Sam Hornish in azione sulla Dodge n.77 del Team Penske
Come giudicare la stagione NASCAR di Sam Hornish jr? Il 29enne pilota dell'Ohio era sicuramente il più atteso tra i rookie al via della stagione NASCAR. Quando ci si presenta con un palmares che include una 500 Miglia di Indianapolis e 3 titoli IRL, sicuramente non si è un rookie come tutti gli altri. Ed alla fine si rischia di pagare l'attesa. Ma alla fine, come considerare la stagione di esordio di Hornish nella Sprint Cup (la serie top della NASCAR)?
Hornish arrivava sicuramente con una grande attesa alle spalle. Per anni è stato (giustamente) considerato il migliore pilota americano per quello che riguarda le ruote scoperte, e un po' tutti lo vedevano prima o poi nel mondo NASCAR.
Quando nel 2006, beffando in volata Marco Andretti, ha finalmente rotto la maledizione di Indy, dove non riusciva mai a ottenere risultati degni del suo grande talento, era ormai chiaro che il momento fosse vicino. Tant'è che a fine ottobre dello stesso anno Hornish annunciava la volontà di partecipare ad alcune corse della Busch Series (come si chiamava allora la seconda serie della NASCAR).
Come fanno più o meno tutti (e come avevano fatto in passato anche altri nomi noti, come ad esempio Montoya), anche lui ha giustamente cercato un approccio parziale alla categoria, disputando prima alcune prove selezionate della categoria inferiore (continuando l'impegno full-time nella Indycar nel 2007) prima di dedicarsi completamente alla NASCAR nella stagione 2008.
Come detto, Hornish si presentava al via della stagione con un curriculum di lusso, insieme ad un altro rookie di grande interesse proveniente dalla Indycar, ovvero il campione 2007 (sia del campionato, sia di Indy 500) Dario Franchitti.
A concorrere per il titolo di Rookie Of The Year c'erano anche altri piloti provenienti dalle ruote scoperte, come il canadese Patrick Carpentier (per dire la verità c'era anche Jacques Villeneuve, subito andato via dopo i primi fallimenti), oppure piloti più giovani ma più esperti di questo genere di corse, come Regan Smith, che infatti a fine stagione diventerà Rookie Of The Year. Perché proprio qui sta uno dei punti fondamentali per capire la stagione di Sam: il fatto che lui fosse un campione delle corse Indycar (lui come Franchitti) non deve automaticamente portare a pensare che automaticamente lo sia anche nelle corse NASCAR.
Il modo di correre con queste vetture è differente, ci sono più contatti, devi imparare come stare in scia con queste vetture, come "appoggiarti" all'avversario in una manovra di sorpasso, devi imparare a "bussare" e a subire le "bussate" (i colpetti che spesso il pilota dà all'avversario che ha davanti per scomporlo e poterlo superare più agevolmente).
Possono sembrare delle sciocchezze, ma non lo sono. Può sembrare una banalità , ma correre sugli ovali da mezzo miglio insieme ad altri 42 scalmanati non è una cosa semplice, anche per uno come Hornish che delle lotte corpo a corpo in Indycar aveva fatto uno dei suoi punti di forza (incredibili tante vittorie fatte di rimonte e sorpassi mozzafiato, basta andarsi a rivedere l'ultimo restart della già citata Indy500 del 2006).
Tutte difficoltà note, tant'è che il motivo per cui tutti iniziano la loro carriera NASCAR disputando prima una serie di gare, se non tutta la stagione, nella Busch Series (adesso Nationwide Series) è proprio questo "ambientarsi".
Come giudicare quindi la stagione di esordio di Hornish?
Sicuramente non è stata una stagione facile. Alla fine si è piazzato al trentacinquesimo posto della classifica finale, ha condotto due giri in testa in tutta la stagione, non ha ottenuto piazzamenti nella top ten ed il miglior risultato è stato un tredicesimo posto alla Coca-Cola 600 a Charlotte, ed inoltre ha perso il titolo di Rookie Of The Year che come detto è andato a Regan Smith.
Tra l'altro, ulteriore nota negativa, ha perso un titolo che in molti davano quasi per scontato in una classe di rookie che si è rivelata probabilmente la peggiore da tantissimo tempo a questa parte.
C'è da dire che le difficoltà della sua stagione sono state accentuate dal fatto che correva per una vettura, la numero 77 del Team Penske, che nell'anno prima non aveva conquistato uno dei primi 35 posti nella classifica finale, cosa che garantisce la qualificazione automatica nelle corse dell'anno successivo, e quindi ogni gara doveva lottare per qualificarsi (e in qualche caso ha subito anche l'onta della non-qualificazione).
Alla fine l'obiettivo minimo della stagione è diventato proprio la conquista del 35simo posto finale, risultato centrato e che gli garantirà la qualificazione automatica in tutte le corse del prossimo anno. Tra l'altro, va aggiunto il fatto che quest'anno i rookie non hanno avuto il beneficio di guidare nella Nationwide Series un'auto simile a quella guidata nella serie maggiore, visto che solo dal 2009 anche nella serie minori verranno adottate alcune specifiche già introdotte nelle "Cars of Tomorrow" (sigla COT) che invece sono adottate nella serie maggiore , ed inoltre molti non hanno avuto il beneficio di disputare una intera stagione nella Nationwide Series, come molti altri rookie in passato.
La stagione di Hornish va quindi analizzata anche alla luce di questi fatti. Ha pagato sicuramente l'inesperienza, ha commesso diversi errori di concentrazione, ed alla fine i risultati degni di nota sono stati pochi.
Ha probabilmente disputato la sua migliore corsa a Daytona, quando alla sua prima uscita nella più celebre gara NASCAR, la Daytona 500, ha terminato quindicesimo dopo aver viaggiato per gran parte della gara nella top ten.
Altra buona prova all'All-Star Race disputato a Charlotte, dove ha terminato al settimo posto.
In qualifica, due settimi posti quali miglior risultato. Troppo poco probabilmente per da un voto di sufficienza a questa sua prima stagione. Alla fine le uniche note positive sono state il 35simo posto conquistato nella classifica generale (coi benefici annessi), l'esperienza acquisita e il posto garantito per l'anno prossimo (cosa di cui non è certo neanche il rookie dell'anno Smith).
Tutto questo sicuramente gli servirà per affrontare la prossima stagione (dopo aver smentito la possibilità di un ritorno in Indycar in sostituzione del suo ex-compagno di squadra Castroneves, coinvolto negli ormai noti guai fiscali) con maggiore tranquillità e con maggiori possibilità di successo.
Il team è preparato e lo appoggia pienamente, il talento per emergere anche in questo genere di corse non manca, quindi ora sta a lui sfruttare tutto questo potenziale per dimostrare di poter essere un top-driver anche in NASCAR.