Olaf Kolzig è stato il miglior portiere della storia dei Washington Capitals
La sedicesima puntata di "On The Road" marca ufficialmente l'inizio della seconda metà del nostro viaggio alla scoperta delle trenta franchigie che compongono la National Hockey League. Un breve spostamento verso nord lungo l'Interstatale 95 ci conduce alla capitale degli Stati Uniti d'America, Washington, città di 600'000 abitanti che giuridicamente coincide con il Distretto di Columbia.
Qui, se si parla di hockey su ghiaccio si parla di Alexander Ovechkin. La Ovechkin-mania, favorita dalla personalità del fuoriclasse russo, ha letteralmente invaso la città . Il suo numero 8 campeggia su un'infinità di prodotti, e una facciata del Verizon Center, che come il Madison Square Garden a Manhattan si trova in pieno centro, è coperta da una gigantografia dell'ala moscovita. Sarà lui a trascinare i Washington Capitals alla conquista della prima Stanley Cup della storia per la squadra della capitale?
Può darsi. Nell'attesa del primo trionfo, però, nei cuori dei tifosi locali Alexander Ovechkin non ha assolutamente soppiantato un altro grande campione che ha scritto pagine di storia per la franchigia sul fiume Potomac. Il suo compito non era quello di realizzare carrettate di reti, bensì di non subirne. Stiamo parlando di Olaf Kolzig.
Nato il 6 aprile del 1970 a Johannesburg, in Sud Africa, da genitori tedeschi, Olaf Kolzig si trasferisce ancora piccolissimo in Canada con tutta la famiglia e si insedia a Union Bay, nella Columbia Britannica.
Dopo una novantina di apparizioni nelle leghe giovanili del Canada occidentale con le maglie di New Westminster Bruins, Tri-City Americans (Western Hockey League) e Abbotsford Falcons (British Columbia Junior Hockey League), i Washington Capitals lo draftano nel 1989 con la diciannovesima scelta assoluta. È un'annata piuttosto povera: oltre a Kolzig, dei primi venti selezionati solo Mats Sundin, Stu Barnes, Bill Guerin, Bobby Holik e Mike Sillinger avranno una carriera NHL degna di nota.
Dopo un assaggio di due partite con i Capitals nella stagione 1989-90, Olaf Kolzig parte dal basso, con gli Hampton Road Admirals della East Coast Hockey League. Sale di un gradino nel 1991-92, campionato nel quale difende la porta dei Baltimore Skipjacks dell'American Hockey League, prima di passare ai Rochester American l'anno successivo e ai Portland Pirates nel 1993.
Solo nella stagione 1996-97 entra in pianta stabile sul foglio partita dei Washington Capitals quale riserva di Jim Carey e poi di Bill Ranford quando quest'ultimo viene prelevato dai Boston Bruins proprio in cambio di Carey.
Nelle prime fasi del campionato successivo, Bill Ranford si infortuna a un gomito. È la grande occasione.
Olaf Kolzig gioca splendidamente 64 partite di Regular Season e diventa intrattabile nei Play Off. Grazie alle parate del cerbero tedesco, alle reti di Peter Bondra, all'esperienza di Dale Hunter e alla regia di un giovane Sergei Gonchar, i Washington Capitals si sbarazzano di Boston Bruins, Ottawa Senators e Buffalo Sabres conquistando l'accesso alla finalissima, nella quale cozzano però contro i Detroit Red Wings campioni in carica che offrono il bis vincendo la serie in quattro partite.
L'annata 1997-98, pur finita amaramente, sancisce l'inizio dell'era Kolzig nel Distretto di Columbia. Ollie The Goalie, come viene soprannominato dai tifosi dell'allora MCI Center, inanella una stagione strepitosa dopo l'altra. Nel 2000 vince addirittura il Vezina Trophy come miglior estremo difensore della NHL e diventa il quarto portiere della storia a non subire nemmeno un gol nel terzo di gara in cui viene schierato all'All Star Game.
Olaf Kolzig conquista tutti i record della franchigia per un portiere e, a parte un infortunio ai legamenti crociati nel 2007, è titolare indiscusso. La situazione cambia nel febbraio 2008, quando il General Manager George McPhee invia una seconda scelta al draft ai Montréal Canadiens in cambio di Cristobal Huet.
Quell'estate, l'ormai 38enne Kolzig capisce che la sua avventura nella capitale è conclusa e firma un contratto annuale con i Tampa Bay Lightning. In Florida è costretto a guardare dalla panchina il titolare Mike Smith e ad accontentarsi della miseria di otto presenze, prima che un grave infortunio a un tendine del braccio sinistro lo metta definitivamente fuori combattimento.
La sua carriera finisce con il secondo trasloco in pochi mesi, dopo che per anni aveva chiamato casa una sola città . Il 4 marzo 2009, infatti, è parte di un assurdo pacchetto di giocatori infortunati che con l'unico scopo di alleggerire il monte stipendi viene spedito a Toronto in cambio di tale Richard Petiot.
Una fine umiliante per uno straordinario campione che a Washington, nonostante le prestazioni fantascientifiche di Alexander Ovechkin, nessuno ha dimenticato. Nel cuore degli spettatori del Verizon Center ci sarà sempre posto per Ollie The Goalie.