AJ Foyt ad Indianapolis nel 1999 coi suoi due piloti, Kenny Brack e Billy Boat
La Indy 500 ha un storia lunghissima, ed è molto difficile (e riduttivo) fare un unico nome che risulti idoneo a fungere da simbolo di questa grande corsa. Probabilmente però, c’è un nome che più di tutti vi risulta legato: è quello di AJ Foyt.
Il texano è certamente una delle figure più importanti dell’automobilismo americano, non solo per il suo palmares, ma anche per il suo carattere, così duro e deciso tanto da diventare quasi un marchio di fabbrica.
Una volta, sgridò uno dei suoi piloti che si lamentava perché nell’auto non era presente il recipiente con l’acqua per dissetarsi durante la corsa (cosa oramai abituale). Quando gli fecero presente che forse era opportuno montarglielo, lui glielo fece installare accanto al motore, così che l’acqua divenne subito calda ed imbevibile. Foyt è fatto così, prendere o lasciare.
Anche negli anni duemila, quando orami tutti i team preparano al dettaglio ogni corsa e attenzionano ogni particolare, il suo team era l’unico che non aveva un vero ingegnere capo. Si decideva tutto al momento, come ai vecchi tempi.
Ma a parte qualche scelta bizzarra e il carattere abbastanza particolare, basta guardare il palmares per rendersi conto di avere davanti una vera e propria leggenda dell’automobilismo. Foyt ha vinto in quattro occasioni la 500 miglia di Indianapolis, nel 1961, 1964, 1967 e 1977, ha conquistato 7 campionati Indycar vincendo 67 gare.
Ha trionfato inoltre alla Daytona 500, alla 24 Ore di Daytona, alla 12 Ore di Sebring e alla 24 Ore di Le Mans. E’ l’unico pilota al mondo ad avere vinto tutte e cinque queste gare, e l’unico pilota insieme a Graham Hill ad aver vinto sia ad Indianapolis che a Le Mans. Nei vari campionati USAC per vetture midget Foyt ha raccolto ben 159 vittorie. Ovviamente un record.
AJ Foyt è nato il 16 gennaio del 1953 a Houston, nel Texas. Da buon americano, la sua carriera è cominciata sulle vetture midget. Nel 1957 passò alle monoposto, e l’anno dopo esordì ad Indianapolis. Nel 1958 gareggiò pure in Italia, nel “Trofeo dei Due Mondi”, una gara organizzata a Monza e che metteva di fronte i piloti di Formula 1 e quelli della USAC. Tanto per sottolinearlo, vinse un americano.
Nel 1960 vinse il suo primo campionato, e l’anno dopo fu il primo pilota capace di vincere il campionato per due anni di fila. Inoltre, vinse la sua prima Indy 500, approfittando nel finale di una foratura del leader Eddie Sachs, che a sua volta aveva approfittato di un pit stop fuori programma proprio di Foyt.
Nel 1963 e nel 1964 vinse ancora due campionati (nel 1964 vincendo 10 corse sulle 13 in calendario). Nel 1964 (l’anno del tremendo incidente Sachs-MacDonald di cui abbiamo già parlato nell’articolo riguardante Clark e la Lotus) vinse la sua seconda Indy 500, battendo nel finale Rodger Ward e Lloyd Ruby.
Nel 1964 vinse anche la sua prima gara NASCAR. Nel 1967 arrivarono il quinto campionato e la terza Indy 500, in una delle edizioni più tormentate, con la corsa che fu rimandata per due giorni a causa delle avverse condizioni climatiche.
Foyt salì in prima posizione con solo quattro giri da percorrere, quando la turbina lasciò a piedi il leader Parnelli Jones, ma c’era ancora di che preoccuparsi. Un incidente che coinvolse quattro vittorie costrinse Foyt ad una manovra al limite per riuscire a superare indenne la zona dell’incidente e vincere per la terza volta ad Indianapolis.
Due settimane dopo quella vittoria, Foyt vinse la 24 Ore di Le Mans, in coppia con Dan Gurney, primo team tutto americano (equipaggio, vettura e motore) a vincere la magica corsa francese.
