti del Supercross si parlava del suo passaggio da Kawasaki a Yamaha, da Monster Energy alla concorrente Red Bull, il tutto per un accordo complessivo di 10 milioni di dollari (solo per il Supercross).

Stewart è arrivato ad Anaheim con inevitabili antipatie ed una nuova caratterizzazione: da ragazzo che faceva impazzire il pubblico a uomo-business. Professionista, professionale. Sorrisi sì, ma non troppi, andiamoci piano. Una mossa-suicida che ha penalizzato fortemente il suo rapporto con il pubblico in queste prime gare, che ci ha messo poco a voltargli le spalle. Dall'underdog Josh Grant (che si è imparato ad apprezzarlo dalla seconda gara perchè ad Anaheim-1 era un… perfetto sconosciuto!) all'attesa new entry Ryan Villopoto non si poteva che tifare anche e soprattutto per Chad Reed. L'australiano ha lottato con Ricky Carmichael e Kevin Windham, ha spodestato a suo tempo in Yamaha Jeremy McGrath, ma viene da una storia che non poteva che attirare le simpatie del pubblico: al termine della stagione 2008, con il secondo titolo conquistato, la Yamaha lo ha praticamente appiedato, preferendogli Stewart. Anche lui è diventato così “umano”, più umile e più “tifabile”, con problemi ed una vicenda che potrebbe capitare a chiunque. Se a questo ci aggiungi delle rimonte eccezionali nei primi round, il gioco è fatto.

James Stewart si era ritrovato ad un certo punto solo, e ha così deciso di riconquistare l'affetto dei fans. Per farlo è tornato ad essere “Bubba”, e a inventarsi qualcosa di nuovo. Lo ha fatto, a sorpresa, con la riuscita imitazione di Jon Bon Jovi nella Presentazione di ogni evento: parrucca, chitarra che si distrugge sbattendola a terra, non c'è che dire, simpatico davvero. “James Bon Jovi” ha così riguadagnato, in parte, il supporto del pubblico, che adesso è effettivamente diviso a metà . Ogni round si sentono urla per Stewart, così come applausi per le gesta di Reed. Chi vincerà ? In pista è forse più facile prevederlo: tra le simpatie dei fans? Per questo la storia ci insegna che è più difficile, tra le emozioni del momenti e le sensazioni di un pubblico unico nel suo genere.

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