On The Road #17

Non ci saranno più i Broad Street Bullies, ma i tifosi dei Flyers continuano a non disdegnare una scazzottata

È un piacere tornare a Philadelphia, che avevamo visitato in lungo e in largo poco più di due anni or sono. La città  è sempre splendida e continua a offrire tantissimo, sia dal punto di vista culturale, sia da quello del mero divertimento.

I Flyers, invece, che quest'anno erano partiti con i favori del pronostico di una parte degli addetti ai lavori visto l'innesto di Chris Pronger a integrare una rosa che già  vantava giocatori del calibro di Kimmo Timonen, Mike Richards, Simon Gagné, Jeff Carter e Daniel Brière, non se la passano altrettanto bene. Appena passato il giro di boa della Regular Season, la compagine ora allenata da Peter Laviolette dopo l'esonero di John Stevens si trova a ridosso dell'ottavo posto, impelagata nella lotta per la qualificazione ai Play Off.

Proprio l'arrivo di Chris Pronger, unito a quello di Ian Laperrière e alla presenza in squadra di ceffi come Daniel Carcillo, Arron Asham e Riley Cote, ha convinto i giornalisti di oltre oceano a rispolverare il ricordo dei Broad Street Bullies, i bulli di Broad Street, la strada dove sorge il Wachovia Center.

Così erano stati ribattezzati i Philadelphia Flyers che negli anni Settanta conquistarono due Stanley Cup menando come fabbri. La loro tattica era chiarissima: intimorire gli avversari sin dal primo secondo di gioco. Dave Schultz, soprannominato il martello, collezionò 472 minuti di penalità  nella stagione 1974-75, un record che resiste tutt'ora e che ben difficilmente verrà  battuto.

Lo stile di quella squadra venne messo in mostra in modo particolarmente evidente in una partita di esibizione disputatasi il 2 gennaio 1976 contro la squadra dell'Armata rossa sovietica, il CSKA di Mosca. Si era in piena guerra fredda, i giocatori russi non erano ancora approdati in Nordamerica. Quattro anni prima, le combattutissime Summit Series, una serie di otto partite tra le nazionali canadese e sovietica, si erano concluse a favore dei giocatori con la foglia d'acero sul petto, che vinsero quattro partire a fronte di tre sconfitte e un pareggio. L'esito risicato della contesa cominciò però a insinuare il dubbio che questi misteriosi russi sapessero effettivamente giocare molto bene a hockey e che, anzi, a lungo termine potessero diventare più forti degli atleti di casa.

La tournée nordamericana del 1976 del CSKA di Mosca non fece nulla per dissipare questi timori, anzi. Dopo aver battuto i New York Rangers, i Boston Bruins e pareggiato contro i Montréal Canadiens, i fuoriclasse sovietici si presentarono allo Spectrum di Philadelphia convinti di fare un sol boccone anche dei Flyers. Si sbagliavano.

Bastano pochi minuti e gli atleti in maglia rossa capiscono che tira una brutta aria. Dave Schultz e André Dumont stendono in rapida sequenza due avversari, Ed Van Impe finisce sulla panchina dei puniti per una carica alle spalle. Quando due minuti dopo rientra sul ghiaccio, Valeri Kharlamov, uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, sta transitando da quelle parti con il disco sul bastone. Van Impe prende la rincorsa e scaraventa a terra il campione del CSKA con una carica da codice penale. L'arbitro, il canadese Lloyd Gilmour, chiude entrambi gli occhi. L'allenatore moscovita, Konstantin Loktev, si scatena in proteste e non manda sul ghiaccio il nuovo blocco di giocatori. Per tutta risposta, Gilmour gli commina una penalità  minore per ritardo di gioco.

È la goccia che fa traboccare il vaso: Loktev ritira la squadra, il CSKA di Mosca rientra negli spogliatoi. Dopo soli undici minuti e ventuno secondi, la partita è sospesa. Lo Spectrum è scatenato e, mentre i russi se ne vanno, inneggia ai beniamini di casa come fossero gladiatori nell'arena.

Ci sono versioni divergenti su ciò che accadde di preciso nelle catacombe dello storico stadio di Philadelphia tra Clarence Campbell, presidente della Lega, Alan Eagleson, direttore dell'associazione giocatori, Ed Snider, proprietario dei Flyers e Vyacheslav Koloskov, presidente della Lega sovietica. Secondo la NHL, Campbell e Koloskov trovarono un'intesa per evitare uno scottante caso internazionale. Secondo i Flyers, Snider ricordò che il CSKA di Mosca non era ancora stato pagato e non avrebbe visto un centesimo. Quel che è certo è che gli atleti dell'Armata rossa tornarono sul ghiaccio dopo un'interruzione di diciassette minuti.

Bastano diciassette secondi a Reggie Leach per portare in vantaggio la squadra di casa scaraventando in rete una respinta di Vladislav Tretiak dopo un tiro di Bill Barber. Rick MacLeish raddoppia sul finire del primo periodo. Quaranta minuti e tante botte dopo, i Philadelphia Flyers avevano battuto i misteriosi russi per 4 a 1. Con lo Spectrum in estasi, Dave Leonardi, tifoso storico dei Flyers conosciuto per l'originalità  dei cartelloni che ancora oggi espone in base a ciò che accade sul ghiaccio, esibisce la scritta forse più riuscita del suo memorabile repertorio: "Tell it to the Czar" (raccontatelo allo zar).

Gli attuali Philadelphia Flyers, ovviamente, non hanno nulla in comune con quei Philadelphia Flyers, anche se tradizionalmente la squadra della città  di Rocky Balboa ha sempre avuto un debole per i giocatori grandi, grossi e duri alle assi. E pochi spettatori come quelli del Wachovia Center sanno esaltarsi per una carica possente o una bella scazzottata. Lo spirito dei Broad Street Bullies aleggia ancora da queste parti"

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