Per vincere la sua quarta Indy 500 Foyt dovrà aspettare esattamente 10 anni. Nel frattempo si era preso il lusso di vincere anche la Daytona 500, nel 1972. Nel 1977, all’età di 42 anni, in un’altra edizione storica (quella che vide per la prima volta una donna al via della 500 Miglia, Janet Guthrie), divenne il primo pilota a vincere per 4 volte, record poi eguagliato da Al Unser e Rick Mears.
Anche in quell’anno le battute finali furono caratterizzate da un grande pathos, con Foyt che decise di economizzare al massimo il consumo di carburante per evitare un pit stop supplementare, girando diversi secondi più lento dell’inseguitore Gordon Johncock e mangiandosi così tutti i 32 secondi di vantaggio che aveva a pochi giri dalla fine.
Costretto lo stesso a rifornire (anche per evitare la rottura del motore), Foyt ereditò definitivamente la leadership quando proprio il motore di Johncock andò in fumo. Nel 1975 e nel 1979 vinse gli ultimi due campionati, mentre nel 1981 vinse la sua ultima gara a Pocono.
La carriera di Foyt continuerà però per ancora oltre un decennio, prima di ritirarsi nel 1993, nonostante avesse pensato di correre ancora quell’anno ad Indianapolis, prima che il suo team risultasse a corto di vetture a causa degli incidenti del suo pilota di quell’anno, Robby Gordon, durante le prove libere.
Nel 1979 AJ Foyt aveva infatti fondato il suo team, l’A. J. Foyt Enterprises, che negli anni parteciperà ai campionati CART, IRL e NASCAR. La maggiore soddisfazione come proprietario per Foyt arrivò nel 1999, quando una sua vettura vinse la Indy 500, guidata dallo svedese Kenny Brack, dopo l’ennesimo arrivo al cardiopalma, con lo stesso Gordon che rimase senza carburante a due giri dalla fine mentre era in testa.
AJ Foyt ha quindi disputato 50 edizioni della 500 Miglia di Indianapolis, 35 come pilota e 15 unicamente come proprietario. Ad Indianapolis, oltre al record di vittorie, detiene anche il record di partecipazioni (come detto 35), giri percorsi (4909) e di miglia percorse (12272,5, circa cinque volte la distanza New York-San Francisco). Detiene il record di vittorie per competizioni Indycar, sia per le singole corse che per i campionati. La sua ultima vittoria in assoluto è stata quella del 1985 alla 12 Ore di Sebring, in coppia con Bob Wollek.
A parte l’episodio del 1958 a Monza, e nonostante molte offerte (specialmente dopo la vittoria a Le Mans), Foyt ha sempre scelto di rimanere negli Stati Uniti, sia per la sua preferenza per il tipo di corse americane, sia soprattutto per il suo grande amor patrio.
Oltre che un grande pilota, Foyt è stato anche un uomo che ha sempre creduto in sé stesso, facendosi da solo per davvero, nato in una famiglia tutt’altro che benestante negli anni della post-depressione, spinto dalla sua grande passione per le corse e dalla sua cocciutaggine. Foyt imparò l’importanza del singolo dollaro grazie a queste sue origini disagiate.
La fortuna di Foyt fu di nascere da un padre meccanico, che gli trasmise la passione per le macchine e che gli permise di entrarne in contatto sin dai primi anni di vita, e da cui inoltre ereditò la sua forte etica per il lavoro.
Come tutti gli uomini duri, ha versato poche lacrime, ma vere: nel 1993, ad Indianapolis al termine di una delle tante giornate di prove, la pista fu liberata e solo una vettura percorse qualche giro a velocità ridotta.
Poi Foyt si fermò, scese dalla vettura, e annunciò il suo ritiro.
A fatica salutò il pubblico dicendo:
Questo è il luogo in cui è stato creato AJ Foyt, e questo il luogo giusto per dire basta. Volevo solo dire che in tutti questi anni ho guidato per voi