Non chiamateli vecchietti

Teemu Selanne, 600 goal in carriera!

Al tramonto di una carriera Nhl si contano gol e punti che restano sugli annali di hockey, nell'immaginario collettivo il veterano è colui che regala esperienza e classe, l'esempio per i giovani e il giocatore che regalando un lampo di classe fa alzare in piedi ogni tifoso.

La National Hockey League ha da sempre consegnato alle statistiche lunghe carriere, basti pensare al grandissimo Mark Messier o al sempiterno Gordie Howe.
Sfogliamo l'album dei ricordi e raccontiamo quattro storie di "giovani"eroi.

Teemu Selanne

La copertina è d'obbligo per "The Finnish Flash"Teemu Selanne, domenica 21 marzo ha segnato contro i Colorado Avalanche il suo gol numero 600, ad un passo dall'ennesimo record per un giocatore finlandese, visti i 601 gol di Jari Kurri.

Selanne è l'uomo dei record sin dalla stagione d'esordio con i Winnipeg Jets, quando fece suo il primato delle marcature per un rookie, segnando 76 reti in 84 partite disintegrando il precedente guinness di Mike Bossy datato 1977-78 con 53 gol.

Nella prima stagione Selanne vince il Calder Trophy come miglior esordiente ma le pagine d'oro della storia di Teemu si hanno con lo sbarco ad Anaheim, dove gioca in linea con Paul Kariya, un duo terribile e di classe che regala gol a grappoli ai Ducks. Kariya, altro super veterano, si è appena conquistato il gol numero 400, Teemu ha anticipato il prestigioso traguardo delle 600 esultanze diventando anche il giocatore più prolifico dei giochi olimpici, giusto per lasciare un'impronta immortale alla sua carriera.

Il dispiacere più grande è quello di non giocare i playoff, lasciando nei ricordi solo una Stanley Cup (2006/07) e 1.251 punti realizzati. I 10 All Star giocati ne fanno uno dei veterani più gloriosi, futuro Hall of Famer, dove potrà  anche ringraziare Jeff Hackett, portiere di San Jose nel 1992 e prima vittima dell'attaccante finlandese.

Il traguardo dei 600 gol è un club dove vi appartengono solo 18 giocatori, Gretzky, Howe e Brett Hull su tutti, con Lemieux e Robitaille che hanno in comune con l'asso dei Ducks il fatto di appartenere al "club dei 600" dopo aver vinto il titolo di rookie dell'anno.

Se Selanne deciderà  il ritiro dopo questa stagione potrà  raccontare ai nipoti di aver vinto le gare dove ha segnato il gol n°100, 200, 300 e 400, e sarebbe stato en plein se il 22 novembre 2006 gli shootout non avessero consegnato la vittoria agli Avalanche contro Anaheim nel giorno della rete n°500.

"Segnare la rete numero 600 è stato semplice, complice l'uscita esagerata di Craig Anderson, è stata una bella sensazione e finalmente ora non ci penserò più, forse questo traguardo sarebbe potuto arrivare prima ma vai a capire la sfortuna, prima la mano rotta che mi ha fatto saltare 17 partite, poi la mascella fratturata e infine gli acciacchi che mi ricordano di non essere più il rookie di Winnipeg".

"E' il raggio di sole nello spogliatoio di Anaheim, responsabile e disponibile con qualsiasi tifoso", con queste parole l'allora GM Brian Burke riassume il motivo della grandezza di Selanne, futura leggenda.

Jason Arnott

Raggiungere il paradiso e diventare gladiatore con due squadre diverse. Si può riassumere cosi la storia di Jason Arnott, settima scelta del draft 1993 vinto da Alexandre Daigle. Il centro di Oshawa si guadagna la fiducia degli Oilers per la Nhl, negli anni travagliati della franchigia canadese (non che oggi vada meglio) Arnott cresce come i numeri della sua prima parte di carriera, battuto da un esordiente speciale nel Calder Trophy, tale Martin Brodeur. Edmonton se ne libera però dopo cinque stagioni quando pensa di fare l'affare scambiandolo con Bill Guerin dei New Jersey Devils.

L'occhio di Lamoriello invece colpisce ancora una volta, ad un roster esperto con Claude Lemieux, Scott Niedermayer, Brian Rafalski, Scott Stevens e Bobby Holik aggiunge il trio che verrà  ricordato come "A Line" con Arnott, Patrick Elias e Petr Sykora.

Il colpaccio della super linea offensiva è datato 10 giugno 2000, i diavoli sfidano i campioni dei Dallas Stars nella gara 6 di Stanley Cup. È una serie fenomenale che, a parte l'iniziale 7 a 3 a favore dei detentori della coppa, vive su un equilibrio quasi perfetto.

New Jersey è avanti 3 a 2 quando affronta la sesta gara, con i team reduci dai 3 supplementari della quinta gara vinta per 1 a 0 da Dallas. Coach Robinson sfida Ken Hitchcock facendo giocare la finalissima con Arnott centro contro Mike Modano, il più forte di inizio millennio nel suo ruolo.

