Ricky Carmichael a bordo della Chevy #4
La NASCAR è ormai il punto di riferimento del Motorsport USA.
Quando pensi alle corse americane, non pensi più alla 500 miglia di Indianapolis, alle monoposto che viaggiano negli anelli a siderale velocità sparsi per il Nuovo Continente.
Oggi l'automobilismo americano è la NASCAR, il pianeta delle Stock Car, un processo che parte dalle Whelen Modified per arrivare alla Sprint Cup.
Universo unico che ha preso prima piede e successivamente il dominio e/o monopolio motoristico yankee: le aziende lottano a suon di milioni di dollari per porre un proprio stickers sulle vetture di Jimmie Johnson, Dale Earnhardt Jr, Kasey Kahne, non sulle Dallara Honda di Helio Castroneves, Scott Dixon o Marco Andretti, fatta naturale eccezione per il fenomeno-mediatico (e non solo) Danica Patrick.
Il monopolio della NASCAR ha assunto proporzioni gigantesche negli ultimi tempi, inglobando il meglio del motosport USA che si parli di squadre, sponsor, piloti e personaggi. Dario Franchitti, Sam Hornish Jr ed AJ Allmendinger hanno puntato tutto sulla NASCAR Sprint Cup, a dispetto di certezze assolute di vincere nella IndyCar Series.
Non sono però solo i piloti di automobilismo ad avvicinarsi all'universo Stock-Car.
Pensiamo alle due ruote, al Supercross e a due nomi che hanno riempito gli stadi di mezza America, da Anaheim a Las Vegas passando per San Diego: Ricky Carmichael e Jeremy McGrath.
Duellanti, seppur per poco (due anni, niente di più), con le ruote tassellate, in un prossimo futuro anche negli Speedway al volante delle Stock Car.
La loro storia è da raccontare, interessante e affascinante sotto tutti i punti di vista.
Certo, non è la stessa cosa che seguire nel 2009 il possibile approdo di Valentino Rossi in Ferrari Formula 1, ma è un processo di avvicinamento al pianeta-NASCAR che ha fatto sensazione nel motociclismo.
Partiamo da Ricky Carmichael, il campionissimo, colui che ha segnato record su record tra Supercross e National. Non avendo più nulla di dimostrare nel Cross, riuscendo a vincere tutto (ma proprio tutto) con Kawasaki, Honda e Suzuki, “RC” ha chiuso la carriera lo scorso anno.
Qualche gara nel Supercross, il “passaggio di consegne” con James Stewart, il trionfo agli X-Games e con la nazionale americana al Motocross delle Nazioni a Budds Creek. La sua ultima gara, chiusa trionfando per la propria nazione: saluti a tutti, ci vediamo in NASCAR.
Carmichael aveva deciso questo passaggio epocale nella stagione 2006: c'era bisogno di una nuova sfida, voleva continuare a correre, niente di meglio che le Stock Car. Subito molte squadre si erano interessante a lui, ma alla fine decise di firmare per il Ginn Racing, convinto dal sempreverde Mark Martin che lo avrebbe seguito in questo debutto.
Successivamente la struttura con base operativa a Charlotte venne acquisita ed inglobata dal DEI (Dale Earnhardt Inc.): un cambiamento che costrinse un cambio di rotta, con Ricky costretto a cercar un nuovo sponsor per iniziare l'avventura solo dalla stagione successiva. Compreso il momento, RC decise di chiudere prematuramente l'avventura in DEI dopo solo pochi test, cercando un nuovo volante.
Qui entra in scena Ken Schrader, che gli offre una Chevrolet MonteCarlo per correre nella propedeutica serie “FASCAR” e, successivamente, nella NASCAR Camping World-East Series, potendo così scontrarsi con piloti quali Kasey Kahne e tante giovani promesse dell'automobilismo. RC accetta la proposta, Monster Energy (suo partner personale) decide di sponsorizzare la sua vettura, il gioco è fatto e finalmente Ricky Carmichael può definirsi quale pilota NASCAR a tutti gli effetti.
Dopo l'allenamento in FASCAR (chiuso malamente con un ritiro), Ricky si è lanciato nell'ultimo mese nella Camping Series, dove ha stupito tutti. Al debutto a Greenville è sesto, mentre a Iowa ha spiccato ottimi tempi salvo chiuder soltanto in 22° piazza, complice un contatto ed un giro perso per sistemare la propria Chevy danneggiata.
Insomma, prestazioni interessanti in grado di lasciare senza parole gli scettici e chiunque non vedeva di buon occhio l'avventura automobilistica di Carmichael, secondo qualcuno solo un “personaggio” che distoglierebbe attenzione dai veri talenti delle Stock (Logano, il suo team-mate Hayes e via discorrendo).
“Il debutto di Greenville in South Carolina è stato fantastico”, ha detto Ricky Carmichael. “Con il mio team abbiamo fatto parecchi test, pertanto sono arrivato alla prima gara preparato e con l'intenzione di far bene. Non volevo nascondermi: a Greenville puntavo alla top five. Ho fatto sesto, va benissimo, non c'è male e, soprattutto, ho imparato a conoscere questa tipologie di gara. A Iowa sono stato sfortunato, ma non può sempre andarmi bene. A cosa punto adesso? A vincere. Sono venuto in NASCAR per questo obiettivo, non per far numero”.
The “G.O.A.T”, ovvero “Greatest Of All Time”, è così già immerso nella sua nuova quotidianità , puntando a disputare qualche gara della Nationwide Series sul finire di questa stagione.
D'altro canto il suo ex-rivale, Jeremy McGrath, ha mosso i suoi primi passi in queste settimane, preannunciando un processo di avvicinamento al mondo-NASCAR diverso rispetto a quanto compiuto da Carmichael.
Il sette volte campione del Supercross ha firmato la scorsa estate un contratto con il JR Motorsports, dove “JR” sta per “Junior”: Dale Earnhardt Jr, suo amico che ha deciso di concedergli una possibilità con la propria neonata struttura. McGrath dovrebbe presenziare ad una decina di appuntamenti quest'anno della Whelen All-American Series Southeast, la base terra-terra dell'universo NASCAR.
Tuttavia, McGrath si è già allenato: lo ha fatto nel Championship Off-Road Racing (CORR), una sorta di Rally-Raid all'americana, vicina alla filosofia della Dakar. Al debutto ha fatto 2° e 3° a Las Vegas, rischiando addirittura di vincere.
Sì, ma perchè McGrath ha puntato sull'off-road e non sugli speedway?
Semplice: il CORR si disputa con delle vetture simili alla filosofia Stock-Car, che hanno lanciato diversi talenti oggi al top della Sprint Cup.
Un esempio? Un certo Jimmie Johnson. Tanto per fare un nome.