Dave Andreychuk con la Stanley Cup del 2004
Fa caldo. Decisamente caldo. Si stava discretamente in California a metà ottobre e in Arizona alla fine dello stesso mese, ma qui è una pacchia. La colonnina di mercurio sale man mano che scendiamo sull'Intestatale 75. Imboccata ad Atlanta, ci porterà in men che non si dica (si fa per dire) a Tampa, città situata nell'omonima baia nel Golfo del Messico.
A dire il vero, Tampa non è il massimo della vita. È un po' piatta, se ci consentite l'aggettivo. Classico nucleo amministrativo con grattacieli, qualche baretto qua e là . Ybor City, il quartiere dei negozi a circa cinque chilometri dal centro, non è di quelli che fa perdere il sonno per l'emozione. Apprezzabile invece Busch Gardens, un parco tematico che ricrea l'Africa dell'epoca coloniale, con uno zoo che ospita più di 2500 animali, dalle giraffe, alle zebre, ai leoni, per uno splendido safari sotto il sole della Florida.
In mancanza d'altro, tanto vale puntare subito verso il St. Pete Times Forum, dove la squadra locale, i Tampa Bay Lightning, reduce da una sconfitta contro i Washington Capitals, accoglie gli Edmonton Oilers, in striscia positiva da tre partite nonostante le prolungate assenze di Ales Hemsky, Mike Comrie e Nikolai Khabibulin.
Prima e dopo la partita, che si conclude con una vittoria per 3 a 2 dei canadesi, la nostra attenzione è attratta da un piccolo edificio, oseremmo dire una baracca, situato sull'altro lato di Channelside Drive, proprio dirimpetto allo stadio. Il flusso di gente che entra ed esce è pazzesco. È il ritrovo dei tifosi dei Lightning: il Dave Andreychuk's Grille.
Il bar, lo avrete capito, è stato battezzato in onore di Dave Andreychuk, veterano delle piste NHL con ben 23 stagioni ai massimi livelli disputate con le maglie di Buffalo Sabres, Toronto Maple Leafs, New Jersey Devils, Boston Bruins, Colorado Avalanche e, appunto, Tampa Bay Lightning.
Andreychuk, nato a Hamilton, nell'Ontario, il 29 settembre 1963, con 1338 punti in 1639 partite è stata una delle ali sinistre più prolifiche della storia ma, a parte un paio di finali di Conference perse consecutivamente contro Los Angeles Kings e Vancouver Canucks quando vestiva la maglia dei Maple Leafs nel 1993 e nel 1994 (allora le foglie d'acero militavano nella Western Conference), mai si era avvicinato al sogno di conquistare una Stanley Cup.
Sogno che pareva definitivamente tramontato quando, all'inizio della stagione 2001-02, rifiutò un paio di offerte provenienti da franchigie che potevano ambire all'obiettivo massimo e firmò invece con i Lightning. Va a svernare in Florida, si diceva. Guadagna ancora qualche milioncino a trenta gradi all'ombra e poi si ritira.
Due anni dopo, il 25 maggio 2004, è il giocatore più vecchio a debuttare in una finalissima (40 anni e sette mesi) e sette partite più tardi, al termine di una memorabile sfida con i Calgary Flames, il campione brizzolato che secondo le malelingue era andato in Florida per svernare alza al cielo da capitano il trofeo più ambìto, la Stanley Cup. Dopo Ray Bourque con i Colorado Avalanche nel 2001 e Dominik Hasek con i Detroit Red Wings nel 2002, Dave Andreychuk è il terzo vecchietto terribile che, al tramonto di una carriera strepitosa, riesce a realizzare il sogno della vita. Doug Weight seguirà il loro esempio trionfando con i Carolina Hurricanes nel 2006.
Il frequentatissimo (per lo meno nelle serate in cui i Lightning giocano dall'altra parte della strada) bar è un modo per ringraziare un mostro sacro del disco su ghiaccio per aver deciso di scendere fin quaggiù, in Florida, a contribuire a regalare un sogno a un'intera tifoseria. Tifoseria che non è numerosissima, che non è malata di hockey. Ma che ha festeggiato una Stanley Cup.