Anche gara 6 è in parità , altri due supplementari e tanta stanchezza sino all'episodio fulminante, un assist perfetto di Elias trova Arnott tutto solo per il tap in, è il gol decisivo del 2 a 1, è il momento che per un giocatore di hockey rappresenta il paradiso, vincere una Stanley Cup con un gol nell'overtime.

Nei Devils Jason Arnott raggiunge la completa maturazione, dopo 5 stagioni è scambiato con Nieuwendyk e Langenbrunner, approdando proprio a Dallas, ma la fortuna sorride ai neo giocatori di New Jersey che diventano pedine fondamentali per la vittoria della Stanley Cup 2002/03. Con gli Stars Arnott gioca dal 2002 al 2006, realizzando nell'ultima stagione in Texas 76 punti grazie a 32 gol e 44 assist, sua performance migliore in Nhl.

Da free agent sceglie una franchigia plasmata a sua immagine e somiglianza, approda ai Nashville Predators, folli, coraggiosi e sfortunati, Jason Arnott ne diventa subito il capitano e conduce i Predators a due secondi posti nella Central division, ma i playoff si concludono sempre al primo turno.

33 gol nella scorsa stagione gli fanno timbrare il record di squadra ma non c'è esultanza, Nashville finisce a due punti dall'ultimo posto disponibile per i playoff. Il capitano capisce che dalla dura batosta deve condurre i suoi compagni, non si è veterani per caso, ascoltando i consigli di coach Trotz arrivano finalmente le vittorie, anche se gli acciacchi limitano Arnott, i playoff sono vicini, conquistati da protagonisti, poi quando si giocheranno le gare che contano tutta Nashville avrà  un occhio di riguardo verso il numero 19 con la C sulla maglia, gli ricorderanno quant'era bello il paradiso con i Devils sognando di riviverlo con i Predators.

Bill Guerin

Se si vanno a rivedere i festeggiamenti in Pennsylvania dello scorso giugno si notano due occhi brillanti nel vedere la Stanley Cup. La gioia s'impossessa di un giovanotto nato 38 anni fa, lui ha avuto un regalo pazzesco, la seconda opportunità  di vincere.

Quattordici anni dopo la coppa vinta con i Devils nel 1995 nella stagione di appena 48 gare causa lock out, e assaporata la gioia di sconfiggere nella finalissima i Red Wings, Guerin sogna il bis, lo sogna a New Jersey sino al 1998, quando finisce a Edmonton nell'ambito dello scambio con Arnott e Muir.

In terra canadese arrivano i playoff ma l'avventura si chiude sempre prematuramente, cosi Bill decide di cambiare aria, finisce nei Bruins a cavallo della sua migliore stagione, 2000/01, quando realizza 85 punti e mette la ciliegina sulla torta partecipando a l'All Star game che ha il record di segnature della storia dell'evento (14-12 il punteggio tre North America e World), Guerin realizza una tripletta e si porta a casa il trofeo di mvp del match.

Nel 2001/02 segna 41 gol, suo primato in carriera, ma l'avventura di Boston nella post season si chiude al primo scoglio. Col tempo che passa inesorabilmente decide di provare altre emozioni in altre città , specie in una nuova squadra da Stanley Cup, giusto per far vedere a tutti che anche la medaglia d'argento con gli Usa a Salt Lake City è meritata, firma un contratto di 5 anni con i Dallas Stars che devono rifondare il team dopo una stagione sciagurata.

Il Texas si aspetta tanto da Robert William Guerin ma in maglia Stars delude, tanto da chiudere il 2005/06 con appena 40 punti e l'avviso di cercare una nuova squadra nonostante il contratto lo leghi per altri due anni al team allenato da Tippett.

Così Bill il girovago da free agent firma con i St.Louis Blues, team che già  con l'esempio di un Gretzky in declino nel 96 si dimostra favorevole al riciclo di giocatori considerati finiti. L'aria di St.Louis fa bene al primo giocatore latino in Nhl, sigla 47 punti in 67 gare, condite da una presenza nell'All Star Game 2007 giocato nell'ostile Dallas che a sorpresa tributa una standing ovation all'unico rappresentante dei Blues.

Nella stagione che gli consegna la partita numero 1.000 Guerin non si fa mancare l'ennesimo trasferimento, saluta l'ex compagno negli Oilers Doug Weight e St.Louis e va a San Jose nello scambio con Nieminen e Barriball. Con gli Sharks gioca i playoff ma senza incidere, venendo eliminati in semifinale di conference.

Al bivio dell'estate 2007 Bill decide che è giunto il momento di far da chioccia ad una squadra come gli Islanders, firma il 5 luglio e quattro giorni più tardi è nominato capitano, raccogliendo il testimone da Yashin. I due anni nella Grande Mela sono difficili, le tensioni con l'allenatore Scott Gordon fanno scivolare tutta la volontà  di continuare a giocare, il perdere ogni sera distruggerebbe chiunque.

