L'arrivo dell'ultima gara di Chicagoland: il vincitore Helio Castroneves batte il secondo, il campione Scott Dixon, di 0.0033 di secondo, il secondo arrivo più ravvicinato delal storia della Indycar
Quella che è appena terminata è stata una stagione particolarmente significativa per l'Indycar Series. La stagione della svolta.
Perché dopo tanti anni di spaccatura, l'automobilismo americano ha finalmente avuto la tanta sospirata reunion.
Anche un po' inaspettata, perché dopo anni e anni di trattative più o meno vicine alla risoluzione del problema, la soluzione del problema è arrivata a poco più di un mese dall'inizio della stagione: la Indy Racing League e la ChampCar si univano per dar vita alla nuova Indycar Series, che riuniva finalmente dopo 12 anni di separazione il meglio dell'automobilismo americano a ruote scoperte.
La decisione ha colto di sorpresa molti, anche tra gli addetti ai lavori, ma alla fine sono stati inglobati molti dei team rimasti nella ChampCar: Newmann-Haas, Conquest, HVM (l'ex Minardi Team USA), KV Racing ( di cui è co-proprietario Jimmy Vasser, ex compagno di Zanardi al team Ganassi) e Dale Coyne.
Come sono state inglobate alcune corse appartenenti al calendario ChampCar: Long Beach (ancora per una ultima volta aperta soltanto alla ChampCar per un conflitto di date con la gara di Motegi), Edmonton, Sufers Paradise (purtroppo non valida per il campionato ma disputata solo come "non point race") e, dal prossimo, Toronto.
Per questi team è stata una annata sicuramente difficile.
L'approccio immediato alla nuova categoria non è stato facile, specialmente per quel che riguarda le gare su ovale, dove molti team e soprattutto piloti non erano abituati a gareggiare.
Qualche problema è sorto, nelle prime gare, per quel riguarda i pezzi di ricambio delle vetture, tant'è che ad esempio Graham Rahal del team Newman-Haas ha dovuto saltare la prima corsa della stagione causa un incidente in un test qualche giorno prima.
Superati questi piccoli problemi organizzativi, il 2008 è stata, ancora una volta, una stagione altamente spettacolare, ricca di lotte e di colpi di scena.
E' stata la stagione di Scott Dixon, dominatore della 500 Miglia di Indianapolis e vincitore (come quasi sempre in volata) del titolo.
E' stata la stagione di Helio Castroneves, mai come quest'anno vicino al tanto sospirato titolo che ancora una volta gli è sfuggito.
E' stato l'anno del ritorno a pieno regime di Ryan Briscoe, dopo lo spaventoso incidente del 2005 al Chicagoland Speedway.
E' stata la prima stagione senza gli ultimi due vincitori di Indy500 e del titolo, Sam Hornish e Dario Franchitti, emigrati con poche fortune nella NASCAR (e il secondo già pentitosi della scelta e protagonista di un ritorno abbastanza clamoroso anche se prevedibile).
E' stata, come detto, la stagione della reunion, con nuovi piloti che hanno saputo inserirsi, in molte gare, almeno sui circuiti stradali, nella lotta al vertice, basti pensare alle vittorie di Rahal (il più giovane vincitore di una gara, ad appena 19 anni, subito contrapposto all'altro figlio d'arte Marco Andretti) o Wilson, ma anche alle tante buone prove disputate da gente come Servia o Power.
E' stata la stagione della prima vittoria di una donna, Danica Patrick, seppur nella gara "monca" di Motegi (coi piloti Indycar e ex-ChampCar separati per una ultima volta causa un conflitto di date tra le prove di Motegi e Long Beach), anche se il resto della stagione non è stato particolarmente brillante per la 26enne pilotessa, tra risse più o meno sfiorate (a Indy con Briscoe, a Lexington con la collega Milka Duno, ad Edmonton con il compagno di squadra Andretti); tant'è che il paraodosso arriva a fine stagione con una particolare statistica: nonostante lo storico successo di Motegi, la Patrick non è stata neanche la donna che ha condotto più giri in testa durante la stagione, battuta 5 a 4 dalla Duno.
Alla fine, è stata la stagione di un certo ritorno alla "grandeur", per quella che resta probabilmente la categoria automobilistica più completa, se non altro dal punto di vista della varietà di tracciati affrontati (sostanzialmente l'unica che corre su qualsiasi tipo di circuito, stradali, cittadini, ovali lunghi e corti).
Allo stesso tempo, c'è ancora molto da fare: la Indycar, ad esempio, sta lavorando per il coinvolgimento di nuovi motoristi per rompere quello che è diventato sostanzialmente un monomarca (Dallara-Honda-Firestone).
Le ultime voci parlano di colloqui avanzati con diversi costruttori (a parte la Honda, anche Porsche, Audi e Alfa Romeo) in vista delle nuove specifiche tecniche che entreranno in vigore dal 2011 (si parla di un ritorno ai motori turbo).
La recente crisi economica di certo non aiuta, ma l'impressione è che l'Indycar stia lavorando bene in vista di un futuro che appare complicato un po' per tutti e a tutti i livelli. Quella che sta per iniziare, la stagione 2009, dovrà dare in questo senso alcune risposte e determinare un certo "assestamento". Sempre sostenuti da quell'incredibile evento che è la 500 Miglia di Indianapolis.
PS: nota a parte, la stagione verrà comunque ricordata con un velo di tristezza per la scomparsa di un grande protagonista del mondo delle corse: Paul Newman.
Il grande attore, pilota e proprietario di scuderia ha voluto, nonostante la malattia, fare una ultima apparizione durante il Pole Day ad Indianapolis, la corsa che gli è sempre sfuggita e probabilmente anche per questo ha amato di più.