Due terzi della superlinea che nel 2007 ha trascinato i Senators in finale sono draft di Ottawa
In diverse occasioni, da queste pagine abbiamo sottolineato una delle maggiori differenze tra l'hockey nordamericano e lo sport professionistico europeo in generale: la possibilità di programmare a medio e lungo termine, la pazienza nell'attendere lo sviluppo dei talenti in rosa.
Salvo rare eccezioni, nella National Hockey League non si licenziano allenatori dopo tre sconfitte e non si rivoltano squadre come calzini per una stagione andata male, pratiche invece molto frequenti per esempio nel calcio delle nostre latitudini.
I Pittsburgh Penguins sono l'esempio classico di squadra fenomenale costruita con calma e pazienza, draft dopo draft, sulla scia di annate formato catastrofe. Lo stesso si può dire dei Chicago Blackhawks, formati da talenti "di casa", Jonathan Toews e Patrick Kane su tutti, e forse dei Los Angeles Kings, che dopo un'interminabile serie di campionati deludenti hanno resistito alla tentazione di sacrificare i giovani emergenti in cambio di campioni da "tutto e subito" e ora si godono una squadra trascinata dai vari Drew Doughty, Dustin Brown e Jonathan Quick.
Nell'hockey moderno, tuttavia, tra i primi a percorrere la strada del successo tassello dopo tassello sono stati gli Ottawa Senators. Dalla loro fondazione nel 1992 sulle ceneri della franchigia omonima che aveva fatto incetta di Stanley Cup nei primi tre decenni del 1900, i senatori sono stati assolutamente ridicoli nelle prime quattro stagioni, vincendo rispettivamente la miseria di 10, 14, 9 (nel campionato dimezzato dallo sciopero) e 18 partite.
Sciagurati sul ghiaccio, ma secondi a nessuno al tavolo del draft: a partire da quegli anni, infatti, la dirigenza dei Senators ha scelto uno dopo l'altro i giocatori che, dieci campionati dopo, sarebbero andati a formare la spina dorsale della squadra che avrebbe conteso agli Anaheim Ducks la finalissima.
Dei primi dieci marcatori della stagione 2006-07, sei (Jason Spezza, Daniel Alfredsson, Mike Fisher, Antoine Vermette, Chris Kelly e Andrej Meszaros) erano stati scelti dai senatori e un altro, Dany Heatley, era stato ottenuto dagli Atlanta Thrashers in cambio di Marian Hossa, selezionato da Ottawa con la dodicesima scelta assoluta nel 1997.
A questi vanno aggiunti il portiere titolare e autentica rivelazione dei Play Off di quell'anno, Ray Emery, Patrick Eaves, attaccante estremamente duttile e schierato in tutte le situazioni di gioco, Chris Neil, la classica peste in grado però di andare a segno con una certa regolarità , Chris Phillips, uno dei terzini difensivi più sottovalutati dell'intero campionato, Christoph Schubert, difensore tedesco molto disciplinato, e Anton Volchenkov, forse il miglior difensore dei senatori nel 2007 e autentica macchina blocca dischi.
In totale, su venti giocatori schierati in quei memorabili Play Off, ben dodici erano "fatti in casa". E nell'era del tetto salariale, poter costruire buona parte di una rosa competitiva senza dover cedere nulla in cambio o andare a cercare costosi campioni altrove è senza ombra di dubbio una delle ricette del successo.
Una ricetta che ora molte squadre sembrano aver seguito. Ma gli Ottawa Senators hanno il merito di essere stati tra i primi a dimostrare che nello sport la pazienza e l'oculatezza pagano sempre, al contrario della precipitazione e dell'ingordigia, come ben sa l'altra squadra dell'Ontario. Ma questa è un'altra storia"