Sam Hornish Jr. Campione Indy Car Series 2006
Un'altra stagione emozionante si è conclusa: l'Indy Car Series 2006 ha chiuso i battenti con il trionfo di Sam Hornish Jr. che forte del maggior numero di vittorie ottenute ha beffato il campione 2005 Dan Wheldon i quale ha concluso la serie con lo stesso punteggio.
Hornish, Wheldon e Castroneves: un americano, un inglese e un brasiliano, tre piloti con stili e motivazioni differenti che si sono dati battaglia fino all'ultimo metro rendendo questa stagione estremamente equilibrata.
La sfida in pista ha messo in ombra almeno parzialmente il pessimo stato di salute di cui soffre l'Indy in questo periodo: una situazione difficile che va dagli introiti sempre minori, allo spaventoso calo di pubblico per finire con una fuga "annunciata" delle varie case costruttrici.
L'altra serie a ruote scoperte americana, la Champ Car non sta certamente meglio: in alcuni circuiti l'affluenza di pubblico è stata maggiore, ma nel complesso anche questo campionato pare costantemente in agonia.
Di questa situazione ne ha approfittato la Nascar che in questi ultimi anni è divenuta la categoria di spicco dei motori Usa e se si analizza nei minimi dettagli, si scopre un sistema impeccabile capace di fare soldi senza far venir meno lo spettacolo.
La Nascar ha un parco partenti molto numeroso, registra un numero di tifosi in costante crescita non solo sui circuiti, ma anche in televisione e gli sponsor fanno a gara per "griffare" le auto dei favoriti.
L'acquisto di Montoya, la proposta alla Patrick e a Schumacher non hanno fatto altro che aumentare l'interesse nei confronti della nuova regina motoristica.
Dalle stelle alle stalle
L'essenza delle corse americane è sempre stata la velocità su ruote scoperte: a differenza dell'Europa che visse in passato un periodo in cui i prototipi erano i veri e propri punti di riferimento, negli States le formule hanno sempre avuto un certo appeal.
Il problema primario di questa crisi è la divisione delle due serie: Irl e Champ Car. Due campionati che da anni si fanno la guerra con il solo risultato di allontanare gli appassionati che dalle corse vogliono spettacolo e divertimento.
Qual è stata la causa di questa divisione? Facciamo un salto indietro: nel 1956 l'Automobil Club americano acquisì la AAA (American Automobile Association) gestendo il campionato di gare fino a quel tempo esistente.
Nel 1978, Daniel Sexton Gurney, ex pilota americano che partecipò anche al campionato di Formula 1 vincendo quattro Gran Premi con la Porsche, la Braham e la Eagle Weslake, fondò la Championship Auto Racing Team (Cart).
La maggior parte dei Team del vecchio campionato passarono sotto Gurney che diede il via alla nuova Formula Cart l'11 marzo 1979 con la prima gara al Phoenix International Raceway.
La serie crebbe moltissimo e con il passare degli anni aumentarono gli iscritti, aumentarono i circuiti e aumentò ovviamente l'interesse commerciale attorno ad un prodotto che in America faceva molti soldi.
Nel 1989 divenne presidente del circuito di Indianapolis Tony George: nipote di Tony Hulman che dopo la seconda guerra mondiale ricostruì il tracciato.
I progetti e le ambizioni di Tony George aumentarono fino a scontrarsi con la Federazione; era il 1995 quando il boss del tracciato più famoso del mondo creò una serie parallela alla Cart chiamata Irl (Indy Racing League).
Nei primi anni questo campionato non riuscì a raggiungere i successi della più anziana e famosa Formula Cart, ma George aveva dalla sua l'opportunità di far correre le vetture del suo campionato sulla sua pista per la celebre 500 miglia.
Fu una mossa decisiva per il destino della Irl che vide aumentare il numero dei suoi partecipanti a scapito della serie rivale che senza la più famosa corsa del mondo perdette prestigio e interesse.
Nel 2003 la Cart finì in bancarotta e venne riacquistata dagli stessi proprietari l'anno seguente che rinominarono la serie con il nome di Champ Car.
Siamo giunti ai giorni nostri: da una parte la Irl o Indy Car Series che ha dalla sua i piloti più famosi in America e che in calendario ha quasi tutti circuiti ovali, dall'altra la Champ Car di derivazione più europea e che corre su molti cittadini.
La soluzione
Il risultato di questa inutile guerra? Fatta eccezione per la 500 miglia di Indianapolis e un altro paio di appuntamenti, quest'anno gli spalti delle gare Irl erano desolatamente vuoti nonostante l'abbassamento continuo dei prezzi per incentivare l'acquisto.
Sul fronte televisivo le cose non sono migliorate: share bassissimi con punte minime da terza serata che devono realmente far riflettere.
La Champ Car, nonostante una presenza di tifosi maggiore vive una fortissima crisi di identità vista la scarsa presenza di piloti americani e il fuggi fuggi generale degli sponsor.
L'Indy Car Series per rimediare dal prossimo anno andrà contro la sua tradizione aggiungendo in calendario più tracciati cittadini facendo scatenare la protesta dei puristi della serie.
La soluzione? Irl e Champ Car devono unirsi! Non c'è alternativa; la Nascar cresce, i piloti scappano. Urge una riunione per trovare punti in comune per evitare una morte lenta delle due serie americane.
Agli appassionati al momento non resta che godersi lo spettacolo che questi due campionati sanno ancora offrire; fortunatamente infatti ci possiamo ancora divertire.