La coppia Penske Newman-Busch beffa Tony Stewart sul finale.
A festeggiare una vittoria insperata quanto improbabile sono stati alla fine il team Penske Racing e Ryan Newman, che hanno trionfato alla Daytona 500 edizione numero 50. Hanno vinto da sfavoriti, non erano dati tra i protagonisti annunciati. Ma come sempre Daytona ha riservato spettacolo ed emozioni, colpi di scena fino al classico giro finale da cardiopalma. Doveva eseere la battaglia preannunciata tra Joe Gibbs Racing e Hendrick Motorsports, le due super squadre, il duello tra Toyota e Chevrolet. E' stata invece la giornata della Dodge, al coperto per gran parte della corsa, che ha finito per piazzare tre auto nei primi cinque, addirittura sei nelle prime otto posizioni.
"Rocketman" Newman ha portato alla Victory Lane la Dodge #12, centrando la prima "500" e la sua vittoria piu' importante della carriera, aiutato e seguito dal compagno di team Kurt Busch con la Dodge #2, per la doppietta Penske. Vittoria davvero emozionate per Roger Penske, nome storico dell'automobilismo a stelle e strisce, che col suo team ha vinto 14 volte la Indy 500, ma con quasi 30 anni di tentativi non era ancora riuscito a fare sua Daytona. Nell'ultimo giro sul rettilineo opposto al traguardo il tandem Penske ha sorpassato Tony Stewart (Toyota #20), entrando facilmente in testa nelle ultime due curve della corsa.
La Toyota ha avuto la grande occasione di essere il primo costruttore non statunitense a vincere nella NASCAR dal 1954, grazie ai piloti di Joe Gibbs. Kyle Busch con la Camry #18 ha dominato gran parte della corsa, conducendo in testa per quattro volte per un totale di 86 giri, piu' di chiunque altro, dimostrandosi la vettura piu' veloce della giornata. Ma ha finito per pagare le tante bandiere gialle finali, sbagliando clamorosamente l'ultimo restart e lasciando via lbera alla coppia Penske. Denny Hamlin con la #11 ha condotto nelle prime fasi, concludendo poi 17esimo col posteriore danneggiato nella bagarre. Per Tony Stewart forse la piu' grossa delusione della carriera. Arrivato a meno di mezzo giro dal sogno di vincere finalmente la corsa piu' prestigiosa, ha visto fallire anche il decimo tentativo quando sembrava fatta, per di piu' per colpa dell'ormai arcinemico Kurt Busch.
Complessivamente comunque la banda di Gibbs ha sovrastato il dream team di Hendrick. Dale Earnhardt Jr. (Chevrolet #88) è giunto nono al traguardo, migliore delle Chevrolet. Una debacle inaspettata, dopo che aveva vinto Budweiser Shootout e il Gatorade Duel. Ha viaggiato costantemente nei primi cinque per tutta la corsa, non andando pero' mai al comando, se non in occasione di uno dei pit stop per le bandiere gialle che hanno costellato e infiammato l'ultimo quarto di gara, quando il suo crew chief, Tony Eury Jr., lo ha lasciato in pista per guadagnare la testa contando sul fatto che le gomme avevano sulle spalle appena dieci giri dalla precedente sosta. Alla bandiera gialla successiva, per un problema di comunicazione radio Junior ancora non è rientrato, finendo per azzardare troppo e dover vedere sfilare vetture con gomme piu' fresche.
Jeff Gordon (Chevrolet #24) ha percorso meta' gara sempre vicino al piu' piccolo dei Busch, in testa alla corsa, dando l'impressione di avere una netta possibilita' di vittoria. Un problema ad una sospensione lo ha pero' addirittura costretto al ritiro. Giornata non facile neanche per Jimmie Johnson (Chevrolet #48), partito dalla pole position, ma che ben presto ha dovuto cedere il passo alle Toyota. Prima una difficolta' al secondo pit stop, dove cè stato un problema al sollevatore sulla parte sinistra della vettura, che lo ha fatto precipitare oltre il trentesimo posto. Poi avviato al recupero, è scivolato in uscita dalla curva due, finendo per essere colpito da Sam Hornish Jr., e creare una delle tante carambole che hanno caratterizzato le fasi finali. Anche Casey Mears (Chevrolet #5) ha finito con un incidente. Cercando di chiudere una varco a Stewart, è finito a muro, provocando l'ennesima bandiera gialla degli ultimi concitati giri.
In casa Ford, Greg Biffle (#16) è stato il migliore, con il decimo posto finale ed alcuni passaggi in testa. Sempre per il Roush Fewnay Racing, Matt Kenseth (#17) sembrava avere solide speranze di giocarsela nel finale, ma è stato travolto dal compagno David Ragan (#6), che ha mandato entrambi a muro, finendo 35esimo. Sam Hornish Jr (Dodge #77) è stato il migliore tra i debuttanti, disputando una solida gara, conclusa quindicesimo, ma sempre fuori dai problemi, e con lunghi periodi rascorsi nei primi dieci e anche nei primi cinque. Sono state tre ore e mezzo di intense emozioni, un po' atipiche per meta' gara, con Kyle Busch in testa che sembrava dominare, ma alla fine Daytona ha regalato il solito colpo a sorpresa. Si dovra' aspettare ben 365 giorni per rivedere The Great American Race, ma come sempre ne è valsa la pena. E per un anno Ryan Newman è il nuovo Re.