Nella sessione di mercato 2009 Guerin vive un sogno il 4 marzo, arriva una missione da non poter rinunciare, affiancare un giovane come Crosby e esaltarlo come ha fatto Marian Hossa un anno prima. Bill non ha esitazioni, firma per i Penguins insieme a Chris Kunitz e quando Sid The Kid gli va incontro tutti si aspettano qualche consiglio particolare, invece Crosby gli chiede: "Senti ho un dubbio, nella prima partita dal vivo che ho visto da bambino tra New Jersey e Ny Rangers giocata ad Halifax tu eri un Devils?"

"Certo Sid" – la risposta di Guerin – "come fai a ricordare una partita del 1993?" gli disse il veterano, da quella battuta parte l'avventura dell'ala destra in Pennsylvania, che ringiovanisce e abbraccia quella Stanley Cup come fosse il primo amore, 14 stagioni dopo e un inseguimento infinito.

Daniel Alfredsson

Ci sono giocatori che diventano icone di una squadra per tutta la carriera, anche se nessun trofeo verrà  portato a casa la loro grandezza raggiunge i piani di un immortale. In Nba viene in mente il caso di Stockton e Malone, grandi ma senza mai vincere l'anello, in Nhl ha rischiato tale immensità  Dominik Hasek prima di vincere con Detroit, invece chi, salvo miracoli, la Stanley Cup non l'alzerà  mai è Daniel Alfredsson, capitano degli Ottawa Senators.

Ma guai a pensare ad una carriera mediocre e priva di soddisfazioni. Alfredsson ha iniziato dal basso, senza proclami si è presentato al draft 1994, ha visto la scelta n°1 Ed Jovanoski andare ai Panthers, la n°2 Oleg Tverdovsky finire ai Mighty Ducks e la terza, Radek Bonk, firmare con i Senators.

Ha pazientato, ha atteso il primo giro di giocatori, poi altre acquisizioni notando Theodore ai Canadiens col n°44, Elias scelta n°51 dei Devils e Chris Drury n°72 col Quebec. Tra la Nhl e Alfredsson ci son voluti 132 nomi prima del suo, il lampo di genio da attribuire a John Ferguson uomo del front office di Ottawa che lo segnala e lo sceglie col numero 133.

Quell'anno gli scout Nhl se la sono presa con calma, specie con i portieri visto che i nomi di Tim Thomas (scelta 217) Evgeni Nabokov (219) e Tomas Vokoun (226) arrivano quando gran parte dei tifosi sta dormendo!.

Per Alfredsson essere il numero 1 o il 133 non fa differenza, i Senators capiscono subito di aver trovato un leader paragonabile a Steve Yzerman dei Red Wings. Nel primo anno in Nhl arrivano 61 punti e il titolo di rookie dell'anno superando la concorrenza di Eric Daze dei Blackhawks, guadagnandosi l'accostamento ad un imperatore romano per tanta decisione e grinta.

Col passare del tempo Ottawa cresce, quando Alexei Yashin rifiuta il prolungamento del contratto Alfredsson guadagna i suoi gradi di capitano, timbrando un eccellente stagione con 59 punti in 57 gare, venendo eliminati ai playoff dai Maple Leafs nella battaglia dell'Ontario.

Il capitano ha la sua dimensione migliore nei playoff, nel 2001/02 realizza 13 punti in 12 match ma senza superare l'ostacolo Toronto. La stagione successiva regala ai Senators il President Trophy grazie al miglior record in Nhl ma i Devils futuri campioni ne distruggono i sogni di gloria. Il lock out regala a Ottawa lo scambio tra Hossa e Heatley, con quest'ultimo che si ritrova a formare un trio da All Star con Alfredsson e Spezza, linea nata casualmente visto l'infortunio di Brandon Bochenski, che secondo i piani del coach deve subentrare al capitano.

Grazie alla collaborazione dei tre attaccanti Alfredsson vive la sua migliore stagione, 43 gol e 50 assist gli attribuiscono 103 punti, merito di serate come quella con i Buffalo Sabres dove segna 4 reti più 2 passaggi vincenti.

Per il Natale 2006 si regala il punto numero 600, momento più alto della franchigia dei Senators che in seguito, nei playoff 2007, spazzano via Penguins e Devils, arrivando sino alla finalissima persa contro gli Anaheim Ducks per 4 a 1. Per il capitano non bastano 22 punti realizzati che ne fanno il leader della post season in coabitazione con i gemelli di linea Heatley e Spezza.

Alfredsson si consola con la medaglia d'oro delle Olimpiadi di Torino, in una squadra perfetta con Sundin e Zetterberg in linea e Lidstrom a guidare la difesa.

Capitan Daniel culla con i suoi tifosi il sogno più bello, una volta sfiorata la Stanley Cup subiscono il contraccolpo psicologico, Alfredsson gioca anche con un legamento collaterale rotto, subisce altri infortuni ma si rialza sempre, fino a diventare il record man di Ottawa per partite giocate, gol e assist realizzati. Il tutto senza mai alzare l'ambita coppa, col capitano che guarda avanti, fiero di essere il più grande tra i senatori, l'Imperatore di Ottawa.

I veterani e la Nhl, connubio perfetto in uno sport che decide per molti atleti che la pensione può attendere, finché il fuoco sa riscaldare il ghiaccio nessuno oserà  dire guarda quel vecchietto, gioca ancora.

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